C'è dell'energia nell'architettura |
Il pretesto dell'incontro stava nel parlare di energia, alluminio e nel conoscere uno dei più affermati architetti italiani, che si occupa anche di energia ed utilizza soprattutto l'alluminio. L'architettura dell'incontro si è in parte modificata con alcune digressioni alle quali Michele De Lucchi si presta con affabile disponibilità in una saletta all'interno dello studio milanese.
A parte la brulicante presenza dei collaboratori distribuiti su due piani di un open space cubitale (il riferimento non è solo volumetrico ma anche dimensionale ricordando certi titoli sui quotidiani), si ha la sensazione, ambientale, di un impatto fisico con un concentrato di idee e progetti che si aggira nell'aria.
Si resta indecisi nel sentire questo luogo come un'evocazione suggestiva dell'antro di Orfeo (questo era un poeta musicista, ma anche oggetti ed edifici possono avere forma, accordi, armonie). Si potrebbe pensare anche ad un tempio, se fosse vero che ogni creazione umana racchiude in sé qualcosa di religioso, in quanto espressione dello spirito. De Lucchi si materializza con un'aria ieratica conferitagli dalla cespugliosa barba che spesso strozza nelle pause della conversazione. Alla prima domanda, comincia a schizzare su un blocchetto di fogliettini con segni velocissimi, all'apparenza tipici di chi durante un dialogo gioca con la penna e il bianco della carta. Per quale motivo ci si innamora di un materiale come l'alluminio?
"Lo trovo congeniale, mi ha sempre comunicato il senso della tecnologia come se racchiudesse in sé un'anima legata alla contemporaneità e alla proiezione in una temporalità futuribile. Ecco, l'alluminio sintetizza questi due tempi. E' il materiale impiegato nell'aviazione, dà un senso di aerodinamicità, leggerezza e resistenza. Nello stesso tempo, è forte ma non rigido come l'acciaio".
Contemporaneamente, De Lucchi osserva una poltrona che gli sta a fianco, da lui ideata, osservando che il suo materiale esprime malleabilità e formabilità. Poi ritornerà a schizzare alcuni fogliettini. Sul primo, intanto è rimasto impresso un aereo. Atterrato pezzo per pezzo (un'ala, la fusoliera, i finestrini) fino a creare l'immagine finale cadenzando i concetti che via via erano espressi. Alla prossima domanda, un altro fogliettino?
Qualche mese fa, alla Triennale di Milano lei tenne un intervento intitolato "Il bello dell'alluminio". Ma oggi, in generale, come sta il bello?
Johann J. Winckelmann, due secoli e mezzo fa, ne parlò prendendo a modello la civiltà greca. Per questo gustoso e nostalgico archeologo e scrittore, l'arte era, anche, un tutt'uno con la società che la esprimeva, assai portata ad amare la bellezza in ogni sua forma. "Ho riflettuto a lungo su che cosa sia il bello in una società industriale" afferma De Lucchi, e si intuisce un suo sofferente disagio nel far emergere le conclusioni. Per la seconda volta ha un sussulto, quasi impercettibile, forzatamente contenuto. Lo stesso manifestato quando schizzando l'aereo sottolineò che l'amato alluminio ha la nomea di materiale dozzinalmente edilizio, da infissi. "Viviamo in un mondo praticone... Da qualche committente viene rivolto questo invito: non mi faccia della poesia, perché le poesie non si vendono. Mi dispiace che non ci sia il gusto per il bello. Non viviamo certo in una civiltà classica, oggi la bellezza è un valore relativo".
Perché? E siamo poveri di gusto... In questo quadro deprimente, c'è la possibilità di invertire la tendenza, di recuperare un po' del tempo perduto? Da dove bisognerebbe ripartire? A proposito di qualità, che cosa rende valido un progetto? Musicalmente, a quale autore si può assimilare l'alluminio?
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