Il "risveglio esplorativo" degli idrocarburi in Italia

a cura di Salvatore D'Andrea, presidente Settore Idrocarburi e Geotermia (Assomineraria)

Alcuni segnali di "risveglio esplorativo" nel corso del 2004 e del 2005 e alcune prospettive incoraggianti per i prossimi anni: questo è il riscontro nell'attività di ricerca e produzione di idrocarburi in Italia da parte delle oltre venti società petrolifere che operano sul territorio nazionale. Il tutto in un quadro di produzione domestica che vede un decremento costante di produzione nazionale, soprattutto di gas: dagli oltre 20 miliardi di Sm3 nel 1995 ai 12,9 miliardi nel 2004; mentre per il petrolio nello stesso periodo - dopo il massimo del 2002 con oltre 40 milioni di barili - siamo stabili su circa 39 milioni di barili.

Rispetto ai fabbisogni nazionali tali produzioni rappresentano nel 2004 il 16% per il gas e il 6% per l’olio, lasciando il resto all’importazione dai Paesi produttori, soprattutto ex Unione Sovietica, Olanda e Nord Africa.
L’Italia dal punto di vista della ricerca è un Paese maturo, dopo oltre 50 anni di prospezioni esplorative e produzione in terra e mare, essendo stato il primo Paese dell’Europa occidentale a lanciarsi in tale attività, appena dopo la Seconda guerra mondiale.
Risulta conseguente che il numero dei pozzi esplorativi è andato calando nel tempo. Negli ultimi 10 anni siamo infatti passati dai 27 del 1995 alla previsione di 15 pozzi esplorativi nel 2005, con il minimo storico di 8 pozzi nel 2002 e la piccola ripresa del 2003 (10 pozzi). Il trend in crescita sembra però poter essere confermato a breve–medio termine. I nuovi investimenti annuali delle compagnie petrolifere operanti sul territorio nazionale hanno risentito di alcuni fattori che non possono essere disconosciuti, ancorché i bacini sedimentari italiani siano stati ampiamente esplorati.

Ciò non significa che non rimanga ancora molto da fare. Da un lato le riserve rimanenti recuperabili assommano a 175 miliardi di Sm3 di gas e a 758 milioni di barili di petrolio, con riserve potenziali aggiuntive di 120-200 miliardi di gas e, secondo una ottimistica previsione, sino a 2,7 miliardi di barili di olio.
Dall’altro lato, ipotesi geologiche da verificare - i significativi ritrovamenti della Basilicata costituiscono un primo riscontro positivo - stanno indirizzando la ricerca verso nuove frontiere: la catena appenninica peninsulare e siciliana profonda, l’offshore ionico in acque ultraprofonde di giurisdizione italiana, verso la Grecia e l’Albania.
Tutto ciò in un panorama internazionale estremamente competitivo e concorrenziale. Basterebbe pensare all’apertura avvenuta negli ultimi dieci anni di vaste aree delle ex Repubbliche sovietiche, dove fra l’altro un consorzio - di cui è operatore l’Eni - ha scoperto l’unico “giant” degli ultimi vent'anni: il giacimento di Kashagan, in Kazakhstan nel nord-est del Mar Caspio, con riserve stimate di 13 miliardi di barili.

Né bisogna dimenticare comunque che il contributo alla bilancia italiana dei pagamenti risulta per il 2004 del valore di circa 3,5 miliardi di euro; un apporto quindi non indifferente, dietro il quale c’è un know-how permanentemente all’avanguardia, che allinea l’industria italiana del settore - sia per quanto riguarda le oil company, sia per quanto riguarda le società fornitrici di servizi e di tecnologie - a quelle dei Paesi più avanzati.
I dati di riferimento tecnico non possono però far dimenticare il quadro normativo-procedimentale nel quale le oil company si devono muovere in Italia.
Ampiamente disincentivante se confrontiamo i tempi del “time to market” italiani, ulteriormente aumentati dalla devolution post 1999, che sono quasi il doppio della media mondiale dall’inizio dell’attività esplorativa alla prima goccia di olio o metro cubo di gas da immettere sul mercato. Più di dieci anni per l’Italia, meno di sei anni la media per le altre nazioni.

Un segnale incoraggiante è costituito dalla recente Legge 239/04 sul riordino del settore energetico. La Legge Marzano è infatti intervenuta sulle competenze “concorrenti” tra Stato e Regioni, individuando un percorso autorizzativo che lascia ben sperare. L’affacciarsi sul nostro mercato di alcune società straniere medio-piccole - che hanno ottenuto permessi di ricerca in alcune regioni italiane, Sicilia compresa - anche se non può essere considerato un effetto delle nuova legislazione, può comunque apparire una fortunata coincidenza.
Si tratta ora di verificare sul campo la norma, in uno stretto coordinamento tra Stato e Regioni. Gli operatori petroliferi operanti in Italia, tramite Assomineraria, stanno dando il loro contributo con incontri, tavoli tecnici, e una serie di work-shop che spiegano in dettaglio le attività del settore, anche in materia di salute e sicurezza operativa e ambientale. Argomenti questi ultimi per i quali giustamente le amministrazioni centrali e regionali rivelano una particolare sensibilità.
Queste le prospettive tecniche e le prospettive normative. Un po’ di ottimismo è di rigore. Lo sblocco definitivo del progetto di sviluppo del campo di Tempa Rossa, dove opera Total con Shell ed Esso, con produzione prevista di 50.000 barili/giorno potrebbe essere un ulteriore segnale che il tempo si mette al bello per l'attività di Esplorazione & Produzione in Italia.