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Riscaldare e raffrescare con acqua di falda: quale impatto ambientale?
di Giovanna Pallotta1, Elisa Marrasso1, Chiara Martone1, Nicola Luciano2, Gabriela Squarzoni2, Carlo Roselli1, Maurizio Sasso1
1 Università degli Studi del Sannio, Dipartimento di Ingegneria 2 Ricerca sul Sistema Energetico, RSE Spa
Le attività condotte da RSE, che hanno portato alle evidenze presenti in questo articolo, sono state finanziate dal Fondo di Ricerca per il Sistema Elettrico Italiano nell’ambito del Piano Triennale della Ricerca 2022–2024 (D.M. MITE n. 337 del 15.09.2022), in ottemperanza al Decreto del 16 aprile 2018
Accumulo termico negli acquiferi: una valutazione comparativa dell’impatto ambientale di due sistemi alternativi basati su pompe di calore elettriche, impiegati per attivare una rete di teleriscaldamento e teleraffrescamento di piccola scala a Roma.
I risultati in uno studio RSE - UniSannio
Nei Paesi caratterizzati da un’elevata domanda di riscaldamento è da tempo dimostrato il potenziale dell’accumulo termico negli acquiferi (Aquifer Thermal Energy Storage, ATES) e il suo ruolo nel processo di decarbonizzazione delle città. La tecnologia offre infatti soluzioni sostenibili per il riscaldamento e il raffrescamento degli edifici.
Secondo i dati dell’International Institute of Refrigeration, il riscaldamento degli ambienti nel Nord Europa è fornito principalmente da reti di teleriscaldamento. Al contrario, in Europa occidentale, orientale e meridionale, questa tecnologia copre appena il 10 per cento del fabbisogno, con l’Italia ferma a un modesto 3 per cento. Nel 2022, circa il 43 per cento del calore distribuito tramite queste reti in Europa proveniva da fonti rinnovabili, compreso il calore di scarto.
La progressiva riduzione della temperatura di distribuzione delle reti di teleriscaldamento è uno dei fattori chiave che ha favorito l’impiego di energia termica rinnovabile a bassa temperatura, soprattutto nei contesti urbani ad alta densità. Le grandi città - che in confini geografici ristretti associano spesso una domanda energetica elevata - presentano infatti un potenziale limitato per lo sfruttamento diretto delle rinnovabili.
In questo contesto, una possibile strategia vincente consiste nell’integrazione tra reti di teleriscaldamento e sistemi di accumulo termico stagionale, che contribuiscono a migliorare l’impiego di fonti rinnovabili nei contesti urbani. In particolare, per soddisfare la domanda di riscaldamento e raffrescamento degli edifici, l’accumulo termico negli acquiferi si configura come una soluzione efficace e conveniente.
Accumulare calore nel sottosuolo: come funziona
I sistemi ATES (Aquifer Thermal Energy Storage) sono impianti aperti e bidirezionali che sfruttano le falde acquifere attraverso una coppia di pozzi - uno predisposto per l’iniezione e l’estrazione di acqua calda (warm well) e l’altro per l’iniezione e l’estrazione di acqua fredda (cold well) - per immagazzinare e prelevare energia termica.
Questa tecnologia consente di ottenere risparmi energetici primari tra il 90 e il 95 per cento e di ridurre le emissioni di CO₂ fino al 40 per cento. È considerata una soluzione economicamente competitiva per lo stoccaggio stagionale di energia termica, molto adatta a contesti urbani. Il 95 per cento degli impianti operativi si trova nel Nord Europa, in particolare nei Paesi Bassi, Svezia, Danimarca e Belgio. Al di fuori di queste aree, solo Cina e Stati Uniti mostrano una presenza significativa.
La letteratura scientifica sui sistemi ATES, ancorché molto ricca, evidenzia alcuni limiti. Innanzitutto, la maggior parte dei casi analizzati si concentra su Paesi con forte domanda di riscaldamento, mentre anche regioni a clima più temperato come l’Italia, comunque bisognose di soluzioni per il riscaldamento e il raffrescamento, potrebbero rappresentare contesti ideali per l’installazione di sistemi ATES.
In secondo luogo, i benefici ambientali derivanti dalla combinazione tra pompe di calore acqua-acqua e sistemi ATES sono spesso valutati utilizzando fattori di emissione di CO₂ costanti, senza considerare la variabilità temporale del mix di produzione elettrica. Eppure, proprio in aree urbane densamente popolate, la performance ambientale è un parametro cruciale per la progettazione e pianificazione degli impianti: serve quindi un’analisi dinamica per una valutazione più realistica e completa.
Infine, l’effetto del cambiamento climatico sulle prestazioni delle pompe di calore dovrebbe essere integrato nell’analisi. Le pompe di calore acqua-acqua sono spesso proposte come alternativa più sostenibile rispetto alle pompe aria-acqua, ma il confronto tra le due tecnologie dovrebbe basarsi su indicatori di performance sensibili alla temperatura, stagionali o addirittura orari, considerando l’innalzamento delle temperature previsto nei prossimi decenni.
Il caso studio di Roma
Partendo da queste premesse, lo studio nato dalla collaborazione tra RSE - Ricerca sul Sistema Energetico e il Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli Studi del Sannio propone la valutazione dinamica dell’impatto ambientale di due pompe di calore elettriche alternative, al servizio di un piccolo distretto urbano a Roma, dotato di una rete di teleriscaldamento e teleraffrescamento di scala ridotta.
Lo studio mette a confronto, dal punto di vista energetico e ambientale, due diverse soluzioni tecnologiche: il sistema tradizionale prevede una pompa di calore aria-acqua, mentre la configurazione proposta combina una pompa acqua-acqua con un impianto ATES.
Sulla base dei risultati di simulazioni dinamiche, è stata condotta un’analisi di impatto ambientale che tiene conto della variabilità temporale del fattore di emissione di anidride carbonica del mix di produzione di energia elettrica in Italia e della temperatura del serbatoio di energia termica delle pompe di calore lungo l’intero ciclo di vita del sistema, stimato in quindici anni. [...]
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