L’effimera ma intensa stagione del nucleare

L’effimera ma intensa stagione del nucleare

di Giorgio Bocca*

*Nel 1992 l'Ismes chiede a Giorgio Bocca di scrivere la storia dell'Istituto. Per gentile concessione di CESI, ripubblichiamo senza modifiche una porzione del libro: il capitolo dedicato al nucleare, di straordinaria e disarmante attualità


«L’Ismes chiede a Giorgio Bocca di scrivergli la storia. Bocca accetta. Ed ecco il risultato: un bel libro, che si fa leggere e che merita d’essere letto». Tratto dal volume Ismes, quarant’anni, scritto per primi 40 anni di storia della società, ripubblichiamo il capitolo dedicato al nucleare

Nel 1973 l’embargo petrolifero dichiarato dai Paesi arabi risveglia gli italiani dalla lunga illusione di un’energia a basso e bassissimo prezzo. E more solito la risposta, invece di un serio piano energetico si traduce nelle poco serie misure delle domeniche senza automobili e delle prediche inutili sulle austerità.

Negli anni felici e irripetibili dell’energia a buon prezzo, si dava questa congiuntura paradossale: quanto più aumentava il costo del lavoro tanto più diminuiva quello dell’energia. Se nell’anteguerra due kilowattora costavano come un pranzo in trattoria, cinque kilowattora negli anni del petrolio a prezzi stracciati equivalevano a una tazzina di caffè.

E l’energia di un kilowattora non è poca cosa, solleva 100 kg per un dislivello di 3.600 metri: come dire un alpinista con sacco carico da Courmayeur alla cima del Bianco.

Abbiamo fatto buon uso di quei diciotto anni di energia a basso e bassissimo prezzo? L’uso che ne fanno le cicale, non quello delle formiche.

Negli anni del petrolio a prezzo basso e bassissimo, abbiamo goduto di una libertà unica nel mondo avanzato nell’uso dell’energia: non avevamo miniere di carbone e un’industria del carbone da difendere, non eravamo obbligati ad usare o a proteggere come altri Paesi un combustibile più caro: non avevamo neppure compiti militari e strategici, eravamo esenti dai colossali immagazzinamenti di petrolio; le nostre centrali termoelettriche erano fra le più avanzate come rendimento. A farla breve, per diciotto anni abbiamo trasferito quasi tutti i vantaggi dell’energia a basso e bassissimo prezzo ai consumatori e ai profitti delle imprese, trascurando la ricerca di nuove fonti di energia e facendo poco per accumulare quel capitale reale che è il know-how energetico.

Così al volgere della seconda metà degli anni ‘70 i Paesiformica, che nei nostri confronti sembravano come ingessati nelle loro vecchie strutture energetiche, ci hanno dimostrato cosa significa il capitale reale di chi sa sfruttare il carbone e il nucleare, mentre noi ci siamo trovati - come si suol dire - in brache di tela.

Allora, solo allora, ci accorgiamo che, se nel petrolio il rapporto fra il costo della merce e il capitale scientifico di chi lo usa è di ottanta a venti, nel nucleare tale rapporto si rovescia: è di diciotto a ottantadue. Nel solare la merce è addirittura senza costo. Con il nucleare proprio non ci siamo mai intesi. Ci prova per primo il professor Ippolito, che Imposta un programma di produzione nucleare, ma non ha fatto i conti con gli interessi dei petrolieri americani e con la sudditanza del Presidente della Repubblica, il socialdemocratico Saragat, a tali interessi. Lo fanno scivolare su una buccia di banana, il notabile socialdemocratico lo accusa di aver usato in modo personale, per sé e per i suoi parenti, delle automobili dell’ente atomico. Lo processano, lo condannano, penosa sceneggiata. Si perdono così anni preziosi, la costruzione delle prime modeste centrali di Latina e del Garigliano procede lentamente. Poi d’improvviso, con lo shock della crisi energetica, del petrolio caro, è tutto un affannarsi, un correre ai ripari, un piano per la costruzione di cinque e magari dieci centrali.

Sono anni di attività pazzesca, che coinvolgono anche l’Ismes. Quindi i ripensamenti, le opposizioni e infine l’ossessione antinucleare.

La vicenda del nucleare italiano, tutto sommato, è poco seria: nel 1981, quando il prezzo del petrolio è arrivato alla vetta di 36 dollari al barile, tutti i partiti italiani sono per il nucleare; nel 1985, dopo il primo forte ribasso, sono per il mezzo nucleare e dopo la tragedia di Chernobyl per il niente nucleare. [...]

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