Il futuro è già molto presente

Il futuro è già molto presente

di MARCO BORGESEVisita il profilo LinkedIn


Il 2018 rappresenterà l’anno di svolta per l’intera filiera dell’auto elettrica? Molto probabilmente sì. Di recente, infatti, sono stati raggiunti importanti traguardi in ambito ricerca e sviluppo.

Ciò è dimostrato anche dalle innumerevoli proposte innovative delle maggiori aziende automobilistiche in occasione del Consumer Electronic Show (CES), la più grande fiera di tecnologie per l’elettronica di consumo tenutasi a Las Vegas tra il 9 e il 12 gennaio 2018. Le più significative riguardano la guida autonoma, l’intelligenza artificiale e le batterie. Ovviamente l’attenzione maggiore è focalizzata sugli sviluppi riguardanti proprio la performance delle batterie.

Prendendo in considerazione l’auto più venduta al mondo, ovvero la Nissan Leaf (300.000 vendite globali dal 2010), l’edizione del 2018 offre dei risvolti  interessanti
. Infatti, la Nuova Nissan Leaf è equipaggiata con una batteria agli ioni di litio della capacità di 40 kWh. Rispetto al modello precedente, tale batteria ha le stesse dimensioni ma contiene più energia e sarà più efficiente, potendo disporre di un’autonomia di 378 chilometri con una sola ricarica.

Per quanto riguarda i tempi, è garantito l’80 per cento di carica in soli 40 minuti, utilizzando i 4.600 punti di ricarica rapida destinati ai proprietari della Nuova Nissan, entro i confini europei. Relativamente alla ricarica domestica, ci si potrà affidare a una nuova Wallbox da 7 kW per una ricarica completa in meno di 6 ore. A tal proposito l’azienda giapponese ha siglato un importante accordo anche con Enel. I nuovi proprietari dell’auto avranno a disposizione energia gratuita presso le ricariche pubbliche Enel e tramite Wallbox per due anni, il cui prezzo e l’installazione saranno inclusi nell’acquisto della vettura.

Attualmente risulta essere una scelta ragionevole orientarsi su un’auto elettrica, considerando che a fronte di un investimento iniziale maggiore rispetto a un’auto tradizionale, si raggiungerebbe un
break even point dopo il quarto anno. Secondo quanto emerso durante il Future of Energy Summit, tenutosi a Shanghai nel novembre del 2017, le auto elettriche diventeranno competitive, rispetto a quelle alimentate da motori a combustione interna, entro il 2026, quando la batteria agli ioni di litio scenderà a 100 dollari/kWh.

Negli ultimi anni il prezzo è già sceso in maniera sostanziale passando da un costo di 1.000 dollari/kWh nel 2010 a 206 dollari/kWh nel 2017. Ad oggi, le batterie agli ioni di litio rappresentano la scelta migliore per la maggior parte dei veicoli elettrici, a similitudine della stessa tecnologia impiegata per alimentare smartphone e laptop. Le economie di scala consentiranno di raggiungere ulteriori risultati in ambito di riduzione dei costi.

A tal proposito, la Gigafactory di Tesla potrà avere un ruolo determinante. Nella  fabbrica di batterie agli ioni di litio per auto elettriche
attualmente ancora in costruzione e situata in Nevada (USA), Tesla ha l’obiettivo di produrre 35 GWh di batterie entro il 2018. Il fattore di peculiarità di tale fabbrica è la sua autosufficienza energetica in base alla quale l’energia necessaria per la produzione delle batterie sarà interamente fornita dalla distesa di pannelli fotovoltaici installati sui tetti dell’impianto.

Un’altra incognita che ha sempre rappresentato un limite rilevante alla diffusione dell’auto elettrica è la ricarica su percorsi extraurbani. Sebbene le soluzioni sui percorsi urbani non sembrano più essere un limite, la situazione si fa critica per i percorsi più lunghi, laddove risulta necessario effettuare soste lungo il tragitto. Ciò potrebbe rendere il viaggio meno confortevole e con forti preoccupazioni di non avere abbastanza energia per arrivare a destinazione.

Nel tentativo di soddisfare questa esigenza, un team di ricercatori della Stanford University ha presentato un progetto rivoluzionario di ricarica wireless attraverso uno studio pubblicato sulla rivista
Nature. L’aspetto principale del progetto riguarda la possibilità di ricaricare la batteria anche quando l’auto è in movimento. In particolare, una bobina posizionata nella parte inferiore dell’auto potrà essere in grado, sfruttando le onde radio, di ricevere elettricità da una serie di bobine collegate a corrente elettrica incorporate nel manto stradale. Il flusso di elettricità può essere mantenuto solo se la frequenza viene regolata manualmente quando l’oggetto è in movimento. Per tale ragione, il team della Stanford ha introdotto un amplificatore di tensione in grado di rilevare automaticamente la giusta frequenza relativa alle diverse distanze, senza l’esigenza di regolazioni manuali. Gli studiosi hanno spiegato come questa tecnologia potrà essere impiegata nella costruzione di strade, eliminando in tal modo il problema di ricarica sui percorsi extraurbani.

Un team del Politecnico di Torino persegue un risultato simile con il progetto
Polito Charge While Driving, che intende sfruttare un sistema di bobine posto al di sotto della strada con l’obiettivo di ricaricare le batterie dell’auto elettrica. Il progetto si basa sulla tecnologia Inductive Power Trasfer (IPT), ovvero attraverso la trasmissione induttiva di energia elettrica. I test su strada sono stati condotti presso il centro MotorOasi Piemonte di Susa (TO), dove è stata effettuata l’installazione di 50 bobine trasmittenti in modalità wireless capaci di inviare energia a un ricevitore installato a bordo del veicolo. Attualmente, l’intero progetto ha un costo pari a 500 euro per ogni metro di asfalto, ma è ipotizzabile che progetti su larga scala possano generare considerevoli riduzioni di costi. È questo senza dubbio il progetto italiano più importante che permetterebbe di eliminare il problema della ricarica nei lunghi viaggi extraurbani con auto elettrica.

Un’altra questione di primaria importanza è rappresentata dalla fase di riciclo delle batterie. In media, dopo 8 anni le batterie delle auto elettriche si possono considerare esaurite. A quel punto potrebbero essere acquistate da aziende operanti nel settore dell’accumulo e in tal modo essere aggregate e utilizzate negli impianti di energia rinnovabile non programmabile (fotovoltaici ed eolici) per altri 20 anni, dove potrebbero essere in grado di accumulare energia e successivamente fornirla in periodi di scarsità di luce solare e vento. Terminata la fase di accumulo, le batterie dovrebbero essere interamente riciclate in tutte le loro componenti.

I principali materiali che compongono le batterie in questione sono grafite, nichel, alluminio, rame, litio, cobalto e manganese. Il litio è il metallo più leggero al mondo e questo è il principale motivo per cui è usato nella composizione delle batterie moderne, di cui rappresenta l’elemento essenziale. I tre maggiori produttori sono Cile, Argentina e Bolivia responsabili del 75 per cento delle estrazioni mondiali. Per quanto riguarda il cobalto, si rileva una concentrazione ancora maggiore: il 65 per cento delle estrazioni mondiali è attribuibile alla Repubblica Democratica del Congo.

Detto questo, non è del tutto da sottovalutare come l’evoluzione delle auto elettriche stia procedendo più veloce del previsto. La maggior parte delle aziende automobilistiche, spinte da forti preoccupazioni in merito alla scarsità delle risorse naturali necessarie alla produzione di batterie, sta siglando accordi decennali con i principali fornitori mondiali di questi prodotti. Quello di cui tutto il mondo avrebbe bisogno non è una corsa contro il tempo, ma fornire una risposta sostenibile sia per la scarsità delle risorse naturali sia per fronteggiare le preoccupazioni di carattere ambientale. In quest’ottica tutti i prodotti, comprese le batterie, dovrebbero essere progettati, disegnati e costruiti rendendoli interamente riciclabili alla fine della loro vita utile, raggiungendo così una significativa economia circolare.

Alcune risposte a questo problema giungono da aziende che stanno sviluppando impianti innovativi per il riciclo dei materiali contenuti nelle batterie. È doveroso fare particolare riferimento alla belga Umicore e alla canadese Li-Cycle. Umicore ritiene di essere in grado di riciclare tutti i principali componenti delle batterie al litio per auto elettrica. Mentre la missione di Li-Cycle mira a un approvvigionamento trasparente ed etico, in grado di contribuire a ridurre la dipendenza dall’estrazione e dalla raffinazione delle risorse naturali. Tale azienda possiede una tecnologia in grado di recuperare fino al 100 per cento delle sostanze chimiche e delle materie prime, senza scartare alcuna sostanza nell’ambiente.

A fronte di un forte sviluppo che l’auto elettrica avrà nei prossimi anni e con la conseguente previsione di 11 milioni di tonnellate di batterie agli ioni di litio esauste tra il 2017 e il 2030, risulta necessario investire e sviluppare tecnologie di riciclo che consentano di ottenere un’economica circolare per la filiera interessata. A supporto di ciò, sarebbe opportuno incentivare i maggiori produttori di batterie per una valida fase di progettazione e design che consenta un facile riciclo e riuso di risorse così preziose e limitate.

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