Clerici: "CCS? Sì, ma non aspettiamoci miracoli"

di Davide Canevari


Alessandro Clerici - presidente onorario WEC Italia e presidente FastAnche il mondo dell’energia – a volte – rischia di vivere di grandi mode e piccole infatuazioni, spesso racchiuse in una sigla. Nei primi anni Novanta è stata la volta del Cip 6, provvedimento che avrebbe dovuto scatenare anche in Italia la corsa alle FER (leggasi rinnovabili). L’esito è noto... Ora il testimone è passato ai CV. Poi, per un certo periodo, anche sui giornali generalisti hanno tenuto banco CDM e JI, acronimi connessi con il Protocollo di Kyoto. E pareva che il futuro del Pianeta fosse in mano a quel pugno di lettere. Più di recente i riflettori si sono accesi su un’altra “formula”: CCS. Ovvero cattura e stoccaggio (geologico) dell’anidride carbonica. Carbon Capture & Storage: ci voleva una ventata di novità per spazzare via le emissioni inquinanti. Ma il rischio, adesso, è quello di considerare questa opportunità come la panacea di tutti i mali, la risposta definitiva all’esigenza del Pianeta di bruciare risorse fossili con un ritmo crescente almeno da qui al 2030. Come stanno realmente le cose e cosa ragionevolmente ci si può attendere nel breve e medio periodo? Qual è lo stato dell’arte della CCS e quali le criticità ancora da affrontare? E quale peso può avere questa tecnologia in un mix equilibrato di soluzioni al problema del contenimento delle emissioni? A metà settembre si è svolto a Londra un importante simposio sul problema, dal titolo Carbon Capture and Storage Financing Challenges and Opportunities, che ha cercato di rispondere a queste e ad altre domande. Alessandro Clerici, presidente onorario del Wec Italia e presidente Fast, ha partecipato ai lavori e ha “trasferito” a Nuova Energia alcuni degli spunti più interessanti.

Partiamo dalla situazione attuale. Cosa c’è di concreto in giro per il mondo?
Gli esperti convenuti a Londra stimano che ci siano attualmente 21 impianti pilota in fase di realizzazione o già attivati (come nel caso della centrale di Schwarze Pumpe, di cui si parla in questo numero di Nuova Energia, n.d.r.). Nella maggior parte dei casi, però, si trattadi realizzazioni dell’ordine di pochi MW o decine di MW. E.ON ha annunciato di essere in grado di puntare alla scala di qualche decina di MW in esercizio entro la fine del 2014 e di arrivare ad alcune centinaia di MW intorno al 2020.
Il Dubai ha annunciato di voler realizzare a breve il più grande impianto di CCS al mondo. L’emirato non ha certo problemi di risorse economiche e investirebbe in questa direzione anche per motivi di immagine. La sua discesa in campo è quindi incoraggiante, ma occorre ancora vedere nel concreto come sarà portato avanti il progetto. [...]

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