Ci manca solo il titolo di cittadinanza...










di ROBERTO NAPOLI / professore emerito Politecnico di Torino

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È quasi pleonastico ricordare che il nostro Paese, malridotto com’è, ha un bisogno tremendo di cambiare. Di buone idee in giro non ce ne sono molte e per quelle poche che circolano la flessibilità tende a zero. Del resto diceva Michelangelo: meno idee si hanno e meno si è disposti a cambiarle.



C’è sempre il rischio di cambiamenti gattopardeschi - occorre che qualcosa cambi affinché tutto resti come sopra! - o anche di cambiamenti (magari drammatici) in peggio. Su tutto il Paese spira da tempo un brutto vento di faciloneria incolta e pressapochismo arrembante, insieme a una fortissima spinta a salire sul palcoscenico alla ricerca di applausi spensierati.

L’area dell’istruzione e della ricerca, che dovrebbe certamente caratterizzarsi per competenza e rigore, ha molte ragioni per essere salvaguardata. Per come stanno le cose, ciò è una speranza azzardata. Se si parla volgarmente di soldi, nessuno mette in discussione la convenienza di investirvi. C’è però un grosso inconveniente: gli investimenti in istruzione e ricerca hanno tempi di ritorno lunghetti e poco consoni con le convenienze elettorali.

D’altra parte, se non si sa dove prendere soldi, si possono fare esercizi di spending review con ritorni rapidi e concreti, senza provocare grandi reazioni. Negli ultimi anni i fondi per formazione e ricerca sono stati immancabilmente ridotti, salvo una modesta inversione nell’ultimo anno. In compenso, continua a echeggiare il mantra che tali fondi andrebbero aumentati per il bene del Paese.
Anche il nuovo governo non si sottrae, ma nel clima di rassegnata sfiducia che aleggia nel Paese, non sono in molti a credere che le cose andranno nel modo declamato. Il tempo scorre in fretta, consentendo facili verifiche.
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