Il Giappone porta in carrozza la filosofia della puntualità

da Tokio

Qualche mese fa nelle agenzie di stampa di tutto il mondo veniva battuta la notizia del nuovo straordinario record di puntualità del treno superveloce giapponese Shinkansen, letteralmente “treno proiettile”. In un intero anno erano stati accumulati in totale solo 12 secondi di ritardo. Il ritardo, riportato anche dai quotidiani italiani come uno dei tanti fatti curiosi del Paese del Sol Levante, era stato reso noto dal Central Japan Railways, gestore privato delle linee superveloci che collegano Tokyo alle maggiori aree urbane del centro e del sud del Paese: Kyoto, Osaka, Kobe e Hiroshima, fino all'isola meridionale di Kyushu. Il portavoce della compagnia si è scusato per tale ritardo aggiungendo che l’obiettivo sarà quello di arrivare a zero secondi negli anni a venire. Infatti, questo ritardo non è un caso isolato ma si ricollega ai record precedenti di puntualità che erano stati di 24 e 18 secondi, rispettivamente nel 1997 e nel 2001. La manifestazione di puntualità è ancora più incredibile se si tiene presente che tra Tokyo e Osaka, distanti circa 500 chilometri, i “proiettili” raggiungono la velocità di 280 chilometri orari. Tale linea tra la capitale e Osaka, inaugurata nel lontano 1964 in occasione delle Olimpiadi di Tokyo, è stata anche la prima linea di treni ad alta velocità di tutto il mondo e oggi collega più di mille e cinquecento chilometri di Paese.
Per fare un ardito confronto e non toccare quindi i ritardi accumulati dalle nostre ferrovie, basta pensare che nei principali aeroporti dell’Unione europea il 35 per cento dei voli subisce comunemente un ritardo di almeno 15 minuti. In linea generale è risaputo che la congestione del traffico e i ritardi fanno aumentare il consumo di carburante e fanno crescere l’inquinamento; il solo settore dei trasporti produce il 28 per cento delle emissioni di anidride carbonica (CO2) nell’Unione europea e di questa quantità l’84 per cento è generata dai veicoli stradali mentre il 13 per cento proviene dagli aerei. Sempre in linea generale, pur registrando una diminuzione delle emissioni di CO2 da parte delle industrie, quelle prodotte dai trasporti nell’Unione europea aumenteranno, seguendo l’attuale tendenza, di oltre 40 punti percentuali rispetto ai livelli del 1990 in un orizzonte di medio/lungo periodo.

In Giappone, invece, bastano solo 12 secondi. Bastano appunto 12 secondi - forse lo stesso tempo impiegato per leggere velocemente questo paragrafo - per avere un corretto approccio ai locali mezzi di trasporto e alla filosofia che lega i giapponesi al movimento (collettivo) e all’ambiente.
Il protagonista del romanzo Sorekara, dello scrittore Soseki Natsume, che forse ha saputo meglio cogliere questa realtà e analizzare le varie sfumature della cultura Orientale e di quella d’Occidente, dice: “L’angoscia dell’uomo deriva dal progresso della scienza. Essa avanza senza posa e non ci dà un attimo di tregua. Dall’andare a piedi al risciò, dal risciò alla carrozza, dalla carrozza al dirigibile, all’aereo e così via, senza che ci si possa fermare a riposare. Nessuno può dire dove finiremo. È terribile”. Già da queste poche righe l’autore sembra cogliere in modo molto preciso un sentimento comune, avvertito istintivamente dai giapponesi, in cui il minimo comune denominatore non espresso chiaramente è che la direzione della civiltà, come la conosciamo, può essere una minaccia all’ambiente.
Alla luce di questo, noi europei e noi italiani, siamo sicuri di essere rimasti indietro di soli 12 secondi? Forse. Ma analizziamo con ordine i vari settori dei trasporti e cerchiamo di capire dove abbiamo accumulato il vero ritardo.
Il servizio passeggeri delle ferrovie nipponiche trova il suo inizio nel 1872, con una locomotiva a vapore che collegava la stazione Shimbashi di Tokyo a Yokohama, città portuale vicina. Solo dopo pochi anni il collegamento si estese anche alle altre principali città sfruttando la vecchia direzione Tokaido (itinerario orientale sul mare). Già nel 1889 un giapponese poteva viaggiare in treno da Tokyo a Osaka impiegando 20 ore per un viaggio di ben 500 km. La successiva introduzione di treni più veloci ha ridotto però questo tempo a 7 ore per arrivare oggi, appunto con lo Shinkansen, a meno di tre ore.
Dal 1987, a seguito della privatizzazione e dalla suddivisione in agenzie regionali, la Japan National Railways (JNR) ha continuato a funzionare per assicurare il trasporto dei passeggeri e attualmente, le società concessionarie sono le sei aziende ferroviarie regionali del gruppo Japan Railway (JR) insieme ad altre aziende private affiliate. L’attuale livello di servizio comprende circa 20 mila chilometri di binari con una media di 0,33 chilometri ogni mille persone. Nelle quasi 1.700 stazioni della sola East Japan Railway Company, una delle sei aziende regionali, transitano giornalmente più di 12 mila treni e, nei primi tre mesi dell’anno, questa rete viene utilizzata da circa 160 milioni di passeggeri. Per chiarire qual è la portata di questo comparto forse è utile dire che la Divisione Passeggeri della società di trasporto del gruppo italiano delle Ferrovie dello Stato, Trenitalia S.p.A, nel suo insieme riesce a servire solamente 80 milioni di passeggeri all’anno.

Con lo sviluppo delle attuali metropoli giapponesi, molte compagnie ferroviarie hanno spostato gradualmente la loro attenzione alla sola funzione del trasporto passeggeri dalle cinture interurbane a quelle urbane. Infatti, anche a causa dei prezzi eccessivamente elevati delle case in città, molti giapponesi si sono dovuti spostare verso i sobborghi alla ricerca di alloggi a prezzi accessibili e oggi più del 70 per cento dei lavoratori arrivano in città utilizzando questo mezzo.
Al contempo, come riportato dalla “Relazione sull’andamento della gestione dell’esercizio 2003” a cura di Trenitalia, il traffico ferroviario italiano ha subito una flessione nel numero di viaggiatori per chilometro percorso pari all’1,6 per cento, acutizzando l’andamento generale europeo in cui si vede appunto una diminuzione del comparto viaggiatori su rotaia (attorno allo 0,7 per cento), e di quello merci (meno uno per cento), a fronte dell’aumento del traffico del settore autostradale (+3,2 per cento), del settore aereo nazionale (+7,2 per cento) e internazionale (in crescita di oltre dieci punti percentuali).
Sempre per risolvere il problema dei trasporti e dell’inquinamento, ben nove città in Giappone si sono dotate di una fitta rete di metropolitana. Il primo tratto di metropolitana costruito è in assoluto quello di Ginza, un quartiere di Tokyo oggi conosciuto per lo shopping particolarmente costoso, che ha cominciato ad essere in servizio dal 1927. Adesso, nella sola città di Tokyo, ci sono 13 linee di metropolitana, per un estensione di 180 chilometri, suddivise in 168 stazioni posizionate in ogni circoscrizione della città. I quasi 6 milioni passeggeri che ogni giorno utilizzano la grande “emme bianca a forma di cuore” della Tokyo Metro possono trovare inoltre una fittissima rete superficiale di collegamenti che si estendono ad ogni periferia.
È anche vero che, per gli indubbi vantaggi dei mezzi di trasporto collettivi, inclusi il rendimento energetico e il basso impatto ambientale, nelle infinite aree metropolitane le ferrovie svolgono ancora un ruolo che privilegia il trasporto passeggeri rispetto al trasporto merci. Di conseguenza, la JR e le altre aziende ferroviarie private, continuano a sviluppare sempre nuove linee e allargare le vie esistenti per aumentare la capienza del sistema.

Al di là del trasporto passeggeri su rotaia bisogna anche aggiungere che il Giappone possiede più di un milione di chilometri di highways (autostrade, superstrade, strade a scorrimento veloce) di cui oltre 600 chilometri senza pedaggio. Il confronto con la situazione italiana è, anche in questo caso, sconfortante per la situazione di fondo del nostro Paese.
Nel 1899 il Giappone importava la prima automobile e dopo soli tre anni la produzione nazionale cominciò ad ingranare la marcia producendo autovetture: tra il 1960 e il 2000 il numero di autoveicoli registrati si è sviluppato da 2 milioni a più di 52 milioni. La costruzione delle superstrade, partita anch’essa negli anni Sessanta con il primo collegamento da Nagoya a Kobe, ha dovuto affrontare molte sfide, quali la natura del terreno, la creazione di grandi agglomerati abitativi vicino alle fabbriche, l’importazione delle materie prime e delle fonti energetiche, i prezzi elevati dei terreni e, non ultimo, l’alto numero di scosse sismiche. È anche a causa di questi problemi che si possono intuire le motivazioni per cui le tasse sugli autoveicoli, le autostrade, e tutti i settori attinenti, si rivelano eccessivamente alte ed è per questo che i governi hanno sempre agevolato la ricerca e lo sviluppo nel campo degli Environmentally Sustainable Transports (EST) promuovendo, nello stesso tempo, forti incentivi fiscali per mezzi a gas, elettrici e ibridi.
Inoltre, benché i giapponesi abbiano dovuto attendere il 1951 per riavere l’autorità dal Supreme Commander of the Allied Powers (SCAP) sulle proprie linee aeree, negli ultimi vent’anni il numero di passeggeri delle linee aeree nazionali è aumentato oltre il 41 per cento mentre quello internazionale si è sviluppato del 30 per cento.
Ulteriore impulso si è avuto a partire dal 2003 con l’apertura del nuovo aeroporto internazionale di Tokyo, anche conosciuto come l'aeroporto di Narita o Tōkyō Kokusai Kūkō. Questo è oggi servito da 58 compagnie aeree che lo collegano direttamente a circa 100 città di 45 paesi in tutto il mondo. Inoltre, l’aeroporto è sfruttato annualmente da circa 30 milioni di passeggeri (l’ottavo al mondo per numero di persone trasportate) e da 2 milioni di tonnellate di merci (secondo in ordine di merci movimentate) con circa 2 partenze ogni cinque minuti.
Gli appassionati di quegli agili ed economici volumi di fantascienza che uscivano molti anni fa con il nome di “Urania” si ricorderanno una prefazione in cui si diceva che “…una città è l’accumulo di una diversità di capitale sociale. L’accumulo nella diversità è un fattore importante. È una questione di proporzioni, cioè di dimensioni”.
Alla luce dei 12 secondi di ritardo accumulati dallo Shinkansen e, come abbiamo visto, dalle “dimensioni” messe in movimento giornalmente dentro la Grande Tokyo si può capire come un’attenta indagine sul sistema dei trasporti rifletta lo “spirito Giappone” più di molti altri tipi di analisi. L’anima di Yamato, uno dei nomi più antichi per il Giappone, rivive ogni volta che il capo treno comunica al microfono se il convoglio è arrivato in perfetto orario o se ci sono dei ritardi. Infatti, le rarissime volte che i ritardi ci sono, le parole di scuse che vengono immancabilmente offerte dalla compagnia ai passeggeri sono sempre più lunghe del ritardo stesso.