Leupp: "Interconnessioni? Una soluzione vincente"

di Davide Canevari

da Feda (Norvegia)

Peter Leupp, responsabile mondiale divisione power System AbbL’Europa dell’energia – quella davvero unita e in grado di proporsi nel contesto internazionale come unico interlocutore – resta per molti versi una chimera. I 27 tasselli che compongono il mosaico troppo spesso sono profondamente diversi tra loro per incastrarsi correttamente e per comporre un’immagine omogenea. Ciò, inevitabilmente, genera vistose ineffi- cienze lungo tutta la filiera: dall’approvvigionamento delle risorse primarie alla qualità e sicurezza del servizio erogato al cittadino.
Cosa fare a questo punto? Concentrarsi sul sistema di generazione, in un contesto di crescita della domanda, e dunque puntare al robusto incremento dell’attuale parco produttivo senza sottovalutare la necessità di sostituire gli impianti più obsoleti o inefficienti? Oppure investire prioritariamente sul fronte delle interconnessioni, legando in maniera sempre più stretta le diverse nazioni e indebolendone così i rispettivi interessi di cortile? O, ancora, agire con rinnovata decisione sul fronte politico, direttamente da Bruxelles, trasformando l’Ue in un interlocutore in grado di parlare con una sola voce, oltre le timidezze e le incertezze locali, e facendo calare dall’alto sui singoli stati le impostazioni di policy energetica?
Nuova Energia ha raccolto sul tema il parere di Peter Leupp, responsabile a livello mondiale della divisione power system di Abb; dunque, interprete autorevole della vision che può avere al riguardo il mondo dell’industria elettro-energetica.

Se dipendesse da lei, quale di queste vie percorrerebbe più volentieri?
L’Europa si è posta un chiaro obiettivo con la cosiddetta Direttiva “20-20-20”. È stata presa una decisione e a questo punto occorre concentrarsi sulle azioni per poterla mettere in pratica, a partire dalla scelta dei siti dove realizzare i nuovi impianti a ridotto o minimo impatto ambientale. La questione di base è che, di solito, le aree più idonee all’installazione di un parco eolico o di un campo fotovoltaico sono distanti dai centri di maggior consumo dell’energia elettrica. Quindi non si può fare un discorso serio sulla produzione lasciandolo disgiunto da quello sulle interconnessioni. Una volta attuate le interconnessioni, anche i rapporti di politica energetica tra due Paesi interessati ne escono risaldati.

Inevitabilmente…
Sì, perché a quel punto le strategie devono essere portate avanti di comune accordo; il singolo Stato perde l’interesse (anche economico) a fare di testa propria e a perseguire una politica di autosuffi- cienza energetica.

Quindi le tre strade non vanno viste come percorsi alternativi, ma come segmenti di un’unica via che, in questo modo, tende ad abbreviarsi e a diventare meno tortuosa?
Credo proprio di sì. Prendiamo ad esempio il collegamento NorNed, di recente realizzazione (un cavo sottomarino che collega Norvegia e Olanda, della lunghezza complessiva di 580 chilometri, con una capacità pari a 700 MW, in grado di trasportare 5 TWh l’anno, inaugurato ufficialmente lo scorso 11 settembre, n.d.r.). Questa realizzazione aiuta l’Olanda ad avere un mix di generazione più verde, consentendo ai Paesi Bassi di importare energia da fonte idroelettrica prodotta in Norvegia. Non solo; grazie a NorNed la stessa Olanda potrà investire con maggiore serenità sul proprio territorio in una fonte discontinua quale l’eolico, sapendo che in mancanza di vento, l’interconnessione con la Scandinavia la preserverà dal rischio di rimanere a “secco” di elettricità.

E la Norvegia cosa ci guadagna?
La Norvegia, a sua volta, trova uno sbocco per il surplus produttivo interno (quando c’è) e guadagna in termini di qualità e sicurezza della fornitura poiché nei periodi di scarsa piovosità può acquistare l’energia elettrica dall’Olanda senza dover provvedere in proprio a una capacità addizionale di generazione da fonte fossile. E non è tutto. La Norvegia copre abbondantemente il proprio fabbisogno di elettricità con l’energia idroelettrica che produce all’interno. Fino ad oggi non ha quindi avuto interesse a sviluppare il potenziale eolico, comunque elevato vista la sua posizione geografica. Avendo ora uno sbocco in Europa, potrebbe seriamente pensare di coltivare questa risorsa.

Un caso isolato, quello di Olanda e Norvegia?
No; numerosi altri Paesi europei stanno facendo le stesse scelte. Anche in altre parti del mondo (Cina, Centro Africa, Brasile) ci sono potenziali molto elevati di sfruttamento dell’energia idraulica; e anche in questo caso i grandi centri di utilizzo distano alcune o parecchie centinaia di chilometri. Per promuovere in quelle aree la generazione da fonti rinnovabili è indispensabile creare adeguate interconnessioni con chi ha fame di quell’energia.