Affrancarsi dalla Russia, un passo alla volta ma in fretta

Affrancarsi dalla Russia,
un passo alla volta ma in fretta

di Giuseppe Gatti


CI VORRANNO TEMPO E MASSICCI INVESTIMENTI IN NUOVE INFRASTRUTTURE, MA LA MAPPA DEI FLUSSI DELL’ENERGIA PRIMARIA CHE ALIMENTANO L’EUROPA CAMBIERÀ PROFONDAMENTE E IN MODO IRREVERSIBILE, SIA NEL BREVE SIA NEL LUNGO PERIODO

Scrivo questo editoriale nella sesta settimana di guerra in Ucraina, senza alcuna cognizione ancora di quali potranno essere le conclusioni della brutale aggressione russa. In questa situazione di angosciosa incertezza alcuni punti sono però emersi in tutta evidenza e meritano qualche riflessione. In primo luogo, è sicuro che è in atto un cambiamento epocale degli assetti geopolitici mondiali e tra le conseguenze della nuova configurazione che si delinea c’è anche - e anzi è in primo piano - il modificarsi dello scenario energetico.

Non voglio banalizzare e ridurre la tragedia dell’Ucraina a un affare di petrolio o di gas, ma il ruolo di potenza della Russia si basa essenzialmente sulle commodity energetiche. Credo avesse ragione Barack Obama quando disse che la Russia oggi è una potenza regionale e non per nulla la politica di Putin in questi anni è stata tesa a recuperare un ruolo mondiale giocando su tutti gli scacchieri in cui gli è stato possibile entrare, dalla Siria alla Libia. L’influenza russa non riesce però a esprimersi se non con il ruolo delle armi e nel mondo globalizzato che divora continui upgrading tecnologici la penetrazione politica e l’ampliamento della capacità d’influenza sono assai più garantite dalle Vie della Seta, con insediamenti logistici, joint venture e partenariati, che con la capacità di spianare una città, come Groznyi o Aleppo.

Detto in altre parole, la Russia sul piano tecnologico dipende completamente dall’Occidente e dalla Cina e le sue uniche esportazioni sono assolutamente primitive: grano, mais, minerali ferrosi e soprattutto poi carbone, petrolio e gas, punto di forza e insieme tallone d’Achille di Mosca. Punto di forza, perché nell’immediato per l’Europa è difficile rinunciare a queste importazioni ed esita quindi ad adottare le sanzioni che sarebbero le più efficaci, bloccando per l’appunto l’acquisto dalla Russia del carbone, del greggio e soprattutto del gas. Dico soprattutto del gas perché costituisce la massima vulnerabilità dell’economia russa, per la rigidità della sua logistica, imperniata su di una rete di gasdotti proiettata verso l’Europa e con limitate capacità di liquefazione, queste orientate invece verso l’Asia.

Se per l’Europa insomma è quasi impossibile affrancarsi rapidamente dalla dipendenza dal gas russo, è altrettanto difficile per la Russia interrompere le sue forniture, non solo per ragioni economiche, ma insieme perché i pozzi di estrazione non si possono chiudere da un giorno all’altro, senza danneggiare i giacimenti. L’avventurismo di Putin ha però costretto l’Europa a riscoprire uno dei tre lati del trilemma dell’energia, quello della sicurezza degli approvvigionamenti, colpevolmente trascurato negli ultimi vent’anni.[...]


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