Il problema principale? Che cosa fare, perché e per chi |
di Ugo Farinelli
Mancano oggi alla ricerca energetica italiana più le domande che non le risposte: ovvero, c’è più offerta che non domanda di ricerca nel settore dell’energia. Certo gli stanziamenti sono modesti, come in molti altri campi della ricerca, anche rispetto a quanto si fa in altri Paesi dell’Unione europea. E dove i soldi ci sono, come nel caso delle ricerche di sistema elettrico finanziate con la bolletta, si frappongono lungaggini procedurali e idee poco chiare. Ricercatori bravi ce ne sono ancora, anche se in diminuzione dopo il lungo periodo di stasi, e in presenza di crisi esistenziali come quella dell’Enea, del Cnr e, per altri versi, del Cesi. Ma ritengo che il problema principale sia che cosa fare, perché e per chi. Esiste un gruppo di esperti della International Energy Agency che discute i criteri di priorità per la ricerca energetica (o almeno per quella parte che è finanziata con fondi pubblici); analoghe iniziative si hanno a livello della Commissione europea. La ![]()
Come abbiamo osservato altre volte, il sistema italiano sembra non cogliere spesso le opportunità che gli derivano da particolari situazioni, conoscenze ed esperienze per sviluppare delle tecnologie da esportare; in campo energetico è il caso per esempio della geotermia, della gassificazione del TAR, degli elettrodomestici ad alta efficienza, della diffusione del metano in autotrazione, e in parte almeno anche dell’idroelettrica. E infine, il processo di valutazione si limita generalmente all’analisi a priori di singoli progetti di ricerca e, raramente, all’analisi tecnico-scientifica dei risultati. I pochi esempi di valutazione comprensiva, a priori o a posteriori, degli impatti dello sviluppo tecnologico sono rimasti isolati (e questo non vale solo per il campo energetico). Non è facile pensare come superare questa situazione. Alcune barriere sono di tipo culturale (quale la mancanza di un processo serio di valutazione), altre risalgono alla struttura stessa del nostro sistema produttivo. Il governo sembra intenzionato ad affrontare seriamente il problema energetico, anche se non ancora quello della ricerca energetica. Se possiamo avanzare una ipotesi basata sulle impressioni degli ultimi tempi, la priorità che sembra delinearsi è quella di puntare sull’aumento dell’efficienza energetica (in tutti i settori) piuttosto che su tecnologie innovative per la produzione e la trasformazione di energia. Una scelta di questo tipo avrebbe un certo numero di motivi a suo favore: prima di tutto l’esperienza di avanguardia che l’Italia sta facendo con il suo sistema di Certificati Bianchi (i titoli di efficienza energetica istituiti dai decreti del luglio 2004), con un sistema aperto che favorisce lo sviluppo e l’introduzione di tecnologie innovative. In secondo luogo, l’importanza che ha in Italia il settore di produzione di mezzi strumentali, con forte presenza sul mercato internazionale. Infine, quel tanto che può ancora rimanere da un passato non tanto lon-tano di una certa propensione diffusa al risparmio, derivante da una lunga storia di prezzi alti dell’energia. Oltre alla individuazione di una priorità di questo genere (che dovrebbe apparire chiaramente come un elemento di strate-gia nazionale) occorrerebbe anche tradurla in elementi di un programma di ricerca, in meccanismi di incentivazione per la partecipazione delle strutture private, e nella messa in piedi di quel sistema di valutazione che è ancora mancante. |