Oltre a promuovere e sostenere la diffusione delle fonti rinnovabili, l’efficienza e la mobilità sostenibile, il Gestore dei Servizi Energetici sta sempre più assumendo il ruolo di hub informativo della strategia energetica del Paese. Dialogo con Paolo Arrigoni, presidente del GSE
Il GSE, Gestore dei Servizi Energetici, sotto il completo controllo del Ministero dell’Economia e delle Finanze, è il garante e promotore dello sviluppo sostenibile del Paese. Al GSE è affidata la gestione degli strumenti di incentivazione utili al raggiungimento degli obiettivi comunitari e nazionali in materia di fonti rinnovabili, di efficienza energetica e di mobilità sostenibile. Rinnovabili, efficienza e mobilità sono dunque le tre colonne chiamate a reggere la grande cornice della transizione energetica.
Nuova Energia ha incontrato Paolo Arrigoni, dal 2023 presidente del GSE, per fare il punto sulla situazione italiana di questi tre pilastri. «Quello energetico è un sistema complesso, per il quale serve un approccio olistico, pragmatico e non ideologico. Occorre assicurare la neutralità tecnologica per tenere in corretta considerazione i tre elementi che compongono il cosiddetto trilemma: sostenibilità, sicurezza ed equità».
Partiamo dal contesto europeo. A distanza di cinque anni, la presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, ha analizzato successi e limiti del Green Deal e ha proposto un nuovo Piano per l’innovazione e per la competitività - La bussola strategica. Nel documento, per il momento, sembrano mancare sia le indicazioni degli interventi necessari per sostenere le industrie europee e limitare la concorrenza dei prodotti non soggetti alle regole comunitarie, sia il riferimento ai fondi necessari per l’attuazione di tali interventi. Qual è il suo parere?
L’auspicio è che ci sia un cambio di direzione da parte della governance dell’Unione Europea. Questo è assolutamente necessario. La precedente Commissione è stata caratterizzata da un eccesso di ideologia, corretta in parte solo per la parentesi del caro energia conseguente il conflitto russo-ucraino.
Mi riferisco al mantenimento del gas nella tassonomia europea - ancorché con dei limiti - e all’inserimento del nucleare; modifiche avvenute solo a seguito di situazioni contingenti. Rimanendo in tema di sistema energetico, resta sempre la necessità che la Commissione porti avanti un approccio pragmatico, assolutamente fondamentale, nella consapevolezza che sulle rinnovabili bisogna continuare a investire ma che per la sicurezza del sistema stesso è necessario un baseload che oggi è garantito dal gas naturale e che domani potrà essere garantito dal nucleare.
Anche la dipendenza energetica italiana è molto elevata.
Nel 2023 era a intorno al 75 per cento, contro una media Europea del 57, cioè 17 punti percentuali. In più, non tutto è elettrificabile e anche nei settori hard to abate il gas naturale deve avere un ruolo strategico di accompagnamento alla transizione energetica. Questo in attesa che l'idrogeno si possa sviluppare. E nel nostro Paese si sta già sviluppando.
Anche il continuo accelerare nel darsi obiettivi sfidanti pone un problema...
Permettetemi di fare qualche riflessione sugli strumenti per attuare la decarbonizzazione. È giusto mettere in campo misure per contrastare il cambiamento climatico, ma questo deve essere fatto in modo graduale e soprattutto condiviso a livello globale. L’Unione Europea è scesa dal terzo al quarto posto nella classifica globale dei grandi emettitori di CO2, passando dal 7,3 per cento al 6,4 per cento. Tuttavia, nel 2023 le emissioni globali sono aumentate del 2 per cento rispetto all’anno precedente, ed è proprio questo il problema. Non può essere solo l’UE a correre, quando nel resto del mondo (a partire dalla Cina) – per esigenze di progresso e di sviluppo economico – l’emissione di CO2 aumenta esponenzialmente.
Questo pone anche un problema serio di competitività delle imprese europee.
Un ragionamento pragmatico è assolutamente necessario, un cambio di direzione che parte anche dal garantire nei fatti il principio della neutralità tecnologica.
In questo senso, la scelta di mettere al bando le auto con motore endotermico al 2035 è inopportuna, basata su un presupposto scientificamente non corretto – quello della misura delle emissioni di CO2 al tubo di scarico delle vetture. Su questo – così come, sempre rimanendo in tema di auto, sulla questione delle multe che vanno a penalizzare i costruttori europei a vantaggio ancora una volta della Cina – auspico che ci possa essere un ripensamento da parte della Commissione.
Un dato di realtà (e di lealtà) che non significa essere contro una determinata tecnologia. Tanto è vero che lo sviluppo delle rinnovabili è uno dei tre pilastri che tengono in piedi la cornice della transizione del nostro Paese e di cui il GSE è garante e promotore. A proposito di rinnovabili, come stiamo andando?
Se parliamo delle rinnovabili elettriche, stiamo andando bene. C’è un trend di crescita che oserei definire esponenziale. All’installato di 67 GW a fine 2023 si sono aggiunti i 7,5 GW di capacità del 2024 (di cui l’85 per cento da fotovoltaico) che ci hanno consentito di arrivare a 74,5 GW. Al 31 dicembre 2024 risultavano installati 1.878.000 impianti fotovoltaici, per 36,6 GW di capacità complessiva. In 12 mesi ne sono entrati in esercizio circa 280.000, con nuovi 6,3 GW: circa 770 al giorno, a conferma che il sistema di generazione è sempre più distribuito.
Occorrono altri nuovi 56,5 GW per raggiungere i 131 GW target del PNIEC al 2030.
Il che significa poco più di 9 GW l’anno da installare. Quello che è importante sottolineare è che, al netto delle iniziative di mercato o PPA, ci sono strumenti già operativi e uno stuolo di provvedimenti già varati o prossima ad essere varati. Mi riferisco una lunga serie di meccanismi di incentivazione sulle FER elettriche con linee di investimento del PNRR e gestiti dal GSE: Parco Agrisolare, Sviluppo Agrivoltaico, il Decreto CACER, l’Energy Release, il Piano Transizione 5.0, il FER 2 con il sostegno alle rinnovabili innovative, il FER X transitorio... Queste misure, con un orizzonte temporale che arriva al 2029, cubano complessivamente (esclusa Transizione 5.0) un contingente di circa 85 GW: ben maggiori rispetto all’obiettivo al 2030 sulle rinnovabili elettriche, che non è quindi un miraggio ma può diventare una realtà. Da questo punto di vista, il Paese ha svolto i propri compiti.
In tutto ciò, bisogna capire il contraccolpo e gli impatti del Decreto Agricoltura e del Decreto Aree idonee, tra moratorie, e ritardi autorizzativi. Hanno davvero (come alcuni sostengono) ucciso un settore?
No, secondo me non hanno ucciso il settore. Ricordiamoci che ci sono comunque delle aree idonee ex lege: l’articolo 20 del DL 199 individua delle zone importanti dove è possibile installare gli impianti. Sulle aree agricole è possibile realizzare fotovoltaico per le comunità energetiche ma anche l’agrivoltaico con moduli sollevati da terra. È chiaro che ci deve essere un ri-orientamento sugli impianti di una certa dimensione e sull’agrivoltaico , ma da qui ad affermare che si è bloccato lo sviluppo delle rinnovabili è un po’ azzardato.[...]
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