Re Rebaudengo: "Transizione energetica? Condivisione e semplificazione"

Re Rebaudengo:“La strada per la transizione energetica? Condivisione e semplificazione”

di PAOLA SESTI


Inquadrare e mettere bene a fuoco il periodo storico che l’Europa sta vivendo non è semplice, mentre è evidente come la situazione economica sia ben lungi da ritrovare, se non uno slancio, un segno di ripresa.

In questo contesto colmo di incertezza e criticità, in molti si domandano se - al di là dei proclami - gli obiettivi di decarbonizzazione che la Commissione Europea ha inserito nel Green Deal siano realmente conseguibili. Ciò che appare forse più certo è che lo sviluppo ulteriore delle fonti rinnovabili può rappresentare uno dei pilastri fondanti per ricostruire l’economia europea e ridare slancio e fiducia a cittadini e imprese. Un’occasione che anche il nostro Paese non deve - e non può - lasciarsi sfuggire.
Per parlare di
come affrontare queste nuove sfide, Nuova Energia ha incontrato il presidente di Elettricità Futura, Agostino Re Rebaudengo. Rinnovabilista della prima ora, ha sempre però capito che per traguardare la transizione energetica è necessario un gioco di squadra e la partecipazione di tutte le componenti del sistema energia.


Eletto a luglio Presidente di Elettricità Futura, si trova oggi a confrontarsi con una situazione post emergenziale che forse è prematuro considerare del tutto archiviata. Complice anche il calo della domanda, durante il lockdown le rinnovabili hanno coperto il 42 per cento del fabbisogno elettrico: la decarbonizzazione del sistema energetico è dunque davvero possibile (ed economicamente sostenibile)?
La decarbonizzazione costituisce oggi la condizione irrinunciabile per la ripresa economica dell’Unione Europea e dell’Italia. Come indicato dalla Presidente Ursula von der Leyen, dobbiamo lavorare come Sistema Paese e riuscire a utilizzare il 37 per cento del
Recovery Fund per favorire la transizione energetica, l’efficientamento del patrimonio edilizio, la digitalizzazione e lo sviluppo di nuove tecnologie.
La recente proposta della Commissione di ridurre le emissioni di gas serra dall’attuale 40 per cento ad almeno il 55 per cento al 2030 (rispetto al 1990) costituisce un’ulteriore opportunità per rafforzare il percorso di decarbonizzazione. Il
Green Deal, secondo le prime stime, potrà infatti mobilitare da qui al 2030 - nel solo settore elettrico - fino a 100 miliardi di euro di investimenti complessivi e 50.000 nuovi occupati permanenti. Una sfida sostenibile, quindi, non solo dal punto di vista ambientale ma anche economico e sociale.

In Italia il sistema regolatorio sembra non adatto a tenere il passo dei trend tecnologici; lunghi tempi autorizzativi e mancanza di stabilità normativa limitano lo sviluppo e le potenzialità non solo delle rinnovabili. Con queste premesse, come raggiungere gli obiettivi (sfidanti per alcuni, utopistici per altri) previsti al 2030 dal PNIEC, in attesa dell’ancor più sfidante
Green Deal?

Se non vogliamo rimanere incatenati in una fase di depressione secolare per il nostro Paese, dobbiamo avere velocità di esecuzione e adottare in tempi brevi le opportune e coerenti misure per favorire la transizione energetica. Le norme approvate nel decreto legge Semplificazioni, seppur importanti, sono ancora largamente insufficienti per permettere la realizzazione anche solo dei 4 GW di nuova capacità di generazione l’anno previsti dall’attuale PNIEC. Irraggiungibile appare poi la possibilità di soddisfare l’obiettivo del Green Deal che richiederà 6,5 GW l’anno, considerato che circa 1 GW è la media degli ultimi 24 mesi.
È quindi essenziale l’introduzione di una cabina di regia centrale che controlli chi - tra Regioni o Ministeri - non rispetta i tempi assegnati, in modo da evitare di vederci ritirare i finanziamenti europei finiti fuori tempo massimo o addirittura non assegnati per carenza di piani adeguati. Solo se il nuovo scenario di decarbonizzazione sarà davvero condiviso dal Governo e da chi deve rilasciare le autorizzazioni e si instaurerà un atteggiamento di generale
favor per questi progetti, riusciremo a cogliere l’incredibile opportunità di lavoro e di salvaguardia dell’ambiente.

In tema di scelte energetiche e ambientali, il nostro Paese in passato ha imboccato strade lastricate di ideologia e buoni propositi piuttosto che di concretezza e visioni strategiche di lungo periodo. Cosa pensa del concetto di neutralità tecnologica?

La sfida che attende il settore è imponente e dovrà necessariamente adottare un’ottica di neutralità tecnologica, principio che condivido, e di costo-efficacia delle differenti soluzioni. La neutralità tecnologica non significa necessariamente correggere eventuali squilibri tra le fonti, per garantire anche un intelligente mix energetico. Inoltre, si devono prevedere meccanismi per le tecnologie a elevato potenziale ma ancora lontane dalla competitività economica. Riteniamo che il primo passo in questo senso sia la pubblicazione del cosiddetto DM FER2.

Il
phase-out degli impianti a carbone è confermato, seppure con dubbi, per il 2025. Dove siamo rispetto al percorso ipotizzato?
Il processo di
phase-out è sicuramente avviato, ma sono molte le misure che bisogna mettere concretamente in campo. Si dovrà intervenire effettuando un upgrade adeguato dell’infrastruttura di rete, facendo ricorso ai sistemi di accumulo nel rispetto di logiche di mercato, in combinazione con la generazione da fonti rinnovabili. L’implementazione del capacity market e il rinnovamento del parco di generazione sono strumenti abilitanti per il processo di phase-out dal carbone.
Dovranno essere favorite iniziative di dismissione e riconversione della generazione da carbone, mantenendo sicurezza e adeguatezza del sistema, attraverso investimenti economicamente sostenibili. In questo percorso sarà fondamentale la collaborazione fianco a fianco di operatori e Istituzioni, a partire da MiSE, MATTM e Terna per assicurare la fattibilità degli obiettivi e la soluzione di contesti di particolare complessità quali la Sardegna. Solo in questo modo sarà possibile per il 2025 il raggiungimento di obiettivi di decarbonizzazione così sfidanti.

Portare gli effetti della decarbonizzazione da monte a valle, dalla generazione agli usi finali potrebbe essere il vero punto di svolta. Ovvero, al di là degli sforzi lato produzione, sarebbe necessario ampliare il
panel degli utilizzatori di energia elettrica, riducendo gli attuali impieghi di fonti fossili. Cosa ne pensa?
Il
prosumer e la sua piena partecipazione al mercato attraverso la generazione distribuita, le comunità energetiche e l’accesso ai meccanismi di demand response, rappresentano il punto di svolta per il futuro del sistema energetico. Con l’adozione della Nuova Direttiva Rinnovabili, l’Unione Europea e di recente l’Italia hanno già riconosciuto a tutti i cittadini il diritto di produrre, autoconsumare, immagazzinare, vendere e scambiare energia elettrica, in forma individuale o collettiva e di partecipare alle Comunità. Si tratta di un cambio di paradigma che sposta il baricentro della produzione e consumo di energia sul territorio. Dovremo lavorare per favorire la semplificazione del quadro normativo esistente e la creazione di regole per queste nuove configurazioni di autoconsumo collettivo e comunità energetiche, anche con l’impiego di sistemi di accumulo ed evitando inefficienti duplicazioni della rete. Dobbiamo avere il coraggio di non frenare l’inevitabile evoluzione del sistema energetico e permettere al mercato dei prosumer di realizzarsi.

Il GSE gestisce oltre 11 miliardi di euro di incentivi nel settore elettrico, molti operatori lamentano problemi di interazione e arbitrarietà nei controlli.

Elettricità Futura ritiene positivi per questo tema i principi introdotti nell’ultimo DL Semplificazioni; ci saranno regole più certe e chiare nella gestione dei controlli. Auspichiamo ora la rapida emanazione di un coerente DM Controlli, atteso da molti anni, per razionalizzare le procedure.

I
Power Purchase Agreement restano un valido strumento di mercato per promuovere lo sviluppo di capacità rinnovabile anche in uno scenario globale post Covid?
L’attuale mercato, molto volatile e poco liquido, rende ancora più difficile il raggiungimento degli obiettivi al 2030. Certamente, i PPA rappresenteranno uno strumento importante per promuovere lo sviluppo di capacità rinnovabile. Occorre definire un quadro legislativo e regolatorio che ne stimoli lo sviluppo e implementare il
PPA Platform. Occorrerà quindi aggiornare il market design per renderlo adeguato a raggiungere gli obiettivi del Green Deal.[...]

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