In Italia il sistema energetico è in trasformazione e in evoluzione, seguendo la traiettoria tracciata dal PNIEC. E se l’obiettivo è decarbonizzare l’economia, occorre garantire insieme sicurezza e sostenibilità. Come fare? Prova a suggerire risposte (e proposte) Franco Cotana, amministratore delegato di RSE.
Per una volta si invertono i ruoli ed è il professore ad essere interrogato. Su tutto il programma: sistema energetico, fonti rinnovabili, nuovo nucleare, ricerca e brevetti. Siamo partiti da una riflessione macro - quale riverbero hanno avuto anche sul mondo della ricerca i tanti avvenimenti internazionali degli ultimi mesi - per poi posare lo sguardo al perimetro europeo e italiano, concentrandoci sulla trasversalità del tema della decarbonizzazione, che sposa non solo questioni ambientali ma anche economiche e sociali. Sotto esame, un candidato d’eccezione: Franco Cotana, amministratore delegato di RSE, società da sempre impegnata nelle analisi, studi e ricerche applicate alla filiera dell’energia e della sostenibilità.
L’acronimo RSE sta per Ricerca sul Sistema Energetico; la domanda è quindi d’obbligo: come sta il sistema energetico italiano?
Il sistema energetico nazionale, di cui la ricerca di RSE si occupa, è in qualche maniera governato dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) che abbiamo avuto l’onere e l’onore di elaborare a supporto del Ministero dell’Ambiente, sulla base di migliaia di dati provenienti da tutti i settori che consumano energia: dai trasporti all’edilizia, dalla generazione di energia all’industria, dall’agricoltura al terziario. Per rispondere alla domanda sullo stato di forma del sistema energetico, direi che è in trasformazione e in continua evoluzione, seguendo la traiettoria tracciata dal PNIEC.
Il PNIEC ha fissato al 2030 molti obiettivi, oggi forse un po’ più difficili da conseguire, dopo tutto quello che è accaduto. E dopo il cambio alla guida della governance europea, con l’ingresso di una componente di conservatori che più realisticamente ha fatto notare come certi traguardi fossero un po’ velleitari.
Non è solo una parte politica a fare questi rilievi. La stessa Corte dei Conti Europea ha sottolineato come, per esempio nel caso dell’idrogeno, gli obiettivi fossero più dettati da un approccio ideologico che non da una realistica analisi tecnico-scientifica. Ma la cosa più interessante è che la Commissione europea ha ammesso i rilievi evidenziati della Corte.
L’Italia tutto sommato non sta peggio di altri Paesi europei, ma sconta un difetto di programmazione degli ultimi 40 anni. Abbiamo impostato il nostro sistema energetico prevalentemente sul gas naturale, utilizzando tra l’altro degli asset vulnerabili come il gasdotto algerino e quello proveniente dall’Azerbaijan. Nonostante un difetto di programmazione, il nostro Paese ha sempre avuto un approccio abbastanza pragmatico imperniato su una diversificazione delle fonti di Fonti fossili, è vero, però diverse: carbone, petrolio, gas naturale. Solo dai primi anni Duemila in poi si sono sviluppate le fonti rinnovabili in maniera più intensa.
Rinnovabili che rappresentano solo una parte di tutta l’energia che serve.
La situazione è abbastanza complessa. Dei circa 1.200 TWh di consumo di energia negli usi finali, l’elettricità rappresenta circa 320 TWh, mentre tutte le rinnovabili sono 270 TWh; poco più del 20 per cento del consumo, che abbiamo stimato raddoppierà al 2050, superando i 600 TWh.
L’elettrificazione spinta dei consumi porta però un altro problema, che già si sta manifestando: l’urban heat island, fenomeno che si verifica, in particolare in edilizia, a causa della grande quantità di calore immessa nell’aria soprattutto dalle pompe di calore e che in estate fa innalzare la temperatura esterna (che magari è già di 40 gradi) anche di 10 gradi. In questi casi sarebbe opportuno abbinare al sistema una geotermia a bassa entalpia, in modo da disperdere il calore nel terreno, aumentando tra l’altro l’efficienza della pompa stessa.
Gli aspetti tecnici della questione si scontrano qualche volta con la ritrosia a concedere permessi per realizzare pozzi geotermici per timori di inquinamento termico. Anche qui RSE è in prima linea per fornire tutte le informazioni tecniche ai decisori e agli amministratori pubblici.
Prendiamo a prestito il titolo di un convegno dell’Accademia Nazionale dei Lincei (Energia: il necessario e il possibile) e le chiediamo: cosa è necessario e cosa è possibile nell’attuale sistema energetico italiano?
Se l’obiettivo è decarbonizzare l’economia, dobbiamo garantire la sicurezza del sistema energetico - cosa assolutamente necessaria - e nel contempo anche la sostenibilità. Questi sono i due fattori fondamentali. Sistema energetico che non è fatto solo dalla rete elettrica e da quella del gas naturale.
Questo sistema complesso di reti che governa il nostro sistema produttivo rappresenta la ricchezza di un Paese; è un sistema interconnesso e deve essere adeguato a due aspetti: sicurezza e sostenibilità. Sostenibilità, poi, non è una parola generica, ma si declina nei tre aspetti – ambientale, economico, sociale. Questi tre elementi vanno mantenuti in equilibrio e tenuti sempre presenti.
Abbiamo compreso quello che è necessario. Ma tutto quello che è necessario è anche possibile?
Questa è una bella domanda. Allo stato attuale delle tecnologie, in parte è possibile e in parte no. Circa il 35 per cento delle tecnologie che ci porteranno alla decarbonizzazione al 2050 non sono pronte, non sono disponibili nel mercato. Ecco perché RSE sta lavorando affinché lo siano.
Una delle funzioni di RSE è fornire supporto al Ministro dell’Ambiente nell’elaborazione di piani e strategie, con una attività di guida che si declina sull’intero spettro delle tecnologie disponibili. In che modo RSE può aiutare le imprese a innalzare il livello di maturità tecnologica dei prodotti necessari per la decarbonizzazione?
Facendo ricerca in autonomia e diffondendo i risultati per creare un incremento del TRL (Technology Readiness Level), il livello di maturità tecnologica di prodotti e soluzioni. Ma anche - soprattutto - attraverso il supporto ai decisori pubblici per far sì che vengano finanziate imprese e soggetti che fanno ricerca per aumentare il TRL e avvicinarci a quel 9 che permette di portare sul mercato tecnologie che ancora necessitano di un impulso: dalla produzione di energia da fonti rinnovabili non programmabili ai biocarburanti.
Su quali tecnologie si sta concentrando la ricerca in RSE?
Il core business di RSE è rappresentato dalle smart grid. Siamo leader a livello internazionale, guidiamo gruppi di ricerca che hanno a cuore proprio l’integrazione delle reti e la simulazione con sistemi di digital twin. Abbiamo realizzato gemelli digitali della rete europea che permettono di verificare “cosa accade se…?”. Questo “cosa accade se…?” addirittura arriva al punto tale che ci consente di collegare oggetti fisici - per esempio, un sistema di accumulo a batteria - a questa rete digitale per vedere come reagirebbe quella vera simulando il suo reale funzionamento e come migliora la stabilità della rete reale simulandone il comportamento.
Oggi l’aspetto più interessante dell’intelligenza artificiale, dei data center o degli HPC, High Performance Computer, è proprio quello di poter elaborare dei modelli digitali delle reti, in particolare della rete elettrica che è la più sensibile e deve tenere in equilibrio domanda e offerta di energia istante per istante. Queste potenzialità ci fanno ben sperare sulla robustezza del sistema di controllo e di autocontrollo delle reti. RSE sta affrontando il problema della sicurezza energetica anche attraverso l’aspetto della cyber sicurezza. [...]
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