Il Gatto Selvatico con lo zampino nella letteratura

a cura di Lector


Il Gatto Selvatico - alcune copertineChe cosa c’entra un cane a sei zampe con un gatto selvatico? Accostamento almeno bizzaro pensando ai difficili rapporti che proverbialmente intercorrono fra cani a quattro zampe e gatti domestici. Accostamento centrato, invece, ricordando che Il Gatto Selvatico era il nome di una pubblicazione edita mensilmente dal 1955 al 1964 dall’Eni (vedi il suo logo) e fortemente voluta dal suo fondatore Enrico Mattei che ne affidò la direzione al poeta e critico d’arte Attilio Bertolucci. Il nome della rivista è immaginoso e al tempo stesso perfettamente aderente alla nostra attività. “Gatto selvatico” è, infatti, la traduzione letterale in italiano dell’inglese wildcat, parola che nel gergo dei seguaci di Drake serve a indicare il “pozzo esplorativo”, ossia il trabocchetto che l’uomo scavando nelle viscere della terra, tende al petrolio e agli altri idrocarburi.

Queste righe – scritte nel primo numero da Mattei nel saluto augurale – potrebbero trarre in inganno e farci cadere in un trabocchetto interpretativo. Ovvero quello di trovarci di fronte ad un house organ in senso stretto, infarcito di notizie aziendali nell’esercizio di un lisciare il pelo, tanto per restare in ambito felino, banalmente e insistentemente autoreferenziale. Il Gatto non disdegnava le citazioni “domestiche” (dando eco alle attività del Gruppo) ma si rivelò selvatico, ovvero trasgressivo ed originale nella sua linea editoriale.

E, soprattutto, con uno stile culturale inconfondibile. Una testimonianza di Bertolucci riporta un’affermazione del fondatore dell’Eni: Il giornale che faremo noi deve essere lo stesso, democraticamente possibile, cioè leggibile, dal Presidente della Repubblica al più lontano dei nostri perforatori, anche fuori dall’Italia. Questo auspicato tratto divulgativo si traduce in una chiarezza espositiva che non ha mai tradito lo spessore culturale degli interventi ospitati su cui vegliava con assoluto rigore il direttore.

Scorrendo gli indici, abbondano nomi prestigiosi. In ordine sparso, saltando di annata in annata, ecco le firme di tre critici cinematografici: Pietro Bianchi, Callisto Cosulich, Pietro Pintus. Firmano Gianni Pasquarelli, futuro direttore generale della Rai e Giorgio Vecchietti, direttore del telegiornale (quando c’era una sola rete) e conduttore di Tribune politiche prima di consegnare lo scettro a Jader Jacobelli. Fa capolino anche Gino Giugni, il padre dello Statuto dei lavoratori, nonché ministro del Lavoro nel governo Ciampi. Rinaldo De Benedetti, “mitico” fondatore del giornalismo scientifico in Italia si affianca al linguista Mario Medici che intrattiene i lettori su neologismi e ortodossia sintatticogrammaticale. Compaiono testi di T.S. Eliot, Hemingway, Calvino, Bassani, Bevilacqua, Caproni. Quanto basterebbe a sospettare che il Gatto sia fin troppo colto.

Si assiste invece ad una sorta di bilanciamento scorrendo altri titoli e argomenti trattati, di apparente e minore importanza culturale che testimoniano un’Italia che sta cambiando e si apre ad una dimensione meno rurale o provinciale. Prende forma una nuova cultura che si confronta con l’industrializzazione e i conseguenti mutamenti nel tessuto sociale. Si scrive su Psicologia in fabbrica, I libri non sono un lusso, Il sistema scolastico negli Stati Uniti, e – perché no – anche su Quanto spende la famiglia italiana? Il Bel Paese sta cambiando e un Viator dà Consigli per le vacanze motorizzate; si affronta il tema delle pensioni Inps. Lo sport trova ampio spazio: calcio, ciclismo, atletica e quelli “minori” come hockey e rugby con un occhio attento e critico sul doping. La quotidianità si aggancia poi alla modernità con il testo di un dibattito sull’energia nucleare nel quale interviene Robert Oppenheimer contrappuntato da “Il ritorno di Gordon Flash”.

In trasparenza, tra le righe, si vede un’Italia che sta e vuole cambiare saldando tradizione e innovazione. Un’Italia che conosce le sue radici, la sua identità antropologica ma che crede in un necessario sviluppo economico che la inserisca nel novero dei Grandi Paesi. Una mission certamente matteiana di cui Eni era il nuovo e forte interprete con uno spirito patriottico e nel contempo coraggiosamente aperto alle sfide internazionali. Se ne trova conferma nei numeri speciali stampati in occasione della Fiera internazionale di Casablanca 1960, in lingua araba, e della Fiera industriale di Budapest 1961, in ungherese. Sono trascorsi oltre cinquant’anni dalla conclusione di quell’avventura editoriale. Tutto finito? Quei numeri, quelle copertine, quelle vignette di Mino Maccari sono consegnate all’oblio di una dignitosa immobilità archivistica? Con un colpo di coda il Gatto è tornato a far parlare di sé mostrando la sua proverbiale vitalità. A passi felpati, si è presentato all’ultimo Festival della letteratura di Mantova, con l’impronta raffinata di un cofanetto pubblicato da Eni che raccoglie dieci racconti appositamente scritti per la rivista. In rigoroso ordine alfabetico, gli autori: Anna Banti, Giuseppe Berto, Giovanni Comisso, Giuseppe Dessì, Carlo Emilio Gadda, Natalia Ginzburg, Raffaele La Capria, Gianna Manzini, Goffredo Parise, Leonardo Sciascia. E stavolta, davvero, i lettori fanno le fusa.

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ENI MÉCÈNE PRINCIPAL DEL "MANTEGNA" AL LOUVRE

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La Camera degli sposi è uno dei suoi capolavori. E con Andrea Mantegna l’Eni conferma un felice matrimonio con questo artista e con il mondo della cultura. Il Gruppo, infatti, torna a promuovere, al museo del Louvre, la figura del celebre pittore e incisore patavino dopo il successo della mostra che Mantova gli ha dedicato dal settembre 2006 a gennaio 2007, in occasione del quinto centenario della morte. Unarentré memorabile: Eni è mécène principal della mostra “Mantegna (1431-1506)”, che inaugurata lo scorso 26 settembre 2008 chiuderà i battenti il 5 gennaio 2009.
Per la prima volta in Francia un’esposizione monografica ripercorre, attraverso un percorso cronologico e 190 opere, l’età e la produzione di uno dei pilastri del Rinascimento italiano.
All’insegna del binomio “Cultura dell’energia, energia della cultura”, Eni manifesta da sempre una forte sensibilità verso la promozione di eventi artistici e culturali e il suo ruolo di mécène principal dell’evento parigino ne è un’ulteriore testimonianza. A rebours, infatti, va ricordato che partecipa come socio fondatore alle Fondazioni musicali del Teatro alla Scala di Milano, del Teatro La Fenice di Venezia, dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma e del Teatro Regio di Torino.
Eni,inoltre, sponsorizza l’organizzazione delle stagioni liriche e concertistiche del Teatro dell’Opera di Roma, del Teatro Carlo Felice di Genova, del Teatro Comunale di Ferrara, nonché i concerti del FAI e da molti anni promuove il “Ravenna Festival.
Un’altra nota di merito.... In occasione delle celebrazioni per il Giubileo del 2000, l’Eni ha partecipato con il proprio know-how, le proprie capacità tecnico-scientifiche e finanziariamente, all’imponente lavoro di restauro e di conservazione della facciata della Basilica di San Pietro in Vaticano, così come al monitoraggio dello stato di conservazione della stessa facciata e della cupola. Attualmente Eni è sponsor del progetto di restauro conservativo della superficie lapidea del prospetto sud della Basilica.

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