Dal 2002 un termovalorizzatore ad alta tecnologia

di Guido Ramonda, Direttore generale Enìa

Il termovalorizzatore di Piacenza è entrato in funzione nel 2002, dopo anni di discussioni e polemiche (i primi atti amministrativi risalgono al 1988), sulla spinta dell’emergenza rifiuti. Era infatti divenuto proibitivo smaltire i rifiuti a costi sempre più esorbitanti in lontane discariche, e – nel contempo – impossibile individuare siti idonei nel territorio piacentino.
Il Piano provinciale di gestione dei rifiuti, approvato nel 1996, aveva già rappresentato il primo passo per l’elaborazione di una risposta strategica e globale al problema. L’obiettivo principale del Piano era quello di dare autosufficienza al territorio per lo smaltimento dei rifiuti e imporre la riduzione dei rifiuti, lo sviluppo delle raccolte differenziate, il riutilizzo e il riciclo dei materiali recuperati e infine, per la quota di materiale non recuperabile, lo smaltimento e la distruzione con recupero di energia.
In linea con gli indirizzi dell’Unione europea e con la normativa regionale, il Piano ha costituito infatti un modello di sistema integrato di interventi impostato su tre linee direttrici principali:

  • riduzione della produzione dei rifiuti alla fonte;
  • sviluppo ulteriore della raccolta differenziata e del riciclo dei materiali. Il risultato medio provinciale è del 35,2 per cento, ma l’obiettivo, determinato dal nuovo Piano provinciale che prevede tra l’altro il termovalorizzatore come unico polo di smaltimento, è il 50 per cento nel 2008;
  • recupero energetico del trattamento di rifiuti non riciclabili attraverso impianti tecnologicamente avanzati.

Per portare a compimento il sistema integrato di gestione dei rifiuti, l’amministrazione provinciale – in accordo con il Comune di Piacenza – ha provveduto alla realizzazione, nel territorio del comune, di un impianto di termovalorizzazione a servizio di un bacino di utenza corrispondente alla intera provincia. Il termovalorizzatore di Tecnoborgo offre questo risultato accompagnandolo a favorevoli ripercussioni economiche e ambientali, sia per l’amministrazione comunale sia per i cittadini. In termini di abbattimento dei costi di smaltimento e di produzione di energia permette infatti lo smaltimento in loco senza le costose spese di trasporto e smaltimento in discarica, antieconomica sia da gestire che da bonificare, e crea al contempo energia elettrica e quindi redditività per il territorio su cui insiste. La quota residuale di scorie (22 per cento circa dei rifiuti bruciati) è riciclata nei cementifici e utilizzata per la produzione del cemento; il ferro separato dopo il processo di combustione (circa il 2 per cento) è riciclato nelle fonderie. Rimangono le ceneri derivanti dal processo di abbattimento degli inquinanti nei fumi (circa il 3,5 per cento): una metà di questo residuo è riciclato e utilizzato nel processo di produzione del carbonato di sodio della Solvay; il rimanente è inviato in discariche controllate e autorizzate dopo essere stato inertizzato. Prima dell’emissione in atmosfera i fumi sono filtrati e depurati per l’abbattimento del residuo contenuto inquinante, nel rigoroso rispetto dei parametri di legge in materia di emissioni. L’opposizione al termovalorizzatore si è basata e si basa su motivazioni di carattere soprattutto sanitario,ma anche sociale ed economico (basti pensare alla flessione del valore delle case nelle zone circostanti l’impianto).

..Il termoutilizzatore tecnoborgo di Piacenza

Si temono forti ripercussioni ambientali – in una zona già sottoposta all’inquinamento acustico e atmosferico dell’Autostrada del Sole, della vicina Cementirossi e della centrale ex Enel – e serie ripercussioni sulla salute. Anche se mancano,allo stato, ricerche particolari che evidenzino in zona una incidenza superiore alla media cittadina di patologie tumorali, respiratorie e di malformazioni congenite. Oggettivamente anche la più moderna tecnologia comporta l’immissione in atmosfera di inquinanti come il monossido di carbonio, gli ossidi di azoto, le polveri, i metalli pesanti, i furani e le diossine: queste ultime in particolare sono considerate cancerogene e sicuramente nocive. A ciò si aggiunge la tipologia climatica della zona che prevede una discreta frequenza di fenomeni di inversione termica con accumulo di inquinanti. Certo, la combustione comporta la produzione di microinquinanti dannosi come le diossine, ma è ormai consolidato che i termovalorizzatori abbattono queste sostanze anche di 50 – 100 volte oltre i già restrittivi limiti di legge europei e addirittura tali impianti sono considerati anche dai documenti tecnici della Comunità europea come distruttori di diossine, non produttori. La quantità di diossine emesse dal termovalorizzatore di Piacenza in un anno di funzionamento è paragonabile a quella emessa dalla percorrenza di 10.000 km di 36.000 veicoli diesel e il contributo di Tecnoborgo alla massa degli NOx presente sul territorio del Comune di Piacenza risulta essere molto contenuto rispetto alle altre sorgenti e valutabile in una percentuale inferiore allo 0,2 per cento. Si discute molto, oggi, della produzione di nanopolveri o nanoparticelle che i termovalorizzatori emetterebbero e del loro effetto negativo sulla salute. Qualsiasi attività umana che comporta una combustione produce nanoparticelle, anche la cucina. Esistono pochissimi studi che hanno permesso di stabilire la quantità di nanoparticelle emesse da un termovalorizzatore. Uno di questi ha permesso di stabilire che 1 ora di emissione di nanoparticelle di un impianto da 23 MW (una potenza doppia rispetto al termovalorizzatore di Piacenza) è pari a 4.400 ore di cucina o al passaggio di 4.000 veicoli per un tratto di 10 km. La dinamica di formazione di queste particelle, inoltre, stabilisce che si riducono del 90 per cento già dopo pochi minuti dalla loro formazione. Il fenomeno risulterebbe quindi molto concentrato localmente. È evidente poi il vantaggio ambientale generale derivante dalla riduzione delle emissioni dei mezzi che trasportano i rifiuti in discarica e dalla drastica diminuzione dei problemi legati all’interramento dei rifiuti indifferenziati nella discarica stessa, come quelli legati al trattamento del biogas e del percolato. L’impianto di termovalorizzazione di Piacenza, che adotta la consolidata tecnologia del forno a griglia, ha una capacità di smaltimento nominale di 120.000 tonnellate l’anno di rifiuti urbani, rifiuti speciali assimilabili agli urbani, rifiuti sanitari e fanghi biologici provenienti dall’attiguo impianto di depurazione delle acque reflue civili di Piacenza. La quantità complessiva di rifiuti trattati nel 2006 è stata pari a 119.997 tonnellate così suddivisa:

  • rifiuti urbani e assimilabili agli urbani: 116.597 tonnellate;
  • rifiuti ospedalieri:957 tonnellate;
  • fanghi di depurazione:2.443 tonnellate.

Attraverso la combustione dei rifiuti, Tecnoborgo ha prodotto nel 2006 una quantità di energia elettrica pari a 76.650 MWh con un rendimento di trasformazione del 27 per cento e, al netto degli autoconsumi, ha ceduto alla rete elettrica nazionale circa 66.000 MWh con un rendimento di trasformazione del 23 per cento, ben al di sopra – in virtù di una attenta gestione e degli investimenti effettuati per migliorare il rendimento energetico – dei valori previsti in fase progettuale dell’impianto che erano stimati ad un valore pari al 19 per cento. L’energia elettrica immessa in rete ha permesso di risparmiare circa 15.000 tonnellate di petrolio equivalente che in caso contrario sarebbe stato bruciato da una centrale elettrica di tipo convenzionale e ha consentito di coprire il fabbisogno domestico annuale di circa 30.000 famiglie (la città di Piacenza conta circa 50.000 famiglie). Piacenza non è ancora dotata di una rete di teleriscaldamento e quindi l’impianto è stato realizzato senza prevedere la produzione di calore da cedere alla rete. È tuttavia in fase di avanzata attuazione la posa delle prime tubazioni che forniranno calore ad un nuovo quartiere cittadino, alimentate in una prima fase soltanto dal calore di scarto prodotto dalla centrale elettrica Edipower; in futuro, alla rete potrà allacciarsi anche Tecnoborgo e fornire il proprio contributo.
L’impianto ha ottenuto le certificazioni ISO 9001, ISO 14001, OHSAS 18001, SA 8000 ed è in fase di registrazione EMAS. Ha ottenuto inoltre la qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (IAFR). La previsione degli investimenti per l’anno 2007 porterà ad un ulteriore miglioramento del rendimento di generazione dell’energia elettrica. Tecnoborgo si è già inoltre attivata per monitorare in modo sempre più efficace l’impatto ambientale prodotto dall’impianto e uno sforzo considerevole sarà effettuato nel campo della comunicazione rivolgendosi al pubblico istituzionale e a quello dei giovani e del mondo scolastico, per rafforzare l’immagine di Tecnoborgo come strumento fondamentale nell’ambito del sistema locale di gestione dei rifiuti.