Nei conflitti ambientali molte proteste e poche proposte innovative |
di Elio Smedile
Come ogni volta che le quotazioni del barile di petrolio schizzano all’insù, anche in questo periodo ritorna di attualità il dibattito sulle alternative alle fonti energetiche fossili tradizionali. La differenza è che oggi con più vigore da più parti si invoca il “revival” dell’opzione nucleare e, si badi bene, non solo in vista dell’avvento più o meno vicino delle tecnologie nucleari “pulite” di domani (per cui si sta lavorando da tempo nei laboratori di tutto il mondo), ma soprattutto per lo sviluppo del nucleare attuale ritenuto affidabile e sicuro.
A sostegno del nucleare sono scesi in pista nomi eccellenti delle Istituzioni nazionali e internazionali, dal Commissario europeo Loyola de Palacio al ministro delle Attività produttive Antonio Marzano, al ministro dell’Innovazione Lucio Stanca. Sul Sole24Ore dell’8 settembre è apparsa una presa di posizione del professor Renato Angelo Ricci, presidente dell’AIN (Associazione Nucleare Italiana). Ricci non solo rivendica (come è logico attendersi, considerata la carica rivestita) il ruolo irrinunciabile del nucleare quale “soluzione principe” per la diversificazione delle fonti energetiche e la riduzione delle emissioni climalteranti, ma se la prende curiosamente con la più trascurata e bistrattata delle fonti sorelle: l’energia rinnovabile. Le energie rinnovabili - afferma Ricci - hanno canalizzato in Italia negli ultimi 25 anni “risorse davvero immani” (sic!) ma i risultati sono stati deludenti: il peso delle rinnovabili è cresciuto assai poco, i costi di produzione elettrica sono oggi ancora più elevati di quelli di qualsiasi altra fonte. Citando stime comunitarie, Ricci afferma che non vi sono prospettive incoraggianti di crescita nemmeno nel futuro: il loro ruolo è “destinato a rimanere marginale anche in una prospettiva di medio - lungo termine”. Un esempio illuminante è la situazione che si è venuta a creare in Campania: da molti mesi ormai l’attuazione del Piano per i rifiuti regionale è vanificata dal rifiuto delle comunità locali ad accettare la costruzione dei termovalorizzatori. I comitati di cittadini delle città interessate (in particolare Acerra) tramite occupazioni di suolo, cortei, interruzione di strade e ferrovie, sono riusciti finora ad annullare i tentativi delle Istituzioni e dei Commissari di governo succedutisi nel tempo di imporre con la forza la realizzazione degli impianti. Le forze politiche, incapaci di gestire una situazione in cui non si sa con chi e come negoziare una ipotesi di soluzione del conflitto, si dividono e qualcuno all’interno della maggioranza regionale di centrosinistra (Verdi, Rifondazione) comincia a parlare di dimissioni del governatore Bassolino con conseguente apertura della crisi nel governo regionale. Ecco quindi un caso in cui l'accettabilità sociale diviene un elemento di destabilizzazione del quadro politico e la gestione dell’emergenza rifiuti un banco di prova per la giunta campana. Il coordinamento ‘Scanziamo le scorie’ bloccò per settimane strade e ferrovie, organizzò presidi permanenti del sito, migliaia di persone si recarono a Roma dove nella Piazza di Montecitorio esposero pacificamente cartelli e raccolsero le firme di solidarietà della popolazione della capitale. Il risultato costrinse il governo a fare marcia indietro e a rimangiarsi la decisione presa. Io chiedo a coloro che pensano che sia facile il ritorno al nucleare: credete che la risposta della popolazione di Scanzano sarebbe stata diversa se invece che di un deposito scorie si fosse trattato di costruire una centrale nucleare? |