Rigassificatori al VIA, ma dov'è l'LNG?

a cura di Energy Advisor

Con un soprassalto d’improvvisa vitalità la Commissione VIA, formato Pecoraro Scanio (come è noto ogni ministro dell’Ambiente ormai si costituisce una propria Commissione e attendiamo ora la versione Prestigiacomo), dopo le polemiche sorte con l’esplodere della questione rifiuti, negli ultimi tre mesi ha licenziato decine di progetti d’investimento, rimasti fermi per lungo tempo. Tra questi, tre terminali di rigassificazione che a cavallo tra aprile a maggio hanno ottenuto la VIA. Porto Empedocle (Enel), Priolo (Joint Erg-Shell) e Gioia Tauro (Iride-Sorgenia) sono quindi ad un passo dal completare l’iter del permitting, che si conclude con l’Autorizzazione Unica.

Se la VIA è positiva si dovrebbe assumere che l’Autorizzazione Unica rappresenti ormai solo una mera formalità burocratica, ma qui si apre una questione irrisolta che si trascina ormai da oltre un anno. Quando incominciò a porsi la questione dei rigassifi- catori, segnata da un lato da un moltiplicarsi dei progetti e da un altro dalla esasperante lentezza dei processi autorizzativi, da diverse parti si sostenne che doveva essere il Governo a decidere quanti e quali terminali si dovessero costruire. Che questa posizione fosse in totale conflitto con tutta la normativa, di derivazione comunitaria, sulla liberalizzazione del mercato del gas, poco importava. Parimenti non si teneva in alcun conto che questi progetti sarebbero stati sviluppati non con finanziamenti pubblici, ma con investimenti totalmente privati, sicché non si capiva su quale fondamento potesse basarsi l’ennesima richiesta (tanto per cambiare) di un Piano energetico nazionale al cui interno collocare una decisione al riguardo.

Il Governo Prodi riuscì a dribblare la questione con l’istituzione della cosiddetta “Cabina di regia” che seguì tutti i progetti e ha indubbiamente contribuito a superare alcune delle difficoltà via via frapposte dal ministero dell’Ambiente, senza (giustamente) mai pronunciarsi su numero e localizzazione dei terminali. Ora però il nodo deve essere sciolto e il problema è reso più complicato dal fatto che devono pronunciarsi anche le Regioni e due su tre dei nuovi progetti (Priolo e Porto Empedocle) sono entrambi localizzati in Sicilia. Sotto il profilo tecnico questo non costituisce di per sé un problema, dal momento che l’unica cosa che conta è la capacità del Transmed (il gasdotto che dalla Tunisia risale tutta l’Italia sino a Bologna) di accogliere una capacità addizionale che in prospettiva si colloca sui 36 miliardi di metri cubi. È vero che una parte di questa capacità può trovare un mercato locale sia in Sicilia (e questo vale soprattutto per l’impianto di Priolo) sia in Calabria, ma rimane indubbiamente un problema logistico non secondario.

Sembra comunque che il piano di investimenti lanciato da Snam Rete Gas sia in grado di instradare la nuova capacità e dunque che sul piano della logistica non si presentino difficoltà particolari (salvo forse un coordinamento nella tempistica di entrata in esercizio dei nuovi impianti). Sul piano politico probabilmente le cose saranno un po’ più complicate, anche se rimangono incomprensibili Rigassificatori al VIA, ma dov’è l’LNG? le ragioni per cui sia un problema che nella stessa regione possano esserci più terminali. Il rischio di un eccesso d’offerta, che comunque si colloca su scala nazionale e non certo regionale, deve essere lasciato alla valutazione delle imprese e sicuramente per il mercato è meglio un sistema “lungo” che non uno “corto”.
In ogni caso sarà questo uno dei primi test su cui si misurerà la capacità del nuovo Governo di muoversi in un’ottica di liberalizzazione dei mercati, dissipando i dubbi suscitati dalla gestione del caso Alitalia, come dalle polemiche del professor Tremonti sul mercatismo.

Ben maggiore fondamento ha invece il secondo ostacolo che si presenta alla realizzazione dei nuovi terminali, e non solo i tre in attesa di autorizzazione ma anche quello offshore al largo di Livorno (Iride-Endesa Europa, quindi a breve Iride-E.On), già autorizzato. Ci riferiamo alla scarsità di LNG sul mercato internazionale, problema sinora pressoché ignorato in Italia, al di fuori della ristretta cerchia degli addetti ai lavori. Eppure questo è il vero problema, non le insistite problematiche di impatto ambientale o di sicurezza, che non hanno alcuna consistenza.

"CHI TEME UN MERCATO LUNGO
E UNA BOLLA GAS, COME SI DICEVA TEMPO FA, SI TRANQUILLIZZI.
IL RISCHIO È SEMPLICEMENTE
QUELLO OPPOSTO,
DI CONTINUARE AD AVERE UN MERCATO CORTO E UN BASSO GRADO DI
SICUREZZA NEGLI APPROVVIGIONAMENTI"


Ora, per quanto si può sapere né il terminale di Livorno né quello di Gioia Tauro sono coperti da alcun contratto di approvvigionamento di gas. Enel per Porto Empedocle dispone del contratto con la Nigeria per poco più di 3 miliardi di metri cubi (in futuro dovrebbe ricevere altro gas dall’Egitto, ma i tempi non sono certi). Anche Priolo, pur essendo una joint venture tra Erg e Shell (numero uno al mondo per l’LNG), non sembra aver ancora trovato tutto il gas necessario per la sua capacità iniziale (8 miliardi di metri cubi).


Non intendiamo con questo mettere in dubbio la validità di queste iniziative, ma richiamare quello che è il problema di fondo, la scarsità di gas liquefatto, tema completamente ignorato in tutto il dibattito sui rigassificatori. Con il tempo dovrebbe crearsi capacità addizionale, soprattutto se gli operatori impegnati su questi investimenti riusciranno ad entrare in progetti di nuovi impianti di liquefazione, ma in ogni caso i tempi saranno lunghi e difficilmente gli impianti italiani, che potrebbero essere realizzati tra il 2010 e il 2012, potranno entrare in esercizio a quelle date con un pieno utilizzo delle loro capacità.
Chi teme un mercato lungo e una bolla gas, come si diceva tempo fa, si tranquillizzi. Il rischio è semplicemente quello opposto, di continuare ad avere un mercato corto e un basso grado di sicurezza negli approvvigionamenti.