Negli anni Ottanta del secolo scorso, dall’oggi al domani, le riserve petrolifere “dichiarate” da alcuni Stati del Golfo Persico appartenenti all’OPEC (l’organizzazione nata nel 1960 a difesa dei maggiori produttori ed esportatori di petrolio) raddoppiarono o triplicarono...
Anche se, nel breve periodo di una notte, nei loro territori non era stato scoperto alcun nuovo giacimento o non era stata introdotta una nuova rivoluzionaria tecnologia di estrazione. Nelle regole di coordinamento e di cooperazione dell’OPEC era stato semplicemente introdotto un parametro grazie al quale i membri dell’organizzazione si sarebbero suddivisi le quote di produzione e i relativi incassi. Questo fattore era la quantità delle riserve “dichiarate” (ma non “accertate” da un ente neutrale). Chi aveva più riserve “dichiarate” poteva produrre più petrolio e quindi guadagnare di più attraverso la parte esportata.
Peccato che con questa modalità non venisse più rispettata la definizione di “riserva” dettata a suo tempo dall’American Petroleum Institute nella quale si parla di “riserve accertate ed economicamente producibili”, di “riserve probabili” e di “riserve possibili”. Ma per accertare ci vuole un ente neutrale preposto e riconosciuto ufficialmente dagli operatori per esercitare il ruolo di notaio. Questo esisteva ed esiste tuttora. È la Security and Exchange Commission (SEC) che stabilisce se una risorsa petrolifera (un giacimento) possa essere “messa a libro” da una società quotata in Borsa, per dare valore economico ad essa.[...]