CCUS in salsa danese

CCUS in salsa danese

di Carolina Gambino

SEPPUR LENTAMENTE, LA CARBON CAPTURE È RIUSCITA A FARSI STRADA TRA LE PROPOSTE SALVACLIMA. UN NUMERO CRESCENTE DI PAESI LA INCLUDE NEI PROPRI PIANI, PRENDENDO ATTO CHE ALCUNE PRODUZIONI IN CUI LA CO2 È SOTTOPRODOTTO, SCARTO O EFFETTO COLLATERALE SONO DESTINATE A RIMANERE CON NOI FINO A DATA DA DESTINARSI. LA RICETTA DELLA DANIMARCA

Spinta dal revival globale, la Danimarca lancia senza indecisioni la propria ricetta per rendere appetibile ai palati europei il piatto finora meno ordinato
dal menu anti-emissioni: la CCUS. A realizzare la visione dello chef serviranno una brigata capace e motivata, una solida rete commerciale e non da ultimo il favore dei critici. Molto bolle già in pentola nelle ben attrezzate cucine danesi: saranno lasagne o biscotti?

In cucina non si butta via niente
Un po’ come è accaduto alle mie aspirazioni culinarie, quella della CCUS – cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio – è stata finora una storia di aspettative deluse: la testuale e onesta ammissione apre il Capitolo 1 dello Special Report IEA 2020 dedicato al ruolo di questa tecnologia nella transizione verso l’energia pulita. Nella roadmap for CCUS 2009 la IEA
fissava in 100 il numero globale di progetti su larga scala da realizzare tra il 2010 e il 2020 per stoccare i 300 milioni di tonnellate di CO
2 annui necessari
al raggiungimento degli obiettivi climatici.

Bilancio magro, quello del 2020. La capacità raggiunta è pari a 40 Mt l’anno, appena il 13 per cento del totale, affidato ai 21 impianti effettivamente realizzati sui 100 auspicati (28 nel 2022, secondo i dati IPCC). Lungo il decennio indicato, nella CCUS si è investito ogni anno lo 0,5 per cento scarso del totale destinato globalmente alle tecnologie per un’energia più pulita ed efficiente.

Lentezza è la parola che ha caratterizzato lo sviluppo della CCUS: assente nei ristoranti più in voga, non ha innescato alcuna corsa ad accaparrarsi una prenotazione nelle strategie climatiche globali. A lungo è rimasta la scelta di un ristretto numero di avventori dei locali caratterizzati da una cucina tradizionale. È proprio da lì, tuttavia, che arriva la spinta a ripescare quanto di buono può offrire nel rinnovato approccio integrato alla gestione del carbonio.

Seppur lentamente, è riuscita a farsi strada tra le proposte salvaclima dei più recenti scenari, orientamenti e roadmap pubblicati da IEA, IPCC, e UE, nel passaggio dalla carbon neutrality al più ampio net-zero. Forti di una rinnovata consapevolezza (e un pizzico di rassegnazione?), un numero crescente di Paesi include la CCUS nei propri piani, prendendo atto che anche per ragioni socioeconomiche, industriali e politiche (dai settori hard-to-abate alla geopolitica dell’energia, dal Covid alla crisi economica) alcune tipologie di produzione, energetiche e non, di cui la CO
2 è sottoprodotto, scarto o effetto collaterale sono destinate a rimanere con noi fino a data da destinarsi. [...]

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