Il ruolo dell’idrogeno nella transizione energetica












di MASSIMO SANTARELLI / Politecnico di Torino
ROBERTO NAPOLI / professore emerito, Politecnico di Torino
STEPHEN McPHAIL / ENEA
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Nuovamente l’idrogeno? Nella storia dell’evoluzione tecnologica ci sono state e ci sono soluzioni che appaiono all’improvviso come brillantissime, evocatrici di nuovi orizzonti. Salvo poi vivacchiare fra prolungati silenzi e subitanee riapparizioni.















Nel 2002 aveva suscitato grandi entusiasmi mediatici il saggio del futurologo americano Jeremy Rifkin Economia all’idrogeno: la creazione del Worldwide Energy Web e la redistribuzione del potere sulla terra. Nel circuito mediatico internazionale si diffuse una visione salvifica delle potenzialità dell’idrogeno come rimedio per risolvere i problemi energetici e ambientali delle moderne società industriali.

Nonostante le aspettative esagerate e intempestive, la dura realtà delle sperimentazioni fece presto comprendere che i tempi non erano maturi, per cui in poco tempo sull’idrogeno calò il silenzio mediatico. Per fortuna, le attività di ricerca, di base e applicata, sono nel frattempo proseguite con serietà, in varie enclave internazionali (in primis, Europa, Nord America, Giappone, Sud Corea, Australia, ma anche in molte economie crescenti come Cina, Brasile, India tra le altre).

Adesso si torna a parlare di idrogeno, non più con una visione salvifica ma con un approccio maturo e quindi più solido: come uno dei tasselli fondamentali del mosaico di processi/tecnologie per la transizione energetica, verso un sistema non più basato quasi totalmente su fonti fossili ma su un mix di soluzioni in cui le fonti rinnovabili avranno un ruolo via via crescente sino a diventare predominanti.
Sul medio-lungo periodo, in una metafora cinematografica l’idrogeno si porrebbe come un attore non-protagonista (ruolo affidato alle fonti primarie rinnovabili), ma fondamentale per lo sviluppo della trama, come supporto ai protagonisti.
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