Buscemi: "La Lombardia si sta preparando alla svolta"
di Dario Cozzi

Massimo BuscemiIl barile del greggio viaggia verso quota 150 dollari. La svolta energetica, più volte e da più parti auspicata, sembra dunque inevitabile. Uno spunto – questo – raccolto da Massimo Buscemi, presidente di Energy Lab.
“La costante progressione del prezzo del petrolio negli ultimi anni – commenta l’assessore Buscemi – non ha che confermato l’esigenza di diversificare il mix energetico dei Paesi consumatori e più ancora dell’Unione europea. Ma soprattutto è ribadita l’urgenza di insistere sul versante del risparmio energetico e dell’incremento dell’efficienza energetica.
Le rinnovabili, specialmente in Italia, sono ancora deboli. In ambito regionale stiamo da tempo supportando l’energia solare e lo sviluppo delle biomasse. L’energia è un fattore critico e determinante; e non solo per un problema di costo delle materie prime”.


Veniamo all’Italia. Quali sono oggi, secondo lei, le principali criticità del nostro Paese e dove invece l’Italia è già riuscita a raggiungere una posizione di eccellenza?
Nell’ambito dell’efficienza energetica degli edifici l’Italia è stata la prima a recepire l’orientamento europeo – tracciato con la Direttiva 2002/91/CE – con il Decreto 192 del 2005. La Lombardia, successivamente, è stata la prima Regione italiana a recepire direttamente la Direttiva e ad attuare in concreto l’intero processo di certificazione energetica degli edifici, in primo luogo ponendo le basi con la Legge regionale 24/06 e quindi adottando le dgr operative. A partire dalla dgr 5018 del giugno 2007.
Abbiamo strutturato una complessa ma efficiente architettura composta da un sistema di accreditamento dei professionisti certificatori (oltre 3.000 al momento) e dei corsi di formazione. Manteniamo monitorate e aggiornate le procedure di calcolo e vivo e costante è il confronto con gli stakeholder (costruttori, professionisti, associazioni dei consumatori, eccetera). Per numero di certificazioni energetiche effettuate la Lombardia è già oggi fra le realtà più prolifiche.

Veniamo al tema del nucleare. Nel mondo sembra che l’interesse per questa fonte si stia risvegliando. E non solo nelle nazioni emergenti. L’Italia è davvero pronta per ripartire con un serio programma nucleare? Di che natura potrebbero essere gli ostacoli maggiori: finanziaria, amministrativa (come scegliere i siti e avere l’ok dalla Regione e dal Comune prescelti), politica, sociale?
Se si accetta di ragionare in termini complessi rispetto al tema energetico, è utile ricordare che ogni programmazione deve partire dalla considerazione di un mix di fonti che serva a fornire a un contesto territoriale, piccolo o grande che sia, l’energia di cui necessita. Diversificare è la vera parola d’ordine. La nostra dipendenza dal gas, da tempo, ci disegna vincoli importanti. Il nucleare è una opzione da considerare approfonditamente tanto quanto le altre, senza necessariamente lasciarsi troppo condizionare da un passato fortemente segnato dalla prevalenza di sensazioni più che di opinioni oggettivamente fondate.
Gli ostacoli esistono nello sviluppo di qualunque tecnologia che prevede realizzazione di infrastrutture, processi di trasformazione, produzione di rifiuti. A maggior ragione ciò vale quando si pensa alla realizzazione di una filiera nucleare. L’Italia ha comunque in sé competenze che possono essere strategicamente utili nell’ambito di una programmazione anche sovranazionale dello sviluppo dell’energia nucleare. In ogni caso il nucleare deve essere una priorità in agenda, anche per il contributo importante che può fornire rispetto agli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra.

In Italia la sindrome Nimby ha raggiunto livelli particolarmente elevati e spesso si traduce in un no a priori a qualsiasi progetto, anche sulle rinnovabili. Come risolvere questo problema?
Da questo punto di vista non esiste approccio migliore di quello che sa coniugare informazione corretta e indipendente da una parte e azione decisa sulla base di una solida pianificazione e conoscenza del territorio, con le sue potenzialità e le sue sensibilità territoriali dall’altra.
Invece che insistere nel dare rilevanza alle dinamiche distruttive, anche il sistema della comunicazione dovrebbe riservare maggiore e adeguato spazio alle informazioni che sanno divulgare i pregi delle nuove tecnologie e la loro possibilità di inserirsi nell’ambiente determinando impatti contenuti e a volte nulli.

"L'APPROCCIO CHE DA TEMPO
ABBIAMO ADOTTATO A LIVELLO REGIONALE È STRETTAMENTE LEGATO ALLA CONCRETEZZA DELLE AZIONI. SIAMO SÌ PROIETTATI IN PIANI
E PROGRAMMI DI LUNGO RESPIRO,
MA NON PERDIAMO IL CONTATTO CON IL PRESENTE E L'IMMEDIATO FUTURO"

Quello della ricerca sembra essere un tema dolente per il nostro Paese. Vale anche per le questioni energetiche? Quali sono oggi i poli di eccellenza attivi sul territorio?
La ricerca è l’anima vera della azione “riformatrice” del modello energetico nazionale e regionale. Su questo versante stiamo continuando e, da un certo punto di vista, rilanciando la nostra azione sul tema dell’idrogeno. Ma spingiamo anche iniziative di innovazione nel campo delle rinnovabili più conosciute. La Fondazione Energy Lab di per se stessa si pone come un’innovazione. Per incidere efficacemente, più ancora che interrogarsi sull’esistenza di eccellenze magari troppo isolate, occorre riunire e ottimizzare gli sforzi per la ricerca in ambito energetico.

Si parla, tra le grandi innovazioni del settore, di reattori di IV generazione, di carbon sequestration, di nuove tecnologie fotovoltaiche... Ma gli addetti ai lavori posizionano il possibile debutto commerciale di queste soluzioni dopo il 2025-2030. E nel frattempo?
L’approccio che da tempo abbiamo adottato a livello regionale è strettamente legato alla concretezza delle azioni. Siamo sì proiettati in piani e programmi di lungo respiro, ma non perdiamo il contatto con il presente e l’immediato futuro. Per questo stiamo approfondendo le nostre azioni verso i consumatori più deboli; e per la stessa ragione stiamo progressivamente attuando le misure per l’efficienza energetica, il risparmio energetico e le fonti rinnovabili individuate dal nostro Piano d’Azione per l’Energia, che stiamo rivedendo nell’ottica di un Piano Strategico.

Ha senso che l’Italia, da qui al 2020, abbia un programma ambizioso di sviluppo delle nuove rinnovabili ma non abbia nel contempo pensato a creare un tessuto industriale per supportare questa crescita? Nel comparto il vero made in Italy è quasi inesistente...
La scarsa vivacità del nostro tessuto imprenditoriale rispetto alla produzione di tecnologia per le fonti rinnovabili è un problema vero, ma che risente del sostanziale disinteresse strategico che ha contraddistinto la politica nazionale nel passato. Alle dichiarazioni di intento non sono mai succeduti piani di sviluppo che sapessero coniugare istanze energetiche e industriali a valenza nazionale. Ma il nuovo contesto può essere un interessante punto di ripartenza.

Veniamo all’esperienza di Energy Lab. Perché avete scelto una scala regionale per problemi che – come visto – hanno un respiro globale?
La dimensione regionale è tale nella volontà di porsi come soggetto fortemente operativo, ma non significa che ci sia una necessaria logica di definire confini alle possibilità di attivare partnership tecniche con altre realtà. Il tema dell’energia peraltro è materia concorrente tra Stato e Regioni e la dimensione regionale è spesso fondamentale nella programmazione di nuove infrastrutture; oppure nella promozione di politiche settoriali efficaci. In ogni caso non vogliamo costituire un’esperienza isolata: intendiamo, anzi, proporre un possibile modello operativo, replicabile in tutte le regioni italiane.

Torniamo per un attimo alla questione della sindrome Nimby. Sembra che comunicare con l’opinione pubblica sia molto complesso. E con le istituzioni.
È importante comunicare. Servono a poco le distinzioni tra i destinatari dell’informazione, fatta eccezione naturalmente per i linguaggi più efficaci da attivare in ciascuno dei casi. La comunicazione è di per se stessa un’interazione. Forse per troppo tempo si è sbagliato nel volere interpretarla come strumento autoreferenziale. Oggi esiste un evidente bisogno di opinion leader che sappiano comunicare con senso di indipendenza e oggettività. L’informazione che sa restituire il senso della realtà è la vera risorsa per comunicare la volontà di cambiamento, anche nell’ambito delle politiche energetiche.

Energia non è più sinonimo di sole competenze tecniche e tecnologiche. Al contrario, sembra che oggi – sempre di più – stiano assumendo importanza anche conoscenze in campo economico, finanziario, legale, sociologico... Servono quindi figure professionali “nuove”, sempre più complete e con esperienze trasversali. Energy Lab ha gli strumenti giusti anche per affrontare le nuove esigenze formative, alla luce di queste considerazioni?
L’intreccio di saperi e scienze differenti è indubbiamente un’urgente necessità per la risoluzione delle problematiche che caratterizzano la pianificazione e la definizione delle politiche per l’energia e l’ambiente. Ciò implica una riconsiderazione dell’offerta formativa specialistica in ambito universitario. La nostra Fondazione, raccogliendo le eccellenze universitarie lombarde rispetto agli ambiti tecnici, si porrà senza esitazione come osservatorio in grado di fornire i più opportuni input in tal senso.

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UNA RETE DI ECCELLENZE

L’obiettivo è chiaro e nello stesso tempo ambizioso. E la capacità di elaborazione culturale non è disgiunta da un forte senso della concretezza. Ecco, quindi, Energy Lab che nasce a Milano nel settembre 2007, “motivato” dalla necessità di creare una rete tra l’Università, il mondo degli operatori energetici e le istituzioni locali della Lombardia. Una rete di eccellenze impegnate nella promozione di un dibattito “consapevole” e nel disegnare nuovi scenari di Energy Labsviluppo.
Energy Lab, costituitosi come Fondazione, si muove con un ampio ventaglio di iniziative volte a sostenere la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione nel settore energetico e ambientale. E ancora, promuovere la divulgazione della conoscenza di questi temi presso l’opinione pubblica, le istituzioni, gli enti privati e gli organi d’informazione. In quanto “Fondazione di partecipazione”, Energy Lab svolge attività di natura non profit favorendo in termini sussidiari le capacità dei soci o di coloro che ne vorranno diventare partner. Restando al presente, ecco i soci fondatori: Regione Lombardia, Università Bocconi, Università Bicocca, Università Cattolica, Politecnico di Milano, Università degli Studi di Milano, Fondazione Aem, Fondazione Edison. Sono chiamati a “governare” Energy Lab, il presidente Massimo Buscemi (assessore a Reti e servizi di pubblica utilità e sviluppo sostenibile della Regione Lombardia), il vicepresidente Massimo Beccarello (Università Bicocca) e il direttore generale Silvio Bosetti.

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