Il ritorno in Italia? Un'impresa ostacolata da molte incertezze |
di Sergio Vaccà Vorrei precisare che, se accetto di intervenire nel dibattito, è perché mi dà il modo di chiarire la discutibilità della proposta di Berlusconi. Resta peraltro da osservare che una ripresa dello sviluppo nucleare comporta – come osserva G.B. Zorzoli – di misurarsi con il rischio della proliferazione, sia di ordigni nucleari sia di bombe sporche. La cosa evidente è che, nella misura in cui il nostro Paese diventasse una potenza nucleare, si verrebbe di fatto a creare una situazione che spingerebbe ad usare impianti e combustibile nucleari in guisa da rappresentare un aspetto ineludibile della politica internazionale.
Al tempo stesso penso, però, che la ripresa dell’impegno nucleare nel nostro Paese potrà avvenire solo accettando di legarlo a quello di Paesi come Francia o Germania, che potrebbero anche accettare, per diverse ragioni, un accordo-intesa di condivisione con l’Italia. Cosa che starebbe comunque ad indicare, specie nella fase iniziale, una sostanziale soggezione del nostro sforzo nucleare e dei suoi possibili sviluppi in campo politico ed economico ad alcuni grandi Stati. La proposta Berlusconi verrebbe dunque a sottolineare l’esigenza di un’esplicita dipendenza del futuro nucleare dell’Italia dalle specificità dell’impegno francese o tedesco (o di altre nazioni), con tutte le conseguenze economiche e politiche del caso. Questo perché il nostro Paese non può farcela solo con le proprie forze, cioè senza il fattivo coinvolgimento di industrie nucleari straniere e dell’esperienza avanzata formatasi nei rispettivi Paesi. È proprio questo l’aspetto che suscita le maggiori perplessità: la proposta ha un significato preciso se si completa con una politica di fattiva collaborazione con esperienze nucleari straniere, il che sembra rappresentare un impegno di non poco conto che comporta nell’immediato anche un’inevitabile dipendenza del nostro Paese dalle altre potenze nucleari. Quando in Italia si propone una ripresa dello sviluppo nucleare significa dunque aprire una prospettiva di intensa collaborazione internazionale fra le industrie dei diversi Paesi. La ripresa nucleare solleva pertanto un problema di politica industriale nazionale (e internazionale) non facile da risolvere, ma che non può essere eluso. La Commissione terminò i lavori, sia pure fra pareri contrastanti, non richiamando però in alcun modo l’esigenza di salvaguardare le strutture di ricerca e il patrimonio conoscitivo esistente. Ciò accadde perché una parte degli studiosi e dei tecnici che facevano parte della Commissione si rendeva disponibile ad assecondare la scelta di abbandonare il nucleare da parte di alcune delle forze politiche, che in quel momento governavano il Paese. Aggiungo che il fatto di connettere la ripresa del nucleare italiano ad aspetti decisivi della politica industriale internazionale è l’ulteriore e forse più importante dimostrazione delle difficoltà, dei costi, delle risorse che si devono impegnare per tentare di attuare il rilancio del nucleare patrocinato da Silvio Berlusconi. La proposta di rilancio del nucleare del Presidente del Consiglio si presenta dunque come un’iniziativa che inevitabilmente sollecita forme di collaborazione internazionale che vedono però il nostro tessuto produttivo fondamentalmente inadeguato. Il che si traduce in tempi molto lunghi per consentire al Paese di rimettersi in gioco. La proposta Berlusconi rischia pertanto di non raggiungere i risultati previsti, dimostrando che la ripresa del nucleare per l’Italia rappresenta una scelta di politica industriale che si potrebbe anche definire non più alla portata del capitalismo italiano e in ogni caso destinata a scuotere profondamente le strutture produttive del nostro Paese. È da questa trasformazione che si genera il potenziale di sviluppo dell’energia nucleare. Il fatto che lo sviluppo del nucleare solleciti la collaborazione internazionale con altre imprese conferma ulteriormente la necessità di investire risorse finanziarie rilevanti per essere in grado di coinvolgersi in modo efficace nella collaborazione scientifica internazionale.
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