1987, referendum sul nucleare: votare no per dire sì |
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1987, referendum sul nucleare:
votare no per dire sì
di Fabio Terni

In tanti non ricordano i contorni esatti dei quesiti referendari, seguiti alla tragedia di Chernobyl del 28 aprile 1986, che di fatto hanno decretato la chiusura del programma nucleare italiano. Un documento del 2011 curato dal Servizio Studi del Senato racconta come è andata
Si torna a parlare di nucleare in Italia. Non solo come possibile rimedio per ridurre lo spread tra i prezzi dell’elettricità pagati dall’industria nazionale e quelli dei competitor europei, ma anche a seguito del Disegno di legge n. 1365 (Il nucleare nel mix elettrico nazionale ora) volto a consentire la costruzione e l’esercizio di nuove centrali nucleari nel nostro Paese.
Nei salotti televisivi o nei bar (spesso il livello della discussione è simile) capita di ascoltare diverbi sul tema, e la domanda che ci si fa - almeno al bar - è questa: il ritorno alla produzione di energia da fonte nucleare è ancora una opzione percorribile in Italia? In altre parole: il nucleare non è stato bandito con il referendum del 1987?
In tanti non ricordano i contorni esatti di quei quesiti referendari, seguiti alla tragedia di Chernobyl del 28 aprile 1986, che di fatto hanno decretato la chiusura del programma nucleare italiano. Il perimetro della questione risulta ancora più sfumato anche a causa della caratteristica del referendum abrogativo, dove “per dire sì devi votare no. E per dire no devi votare sì” (cit.).
Proviamo a portare qualche elemento di chiarezza attingendo a piene mani al documento n. 273 del Servizio Studi del Senato del febbraio 2011, dal titolo Il referendum sull’energia nucleare.
Il referendum sull’energia nucleare
L’impiego dell’energia nucleare a scopo pacifico nel nostro Paese era disciplinato dalla legge 31 dicembre 1962, n. 1860. Legge modificata nel tempo ma mai espressamente abrogata e, soprattutto, mai coinvolta nei referendum del 1987.
I quesiti referendari di quell’anno riguardavano infatti due testi diversi: la legge 6 dicembre 1962, n. 1643, istitutiva dell’Enel, e la legge 10 gennaio 1983, n. 8 (attinente ai contributi dovuti agli enti locali dei territori sedi di centrali elettriche e alle relative procedure di localizzazione).
Il primo quesito chiedeva agli italiani di esprimersi sulla volontà di abrogare la norma che consentiva al CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) di decidere sulla localizzazione delle centrali, nel caso in cui gli enti locali non avessero preso decisioni entro i tempi stabiliti. La norma a cui si riferiva il quesito era quella riguardante «la procedura per la localizzazione delle centrali elettronucleari e la determinazione delle aree suscettibili di insediamento», prevista dal 13° comma dell’articolo unico della legge 10 gennaio 1983, n. 8.
Le risposte affermative arrivarono all’80,6 per cento dei circa 26 milioni di voti validi; quelle negative si fermarono al 19,4 per cento (12,8 la percentuale di voti non validi, con l’8,5 per cento di schede bianche). [...]
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