di Danilo Corazza
Oggi il reattore di Caorso è svuotato da tutti gli elementi di combustibile, attualmente stoccati nelle piscine di raccolta. Il decommissioning della ex centrale, affidato alla Sogin, è un progetto ambizioso, del valore di circa 500 milioni di euro. A questa cifra si deve aggiungere il costo per la sistemazione del combustibile irraggiato, per il quale è previsto il riprocessamento all’estero e il successivo rientro dei residui vetrificati.
La dismissione di Caorso, è stato calcolato, richiede un arco di tempo di circa 12-13 anni a partire da oggi e porterà al cosiddetto “prato verde”, cioè alla completa bonifica nucleare del sito; in termini tecnici, al rilascio incondizionato privo di vincoli radiologici.
Questo affascinante ma complicato termine prevede diverse fasi. Lo stadio preliminare alla disattivazione è senz’altro l’allontanamento del combustibile irraggiato dall’impianto, passaggio indispensabile per poter affrontare la vera e propria disattivazione delle strutture. Tale operazione avverrà a Caorso a breve; è imminente, infatti, la stipula del contratto per il riprocessamento e il trasporto.
La disattivazione procede partendo dalla bonifica delle strutture meno contaminate, come gli edifici delle turbine e altri edifici ausiliari (torri di raffreddamento,camino off-gas), per passare poi alle successive fasi di rimozione del reattore, delle strutture di schermo e dei sistemi più contaminati.
Le attività della prima fase di disattivazione sono in gran parte già avviate. Se si osserva la ex centrale è percettibile la sua trasformazione da impianto di produzione a cantiere industriale.
Complessivamente si prevede di rimuovere oltre 300.000 tonnellate di materiali (in gran parte non interessati da contaminazione radioattiva).
Sull’impianto operano attualmente circa 130 tecnici (tra cui esperti di fisica sanitaria e di ingegneria del reattore).
Dal periodo in cui la centrale era in esercizio ad oggi si è favorita una progressiva trasformazione e riclassificazione dell’organico verso nuove qualifiche professionali. Periodicamente si provvede alla formazione di tecnici di cantiere ed esperti di temi rilevanti per l’ambiente, dal trattamento dei rifiuti, alla radiochimica e alla radioprotezione.
Quella del decommissioning è sicuramente un’ottima occasione per lo sviluppo di qualifiche tecnologiche innovative tra cui la decontaminazione chimica, meccanica, eccetera), il controllo degli ambienti ventilati e superfiltrati, i processi di taglio speciali, i procedimenti remotizzati, le indagini di tipo ambientale. L’Università e l’impresa sono state già coinvolte in questo processo di scambio tecnologico e ciò dovrebbe avvenire in modo ancora più fattivo in futuro.
E poi ci sono gli aspetti territoriali. Croce edelizia del territorio, la ex centrale ha da sempre rappresentato per la popolazione locale un argomento delicato.Tuttavia l’esperienza di Caorso insegna che il rapporto può essere ben gestito se la comunicazione è efficace e trasparente. A rafforzare il rapporto sono frequenti incontri con la popolazione del sito e con tutti i soggetti sociali interessati (tavoli della trasparenza): enti locali, sindacati, istituzioni (ministeri, autorità di controllo).
Infine le prospettive.Quella sponda del fiume Po può e deve diventare il simbolo della riqualificazione. A Caorso, infatti, come in tutte le altre ex centrali nucleari italiane, è necessario individuare un progetto per il futuro riutilizzo del sito. E non è detto che non si resti in ambito energetico, data la fortunata logistica dell’impianto: collegamenti alle reti energetiche nazionali, prossimità ad un fiume navigabile, presenza di opere idrauliche di collegamento e di ottime infrastrutture viarie e logistiche. Senza dimenticarsi della disponibilità di qualifiche ambientali e idrogeologiche del sito.
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