Energia in movimento










di VITTORIO D'ERMO / direttore Osservatorio Energia AIEE


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Molti gli elementi di novità nella prima metà del 2017, segnata dalla vulcanica attività del presidente americano Donald Trump che, dopo le prime iniziative sul piano politico, ha cominciato a scardinare gli equilibri del sistema energetico americano per poi allargare la sua azione su orizzonti sempre più ampi.



Dopo una serie di segnali premonitori, manifestati nella splendida cornice del G7 di Taormina, il presidente americano ha deciso di non ritenersi più vincolato dagli impegni di Parigi, lasciando però la porta aperta per una successiva negoziazione che tenga conto degli interessi americani.
L’impatto di questa decisione è tutt’altro che da sottovalutare non tanto nel breve termine ma, soprattutto, nel medio-lungo periodo, ovvero negli anni in cui dovrebbe pienamente estrinsecarsi la transizione dai vecchi modelli energetici a quelli nuovi più compatibili con l’ambiente.

L’atteggiamento di Trump mina, infatti, quel senso di solidarietà tra tutti i Paesi per combattere un’emergenza planetaria che era uno dei principi portanti dell’accordo di Parigi.
Questo vulnus non può essere sanato integralmente da Europa e Cina. Uno degli aspetti più critici riguarda il finanziamento della transizione nei Paesi in via di sviluppo: il venir meno dell’impegno americano può avere conseguenze deleterie facendo pendere la bilancia dal lato dei progetti tradizionali al posto di quelli innovativi con maggior fabbisogno di capitali iniziali.
In particolare la decisione americana rischia di avere un impatto molto forte sul settore della generazione elettrica dove si gioca la partita del futuro, non tanto negli Stati Uniti, ma nei Paesi in via di sviluppo dove la domanda elettrica è in forte e anche giustificata espansione.
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