Energy poverty: in euro, in kilowattora o a sentimento

Energy poverty: in euro, in kilowattora
o a sentimento

di Carolina Gambino

LA FOTO DELL’EUROPA ENERGETICAMENTE POVERA È ANCORA TROPPO SFOCATA. GRANDI DATABASE E DEFINIZIONI GENERICHE NON RIESCONO A DARLE UN VOLTO, I CUI CONNOTATI CAMBIANO A SECONDA DELLA PROSPETTIVA.
SE LA BELLEZZA È NEGLI OCCHI DI CHI GUARDA, LA POVERTÀ ENERGETICA È NEL METRO DI CHI MISURA


Aggiungi un posto a tavola
Supponiamo decidessimo, in un impeto filantropico, di ospitare e rifocillare un gruppo di persone in difficoltà a causa di una grande crisi. In mancanza di evangelici poteri di moltiplicazione delle risorse, sembrerebbe sensato sapere se gli ospiti sono 36, 50 o 125. Non conoscerne il numero (ragionevolmente) preciso lascerebbe una larga fetta del gruppo senza sedia, senza piatto o senza entrambi. Da padroni di casa, la situazione sarebbe estremamente delicata, specialmente se l’emergenza fosse seria e dal nostro intervento dipendesse il benessere degli ospiti non solo nel momento attuale, ma negli anni a venire: a questo punto non staremmo solamente tamponando un’emergenza.

Dovremmo poi calibrare il nostro aiuto garantendo risorse sufficienti, ma soprattutto ben indirizzate: offrire un letto a chi ha fame avrebbe poco senso. L’Unione Europea è il padrone di casa che si trova a dover dare ristoro a una moltitudine di cittadini già pesantemente provati, che improvvisamente si ritrovano anche energeticamente poveri. Non è un fenomeno nuovo, nemmeno nel Vecchio Continente; Covid e prezzi dell’energia però l’hanno esacerbato. Questa tempesta perfetta ha allargato la platea, con nuove situazioni di difficoltà che si sommano a vecchie forme specifiche di disagio e disuguaglianza e innervano il sistema socioeconomico ed energetico europeo.

Di fatto, è proprio l’interazione tra fattori vecchi e nuovi, strutturali e contingenti tra loro sovrapposti, che fa crescere i poveri dell’energia. I tempi del cambiamento e delle risposte devono accorciarsi, dunque il problema va circoscritto con maggior precisione. Ma come si definisce e come si misura la povertà energetica?

Se sostanzialmente coincidente con l’impossibilità ad accedere a servizi e prodotti energetici moderni e sostenibili nella definizione del World Economic Forum del 2010 - in questo senso facile da individuare in contesti quali l’Africa e l’Asia - nella formulazione della Commissione Europea al Citizen Energy Forum del 2016 la povertà energetica diventa “la situazione nella quale una famiglia o un individuo non sia in grado di pagare i servizi energetici primari (riscaldamento, raffreddamento illuminazione, mobilità e energia elettrica) necessari per garantire un tenore di vita dignitoso, a causa di una combinazione di basso reddito, spesa per l’energia elevata e bassa efficienza energetica nelle proprie case”.

Il concetto ricorre in diverse Direttive relative al mercato elettrico e gas, incluso il pacchetto Clean Energy for all Europeans del 2016, oltre che nella Direttiva Governance dell’Unione dell’energia e dell’Azione per il Clima del 2018 che peraltro introduce l’obbligo per gli Stati membri di calcolare il numero di famiglie energeticamente povere e riportare la valutazione nei propri Piani nazionali per l’energia e il clima.

Le Direttive di per sé però non ne forniscono una definizione concordata, condivisa e ufficiale. Fenomeno multifattoriale, multidimensionale, stratificato, nei documenti ufficiali la povertà energetica è difficile da racchiudere in una sola etichetta.

Ben conscia della mancanza, la Commissione Europea nella Raccomandazione sulla Povertà Energetica del 2020 e il relativo documento di lavoro esorta gli Stati membri a sviluppare le proprie particolari definizioni. Difficile darle un solo nome, impossibile quantificarla con un solo parametro. [...]

PER LEGGERE L'ARTICOLO COMPLETO ABBONATI ALLA RIVISTA

© nuova-energia | RIPRODUZIONE RISERVATA