Come costruire una città a misura di sostenibilità

La sostenibilità è stata definita in vari modi e in vari contesti. In genere, sono stati usati termini che esprimono un monito a non fare azioni che, in termini di qualità ambientale e di disponibilità delle risorse naturali, potrebbero danneggiare in modo irreversibile le generazioni future. Io preferisco una definizione più attiva, che invita a operare piuttosto che a non fare; dunque a “mantenere la qualità della vita senza superare i limiti della capacità di carico degli ecosistemi interessati” (la definizione è del Wwf).
Determinare e mantenere la qualità della vita a un dato livello di sostenibilità per tutte le componenti di un ecosistema è un compito estremamente difficile, al quale deve dedicarsi non solamente chi governa, ma anche gli stessi partecipi del sistema. Per fare un esempio, non bastano le normative e le regole imposte dalle autorità per rendere più sostenibile la mobilità in una città, occorre anche una grande collaborazione da parte dei cittadini.
Tornando alla definizione di sostenibilità, si può notare come una data popolazione che opera, si muove e vive in un territorio, carica il territorio stesso con tutto il peso delle azioni che servono a soddisfare le proprie esigenze. Imprime quindi una “impronta ecologica” che non può e non deve superare i limiti della capacità di sopportare tale impronta che gli ecosistemi coinvolti possono avere.

L’aspetto singolare della sostenibilità nelle città è che la popolazione, costipata entro i confini del territorio, spesso carica se stessa col proprio peso in modo intollerabile, divenendo artefice e vittima di un’impronta ecologica che sicuramente può raggiungere e superare i limiti dell’accettabilità. Si pensi al pendolarismo quotidiano e alle sue conseguenze.
Il peso di una popolazione non grava dunque solamente sulle risorse disponibili, come aria, acqua, energia, trasporti, sanità, sicurezza - incidendo su qualità, affidabilità e disponibilità - ma anche di riflesso sull’integrità della salute fisica e psichica delle persone. Da ciò la spirale dell’invivibilità, fonte di un crescente disagio collettivo che può anche portare a comportamenti anormali o asociali. La sostenibilità è dunque un obiettivo sempre più importante e sempre più sentito da chi ha il dovere di operare per il bene dei cittadini.
Una città è tanto più sostenibile quanto migliore è la qualità della sua aria. Pur essendo questa una condizione necessaria ma non sufficiente, la qualità dell’aria si presenta come il problema principale, anche perché può essere misurata e caratterizzata con parametri sia qualitativi sia quantitativi. Com’è noto, essa è oggetto di normative ed è misurata sistematicamente per consentire le valutazioni sul grado di inquinamento e le decisioni delle autorità per interventi di mitigazione.

Praticamente tutte le città dei Paesi industrializzati stanno affrontando con crescente preoccupazione il continuo decadimento della qualità dell’aria e in genere della salubrità dell’ambiente urbano. Negli anni passati l’attenzione principale era rivolta alla presenza di inquinanti chimici, generalmente gassosi, immessi nell’aria delle città da innumerevoli caldaie per il riscaldamento degli edifici e dagli scarichi dei veicoli mossi da motori termici, che in misura crescente negli anni hanno invaso il territorio urbano. A Milano e provincia il monitoraggio degli inquinanti nell’aria era iniziato già negli Anni ’60 con la misura dell’anidride solforosa (SO2) e delle polveri totali sospese (PTS). Allora, mentre il traffico veicolare non molto intenso poco influiva nell’inquinamento dell’aria, il riscaldamento urbano, ottenuto principalmente con carbone minerale e oli pesanti, contribuiva in modo drammatico alla presenza degli ossidi di zolfo. I quali, oltre che a formare le piogge acide che avvelenano la vegetazione e corrodono i monumenti, provocano ai cittadini affezioni bronchiali e polmonari molto dannose alla salute.

La progressiva sostituzione dei combustibili altamente inquinanti con soluzioni a minore impatto ha gradualmente eliminato la presenza dell’anidride solforosa e delle polveri più grossolane. Un contributo importante a favore della qualità dell’aria è stato dato anche dalla graduale introduzione del gas naturale come combustibile per il riscaldamento urbano. Questo si è verificato non solo a Milano, dove la metanizzazione della rete di distribuzione è avvenuta in un lungo arco di tempo, dal 1983 al 1993, ma praticamente in tutte le città italiane dove le reti di metano furono installate già a partire dagli Anni ’70. Tuttavia, nell’atmosfera urbana si è rilevata la presenza di numerosi altri inquinanti che dagli Anni ’80 sono stati assunti come indici della qualità dell’aria.
Tali inquinanti sono costantemente misurati dalle centraline di controllo installate nei punti più rappresentativi delle grandi città italiane. Pressoché regolarmente sono oggi misurati gli ossidi di azoto (NOx), il monossido di carbonio (CO), l’ozono (O3), il benzolo, la frazione inalabile di polveri (PM10) e la frazione respirabile delle polveri (PM2,5). Il fatto che queste sostanze siano presenti in quantità elevate lungo tutto l’arco dell’anno, conferma che la loro causa principale va ritrovata nel traffico veicolare. Durante il semestre freddo il riscaldamento urbano può dare il suo contributo di inquinamento; ma non sposta sensibilmente i valori medi annuali. L’effetto del traffico è infatti presente per tutto il periodo annuale e può trovare eventuale mitigazione solo durante la rarefazione dovuta ai periodi festivi, quando parte dei residenti si allontana dalla città e il pendolarismo quotidiano diminuisce.

È bene però ricordare che l’accumulo di tali sostanze nell’aria dipende sia dall’altezza rispetto al suolo alla quale vengono rilasciate, sia dalle condizioni microclimatiche (pressione atmosferica, umidità, temperatura, gradienti termici, intensità della luce solare), sia dalla modalità di combustione.
Altro elemento fondamentale: i composti inquinanti sono molteplici e il loro impatto sulla salute – in alcuni casi – è stato definito in tutta la sua gravità solo di recente. Se, ad esempio, la presenza degli inquinanti più tradizionali come l’anidride solforosa e le polveri totali sospese è effettivamente diminuita, con indubbi vantaggi per la salute umana, nel frattempo sono saliti alla ribalta altri “pericoli” che oggi tendono a preoccupare di più.
Così oggi in una città come Milano – ma lo steso vale per altri centri urbani italiani densamente abitati e trafficati - gli inquinanti che superano gli obiettivi di qualità o di standard sanitari sono: l’ozono, le polveri sottili, il monossido di carbonio e il biossido di azoto (NO2). Negli ultimi anni, inoltre, alle limitazioni nei confronti delle emissioni inquinanti si è aggiunta quella relativa all’anidride carbonica, che inquinante non è, però ha influenza sui cambiamenti globali del clima e quindi, pur riguardando un sistema molto più ampio e delocalizzato, può riportare sugli abitanti delle città gli effetti dannosi di calure eccessive, di piogge violente o di marcate instabilità meteorologiche. Da ciò lo sviluppo di programmi operativi e la promozione di tecnologie per contenere sia i classici inquinanti chimici, sia l’anidride carbonica.

Come è noto, all’origine delle sostanze che condizionano la qualità dell’aria c’è il processo di combustione che rilascia i suoi prodotti in atmosfera. L’effetto finale può essere più o meno negativo a seconda della natura chimica di tali prodotti. È altrettanto noto che per difendere la qualità dell’aria è necessario non solo ridurre in termini assoluti la quantità di inquinanti rilasciati, ma anche modificarne la composizione chimica, che dipende dalla natura del combustibile e dalla modalità di combustione. La combustione, schematizzabile come la reazione chimica fra un combustibile e l’ossigeno presente nell’aria, sta alla base della produzione di energia utile sia negli impianti stazionari, per la produzione di energia termica o elettrica, sia in quelli mobili costituiti dai motori termici che muovono i veicoli.
In quanto dipendenti per il proprio funzionamento quasi completamente da processi di combustione, i due comparti ai quali è necessario dedicare ogni attenzione per ridurre gli effetti negativi sulla sostenibilità sono il traffico - che attiene al capitolo della mobilità urbana - e il riscaldamento, che attiene a quello del benessere fisico dei cittadini.
In ogni sistema urbano si è sempre cercato di stabilire quale sia il peso relativo degli effetti dell’uno e dell’altro comparto sulla qualità dell’aria. Oltre alle considerazioni già fatte in precedenza (l’impatto differente nell’arco dei dodici mesi delle due fonti, la variabilità dovuta alle caratteristiche morfologiche e climatiche della città, il posizionamento delle sergenti e così via) va aggiunto che il peso relativo di ciascuno dei due comparti dipende molto dalle soluzioni strutturali adottate per il riscaldamento urbano. La pianificazione energetica del territorio ha reso attuabili sia la metanizzazione delle reti e del riscaldamento urbano, sia l’adozione di soluzioni impiantistiche basate sulla distribuzione centralizzata del calore spesso prodotto in cogenerazione. Per la mobilità, sono proprio i provvedimenti strutturali a dover essere adottati, giacché quelli occasionali e di emergenza non sono in grado di dare risultati positivi durevoli.
Per queste ragioni, città che godono di sistemi di riscaldamento più progrediti, subiscono gli effetti negativi delle emissioni da traffico tanto da dover assumere provvedimenti di emergenza né più né meno rispetto a quelle città che in misura minore hanno innovato in quel campo.

L’obiettivo di migliorare la qualità dell’aria, limitando quantità totali e modificando la composizione chimica degli elementi, è perseguito in vari modi e sarà perseguito con soluzioni che in prospettiva appaiono molto più risolutive di quelle attuali. Le tecnologie che contribuiscono a mitigare gli effetti della combustione partono dalla realizzazione di sistemi di crescente efficienza (meno combustibile per la stessa energia utile, dunque minima quantità di inquinanti rilasciati), per giungere alla progressiva introduzione di combustibili (riscaldamento) o carburanti (mobilità) intrinsecamente meno inquinanti, cioè meno soggetti a rilasciare sostanze dannose.
Nel comparto delle auto, oltre ad avere eliminato dalla benzina il tossico tetraetile di piombo, è in atto una graduale penetrazione del gasolio attraverso l’adozione di motori a ciclo diesel. È anche in fase di avvio un processo più coraggioso di metanizzazione degli autoveicoli.
In sintesi, per ottenere i risultati sopra citati, si può contare su tecnologie più aggiornate che riguardano:

  • I sistemi di produzione. Dalle caldaie per produzione termica sempre più efficienti, a impianti di cogenerazione di energia elettrica e calore con caratteristiche e taglie quanto mai diverse, in grado di rispondere alle esigenze degli utilizzatori. È da ricordare che la cogenerazione consente di raggiungere efficienze elevatissime nell’uso delle fonti primarie.
  • I sistemi energetici. Proprio la disponibilità dei tipi di impianti citati consente una diversificazione delle fonti primarie da utilizzare, consentendo di aggiungere all’uso dei combustibili tradizionali anche quelli appartenenti alla categoria delle biomasse, che sono considerate fonte rinnovabile. Con queste ultime si persegue in modo naturale il contenimento delle emissioni di anidride carbonica raccomandato dal Protocollo di Kyoto.
    Per parlare poi delle prospettive a lungo termine, concludo con la menzione di un argomento che negli ultimi anni ha avuto una pubblicità crescente e che ormai è sulla bocca di tutti. Si tratta dell’impiego dell’idrogeno. Ma di questo abbiamo già parlato e – certamente - ne parleremo ancora.