Istruzione, manca una bussola formativa al passo coi tempi

Istruzione, manca una bussola formativa
al passo coi tempi

di Roberto Napoli / professore emerito Politecnico di Torino


A PAROLE, TUTTI RIPETONO IL MANTRA DELL’IMPORTANZA DI UNA SCUOLA CHE CI PORTI FUORI DALLE SECCHE DI CLASSIFICHE INTERNAZIONALI DEPRIMENTI. LA REALTÀ? CAPIRE CIÒ CHE SI LEGGE E SCRIVERE FRASI DOTATE DI SENSO COMPIUTO SONO DIVENTATI COMPITI MOLTO ARDUI PER TROPPI GIOVANI

La pandemia, i problemi energetici e i sommovimenti geopolitici hanno costretto il nostro Paese a un duro contatto con la realtà, scuotendo il torpore in cui era rimasto per decenni. Non è scontato che questo risveglio porti ad abbandonare le cattive abitudini, incrostate da tanto tempo. Le istituzioni e le strutture del Paese sono in gran parte sfilacciate, inefficienti, fuori tempo e spesso marce. Le forze contrarie a ogni cambiamento continuano a cullarsi nell’illusione di potere tirare a campare per conservare i vantaggi spiccioli di rendita. Abbiamo un sistema istituzionale concepito in un’era che ormai sembra geologica e con tutta evidenza inadatto alle necessità e alle tempistiche di una società moderna.

In questo tetro panorama, qualche timido segnale lascia filtrare barlumi di luce, continuando ad alimentare qualche fiammella di speranza. Il primo segnale proviene dall’insperata presenza di un Presidente del Consiglio autorevole, indipendente e capace, circondato però da un ambiente che mal sopporta capacità e competenza. Per la nota legge di Gresham (la moneta cattiva scaccia quella buona) è assai fondato il timore che l’assalto dei minus habentes finisca con mettere nell’angolo e liquidare questa favorevole circostanza. È gioco forza sperare che la paura del baratro fermi l’ennesima applicazione della legge richiamata.

Il secondo segnale proviene dagli studenti, che per la prima volta dopo tanto tempo hanno dato segnali di vivacità, scendendo in piazza per protestare contro gli episodi mortali verificatisi nell’alternanza scuola-lavoro. Benché la protesta sia stata estesa tout court al meccanismo in sé, l’introduzione nella formazione scolastica di un contatto con il mondo del lavoro è senz’altro da migliorare, ma non da abbandonare. È comunque da salutare con favore la riemersa capacità di reazione e di mobilitazione dei giovani, dopo tanti anni di silente assenteismo. Nel frangente attuale non si può certo chiedere loro coerenza e lungimiranza;
si svegliano dopo anni di amorfa acquiescenza e dopo il fallimento delle generazioni intermedie, che hanno lasciato sul loro groppone montagne di debiti.

Totalmente sbagliata è stata ed è la protesta contro il ripristino degli scritti negli esami di maturità. È un primo timido tentativo di correggere gli esami-burletta. Il ministro dell’Istruzione Bianchi, sin qui abbastanza anodino, è corso subito a rasserenare gli animi, lanciando in pratica il messaggio subliminale (scorretto) che alla fin fine nulla cambierà nei risultati finali. Gli scritti conteranno poco e le prove saranno fintamente selettive. D’altra parte non è facile invertire una tendenza assai consolidata contraria a ogni selezione meritocratica e ogni verifica. È anche vero che la verifica ha senso se preceduta da una ragionevole formazione e la pandemia ha condizionato i percorsi di apprendimento.
Ciò però è una circostanza contingente che prosegue un deterioramento in atto da anni. [...]


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