Tra Piano o Strategia, meglio l’opera paziente di rammendo e cacciavite










di GIUSEPPE GATTITorna al sommario


Mi sia consentita una nota autobiografica: considero un successo professionale e una delle poche cose buone che sono riuscito a fare nella vita aver messo fine alla produzione dei Piani Energetici Nazionali, evitando che venisse alla luce l’edizione prevista per il 1993.



Quando arrivai al Ministero dell’Industria nel 1991, prima come consigliere del Ministro, poi come Direttore Generale, già si stavano allestendo i preparativi per partorire la nuova creatura, Enel ed Eni premevano per offrire la loro assistenza alla debole struttura del Ministero, che per altro, anche in vista di questa scadenza, era stata rinforzata con una nuova squadra di distaccati dall’Enea.
Convincere tra il 1991 e il 1995 cinque successivi Ministri a lasciar perdere e rinunciare alla facile e certa risonanza del varo di un nuovo PEN non è stato sempre semplice, e devo ringraziare la vorticosa successione dei Governi in quegli anni (Andreotti, Amato, Ciampi, Berlusconi, Dini).
Era per altro evidente l’assoluta inutilità dei PEN. Non ero del tutto innocente al riguardo, avendo partecipato alla stesura del primo nel 1975 e alle revisioni del 1977 e del 1981, testimone quindi pienamente informato del loro clamoroso fallimento.
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