Perché l’Italia ha voltato le spalle all’Europa dell’energia?

Perché l’Italia ha voltato le spalle
all’Europa dell’energia?

di GIUSEPPE GATTIVisita il profilo LinkedIn


Lo dico apertamente, per quanto possa essere politically incorrect: Greta Thunberg non mi sta particolarmente simpatica. Anzi ad essere completamente sincero...

...mi risultano insopportabili la sua petulanza luterana, che rasenta l’isteria, come l’esibizionismo di scelte per lei facili, ma impraticabili per mille ragioni a tutti noi, come attraversare l’Atlantico in barca a vela anziché in aereo (per inquinare di meno).
Greta vuol farci sentire in colpa (se preferite trovate voi un’altra espressione più confacente) ma, per quanto mi riguarda non solo non ci riesce, ma mi irrita, anche perché, io che l’Atlantico in vela l’avrei attraversato volentieri, e per il solo gusto di navigare, ma non ho mai avuto modo e tempo di farlo, mi sento preso in giro da una che marinando la scuola ha tutto il tempo che vuole e trova sponsor illustri con barca al seguito.

Come simbolo della difesa dell’ambiente preferisco M49, alias Papillon, il gagliardo orso bruno che è riuscito a evadere dal lager con recinzione a 7.000 volt in cui era stato rinchiuso e che il trucido presidente leghista della Provincia di Trento voleva sopprimere. Devo riconoscere però che M49 è riuscito solamente a offrire un nuovo canovaccio all’aggiornata e quotidiana rappresentazione dell’Opera dei Pupi che vedeva contrapposti come paladini e saraceni, M5s e Lega, con il forestale ministro grillino dell’Ambiente a difendere l’orso e la Lega a invocarne la fucilazione, appellandosi - come sempre - al tema della sicurezza.

Greta Thunberg invece, piaccia o meno, si è rivelata un’
influencer che manco Chiara Ferragni, ed è anche per l’ondata di opinione pubblica che ha sollevato in Nord Europa che a Bruxelles nella composizione della nuova Commissione le responsabilità delle politiche energetiche e ambientali sono particolarmente ambite.

L’unificazione decisa cinque anni fa da Claude Junker di energia e clima ha conferito un’inedita importanza a questa attribuzione di competenze, che non per nulla viene oggi considerata come una responsabilità di primo piano, di peso equivalente agli Affari Economici e Finanziari.
A sostenere questa valutazione non c’è soltanto la popolarità della materia, che diventa persino imbarazzante, dal momento che si stanno creando illusioni e aspettative sui tempi della decarbonizzazione che andranno presto a infrangersi con la dura realtà di una transizione lunga e complessa, e assumersi la responsabilità politica di far riportare a tutti i piedi per terra richiede una buona dose di coraggio.

Intanto, ci sono però i passi avanti compiuti in ordine all’Unione Energetica: si può ben dire che non c’è forse materia in cui l’integrazione europea abbia proceduto a passi così spediti e con un netto predominio del metodo comunitario rispetto a quello intergovernativo, contrariamente alla tendenza affiorata negli ultimi anni, e fortemente sostenuta dal blocco di Visegrad volta a rafforzare il metodo intergovernativo, indebolendo la struttura comunitaria. Non è un caso che recentemente il premier ceco Andrej Babis, che di Visegrad è un portavoce, abbia ripetutamente lamentato che l’energia deve essere riportata nei confini nazionali e che gli obiettivi dell’Unione al 2050 sono del tutto irrealistici.

Ora, chi vuole far compiere passi innanzi alla costruzione europea trova nell’energia la piattaforma ideale perché con le misure già adottate implementando il
Winter Package si è dotata la Commissione di tutti gli strumenti per gestire in proprio, con il potere di iniziativa legislativa che le spetta, gli sviluppi dei nuovi disegni di mercato che stanno nascendo, sia nell’energia elettrica sia nel gas, dialogando con il Parlamento europeo ma senza che il Consiglio, cioè i Governi nazionali, possano intralciarla più che tanto. E questo non è una dote da poco che la Commissione Junker ha messo a disposizione della nuova Commissione Von der Leyden. C’è infine un terzo aspetto…
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