di Davide Canevari
Domenico De Luca era già stato ospite di Nuova Energia otto anni fa, come amministratore delegato di EGL Italia. Oggi è AD di Axpo Trading, la società commerciale e di trading del Gruppo Axpo che ha incorporato EGL e da cui dipendono le 30 consociate europee, tra cui quella italiana.
Lo incontriamo alla vigilia dell’European Energy Workshop 2016, il convegno promosso da Axpo sul mercato dell’energia in Europa.
Ai tempi della prima intervista, lo scenario delineato era stato il seguente: su scala mondiale il petrolio a 130 dollari il barile creava qualche fibrillazione (ma neppure troppe, a dire il vero...).
In Italia il processo di liberalizzazione dava segni di buona volontà, ma il mercato restava ingessato.
Tre gli aspetti cruciali evidenziati come priorità di intervento per il nostro Paese: la questione della rete, la trasparenza delle offerte e la qualità del servizio, il mercato a termine dell’energia.
Oggi come descriverebbe, con la stessa sintesi (cosa non facile!) la situazione in Europa e nel nostro Paese?
**Lo scenario italiano, ma non fa difetto il resto d’Europa, è cambiato sostanzialmente. Otto anni fa eravamo ancora in un trend di crescita dei consumi energetici; oggi in molti Paesi - tra cui l’Italia stessa - non si è ancora recuperata la flessione della domanda innescata con la crisi del 2008, tuttora perdurante in molti settori. Allora parlavamo di nuove centrali a ciclo combinato o di impianti nucleari, oggi abbiamo una produzione significativamente caratterizzata dalla generazione solare ed eolica.
Nel 2008 era ancora incerta la prospettiva di integrazione dei mercati nazionali.
Oggi abbiamo un mercato europeo più integrato dal punto di vista fisico e finanziario: è infatti possibile operare con scambi transfrontalieri di energia con il meccanismo del market coupling o negoziare prodotti a termine sulle varie piazze borsistiche.
Tuttavia...
**Direi che il fenomeno più eclatante, che noi operatori stiamo subendo con non poche difficoltà, è stato il crollo del valore dell’energia di cui sono certamente concause la contrazione della domanda e l’ingresso delle nuove rinnovabili nel mercato, ma che ha la causa principale nel collasso dei prezzi delle commodity energetiche a livello internazionale. L’entità del fenomeno è assolutamente rilevante e inedita.
Mi riferisco ad esempio alla Germania, il principale mercato europeo, dove dal 2008 il prezzo dell’energia è calato del 60 per cento. Un dato simile si è registrato anche in Italia.
Della dimensione di questo fenomeno i consumatori finali non ne sono però compiutamente consapevoli!
** Gli incrementati costi di rete e gli oneri a copertura dei sussidi alle rinnovabili hanno effettivamente compensato quegli effetti in bolletta.
Come è stato possibile che la dinamica al ribasso dei prezzi sia stata così imprevista, e forse imprevedibile?
**Tre fenomeni si sono sommati nel determinare un calo che in questi anni ha stravolto i modelli di business degli operatori e creato inedite dinamiche di mercato. Il fattore determinante è stato il ribasso del valore delle commodity che da sempre rappresentano il driver principale sull’intera filiera dell’energia elettrica.
Innanzitutto il petrolio: dai 130 dollari al barile, che citavamo 8 anni fa, siamo passati ai 50, dopo aver toccato anche i 30.
Altrettanto in discesa sono stati carbone e gas, rispettivamente calati del 63 e del 54 per cento, se leggiamo gli ultimi prezzi forward.
La causa di questo trend va ricercata nella debole domanda globale congiunta all’incremento dell’offerta: ricordiamo la recente immissione nel mercato dello shale gas americano e del petrolio iraniano.
Anche la Cina sembra averci messo del suo...
**Certo. Il maggior consumatore mondiale di carbone e petrolio non solo ha ridimensionato la crescita, ma soprattutto sta trasformando la propria economia passando dalla fase di sviluppo infrastrutturale e di export di semilavorati ad una fase più orientata al consumo interno, con un’incidenza più bassa della componente energetica sul valore del prodotto e dei servizi.
La Cina sta inoltre limitando l’uso delle fonti fossili per le note questioni ambientali. Se il valore delle commodity è chiaramente esogeno rispetto al sistema energetico europeo, hanno invece una genesi locale gli altri due fenomeni che incidono sul prezzo dell’energia.
Da un lato c’è l’incremento di capacità delle rinnovabili dispacciate con priorità e sostenute dagli incentivi; dall’altro il sensibile calo della domanda industriale. Entrambi questi elementi hanno compresso la parte del mercato di generazione contendibile, creando una forte competizione al ribasso da parte degli operatori con una capacità di produzione termoelettrica ormai sovradimensionata rispetto alla domanda.
Chi ha sofferto di più?
** Nella curva del merit order sono state penalizzate le centrali idroelettriche, nucleari e a gas. È evidente che per i produttori tradizionali, soprattutto per quelli che hanno recentemente investito nei cicli combinati, è un momento particolarmente difficile. Inoltre, nuovi soggetti economici, attraverso l’investimento nelle rinnovabili, sono entrati nella filiera mettendosi in competizione con le pure società energetiche.
Ci sono segnali di inversione di questo trend?
**A parte le volatilità dovute a fenomeni speculativi o a particolari condizioni geopolitiche contingenti, dobbiamo guardare ai cicli economici di lungo periodo per orientarci sui possibili scenari di prezzo. E nel far questo dobbiamo anche considerare gli elementi che potrebbero fare da ulteriore acceleratore alle curve dei prezzi, come gli indici di cambio o i costi sottesi della logistica.
Oggi osserviamo con attenzione lo sviluppo dell’economia indiana, che già rappresenta il principale importatore mondiale di carbone. Quest’anno l’India ha superato in termini di crescita del PIL la Cina e l’ha eguagliata nella popolazione. È probabile che proprio questa economia rappresenti il maggiore stimolo alla domanda, invertendo l’attuale trend ribassista delle commodity.
Segnali ci sono, ma non è possibile determinare quando e con quale progressione il nuovo ciclo prenderà avvio.
Credo sinceramente nella fallibilità delle previsioni e per questo preferisco pensare a come gestire i possibili rischi attraverso coperture e diversificazioni, piuttosto che collezionare forecast che saranno poi inevitabilmente disattesi.
Ma è davvero così difficile fare previsioni?
**Più si cerca di farle accurate, più si rischia di sbagliare; e questo vale a maggior ragione per i prezzi. Comunque ogni previsione andrebbe accompagnata da un adeguato campo di confidenza. Occorre dunque accettare la realtà che, specie sul lungo periodo, il futuro non è prevedibile e non è conoscibile. Meglio affrontare il mondo delle commodity senza sfera di cristallo e con un’adeguata diversificazione del portafoglio.
Come reagiscono realtà del calibro di Axpo?
**I modelli di business delle società energetiche sono stati completamente messi in discussione. In particolare le utility stanno rivedendo la loro strategia sugli asset tradizionali, il cui investimento non è più ripagato dall’energia prodotta. Il valore estraibile lungo l’intera filiera energetica si è infatti fortemente ridimensionato e ha cambiato collocazione.
Se prima si faceva affidamento alla generazione in base load, oggi si devono studiare e offrire servizi per la rete e per i nuovi soggetti della generazione distribuita e intermittente.
Axpo sta proprio perseguendo questa strada. Lo stravolgimento del mercato ha infatti indotto nuovi bisogni e creato opportunità per soddisfarli: la rete ha sempre più necessità di capacità di modulazione, mentre i produttori indipendenti di rinnovabili necessitano di competenze e strumenti per accedere al mercato e gestirne i rischi.
Nel contempo, i grandi consumatori richiedono assistenza per amministrare il loro portafoglio di approvvigionamento energetico minacciato dalla volatilità che si sta registrando sui prezzi. Con competenze, informazioni e strumenti ci offriamo come partner per la gestione di questi aspetti.
È un mestiere che sappiamo fare bene avendo maturato importanti esperienze sia sulla gestione degli asset che nel trading di commodity.
Ha accennato ai cicli combinati. Quanto è frustrante avere in Italia gli impianti più efficienti e moderni d’Europa... e poterli utilizzare solo un terzo del loro regime ottimale?
**Dai piani di investimento dei primi anni del 2000 ad oggi sono cambiati totalmente lo scenario e la strategia. I cicli combinati, nati per fornire il carico di base, sono oggi utilizzati soprattutto per bilanciare le fonti non programmabili. Rappresentano perciò un grande strumento di flessibilità del sistema che andrebbe valorizzato nell’ambito di un futuro mercato, possibilmente transnazionale, della capacità.
Per questo la polemica sull’aumento per il cliente finale dei costi di dispacciamento è, almeno in parte, pretestuosa: questi impianti oggi offrono principalmente servizi alla rete e come tali devono essere remunerati. Naturalmente, nell’ambito di un meccanismo trasparente di mercato che andrebbe integrato con un sistema di gestione flessibile della capacità di approvvigionamento del gas.
Non trascuriamo inoltre che stiamo parlando di impianti efficienti, a basso impatto ambientale e che sfruttano una risorsa che sarà sempre più disponibile grazie a nuovi rigassificatori e metanodotti. Cito ad esempio il progetto TAP, di cui siamo promotori e azionisti, che sarà operativo dal 2020 e porterà il gas dal Mar Caspio in Italia. Con un prezzo contenuto della materia e con prospettive di ulteriori capacità di importazione, nutro la speranza che i cicli combinati italiani possano ancora giocare un ruolo importante nel sistema elettrico; e direi anche in chiave europea.
Quale è stato il ruolo delle rinnovabili - o degli incentivi alle rinnovabili - nel contesto italiano?
**Le rinnovabili, che in Italia coprono ormai il 40 per cento dei consumi sull’anno, giocano un ruolo determinante nel mercato. Oggi siamo certamente più vicini agli obiettivi ambientali europei, ma abbiamo raggiunto questo risultato in modo scomposto e molto dispendioso.
Dobbiamo però riconoscere che non hanno fatto molto meglio gli altri Paesi europei. In generale, lo sviluppo di queste fonti ha ridisegnato l’energy mix riducendo il mercato contendibile oltre a comprimere il valore del MWh. A questo si aggiungono i citati problemi di regolazione della rete chiamata a gestire una produzione strutturalmente intermittente. Queste problematiche hanno tuttavia creato quelle opportunità a cui facevo riferimento e che le aziende più dinamiche hanno saputo cogliere.
Richiamandoci ai punti evidenziati nella nostra precedente intervista, quali sono i nodi ancora irrisolti che vede come prioritari?
**Allora avevo indicato come prioritario in Italia il problema della congestione della rete. Certamente in otto anni qualcosa si è fatto. Mi viene da citare la ormai famosa linea Sorgente-Rizziconi tra Sicilia e Calabria, finalmente realizzata dopo anni di ritardi. La questione ci stava particolarmente a cuore avendo proprio Axpo un moderno impianto a ciclo combinato accanto alla sottostazione Terna a Rizziconi.
Nonostante queste buone notizie, la situazione complessiva non è tuttavia molto incoraggiante: non a caso si continua a parlare con insistenza del problema degli sbilanciamenti anche in una situazione di overcapacity complessiva.
Rete a parte?
**Oggi focalizzerei l’attenzione su tre punti: riallocazione dei costi fissi di sistema, chiara definizione del ruolo degli operatori dei servizi di rete, regole certe e durature per il mercato.
I costi fissi di sistema hanno già superato i costi dell’energia e sono un pesante fardello sempre più difficile da giustificare e ripartire sulle differenti fasce di utenti. Auspico che per la revisione di questa ripartizione siano adottati criteri funzionali all’efficienza del mercato oltre che alla sicurezza del sistema.
Il secondo punto è annoso: esiste una sperequazione tra gli operatori della rete di distribuzione e trasporto, che godono della garanzia di una remunerazione certa sull’investimento, e gli altri soggetti della filiera energetica che sono completamente esposti ai rischi di mercato.
Questi ultimi sono inoltre gravati da pesanti obblighi economici e amministrativi come la responsabilità della riscossione di oneri e tasse. Il terzo punto si collega al precedente: regole chiare, certe, ma soprattutto durature per tutti gli attori della filiera. In questo ambito riconosco il ruolo di stimolo al libero mercato avuto dal legislatore europeo.
Purtroppo la Brexit non solo ha sottratto al tavolo comunitario un Paese tradizionalmente fautore del libero mercato, ma ha depotenziato l’istituzione europea nei riguardi dei singoli governi, oggi più propensi a soluzioni dirigistiche che a stimolare una sana competitività.
La sovrapposizione delle competenze certo non aiuta...
**La complessità dei ruoli istituzionali nelle democrazie moderne è abbastanza inevitabile. Mi preoccupa se mai di più la mancanza di forza e di autonomia dei vari ruoli istituzionali. La dialettica tra i soggetti del mercato è fondamentale, anche tra istituzioni. Vorrei però che la discussione sulle regole del mercato fosse più aperta, accogliendo le proposte degli operatori nella fase iniziale di un processo normativo e non solo avendo consultazioni su provvedimenti già definiti.
In ogni caso le aziende devono poter avere, per valutare correttamente gli investimenti, una visione che prescinda dalle regole di dettaglio momentanee. Questo aspetto è spesso mancato in Italia, dove molte questioni normative irrisolte si trascinano per anni prima di vedere una soluzione effettiva e applicabile, ma soprattutto utile ad un mercato libero e competitivo.
D’altra parte a livello europeo, con l’introduzione dei complessi regolamenti MIFID e REMIT, stiamo assistendo alla tendenza a sovradimensionare il quadro normativo. Anche in questo caso prevediamo un pesante incremento di costi e di complessità per le aziende.
Manteniamo lo sguardo sull’Europa. Come sta procedendo l’integrazione dei mercati?
**Finalmente possiamo parlare di un mercato europeo dell’energia, anche se molte normative locali restano incoerenti. Ovviamente queste differenze non facilitano il processo di integrazione e lo sviluppo di un mercato efficiente.
Commissione e agenzie europee stanno lavorando per questo importante, ma non scontato, obiettivo. Noi sosteniamo questo processo con entusiasmo e come Axpo già ci consideriamo in questa dimensione. Siamo infatti presenti in 20 Paesi europei con consociate che collaborano strettamente per offrire soluzioni integrate ai clienti multinazionali che operano in nazioni diverse.
Prendiamo alcuni mercati simbolo: Germania, Spagna, UK, Paesi dell’Est. Riesce a raccontarli in poche righe ciascuno? Partiamo dai tedeschi...
**La situazione tedesca è la più critica in Europa. Le generose politiche incentivanti sulle rinnovabili hanno modifi cato un energy mix fortemente caratterizzato dal carbone, mentre il nucleare è in via di dismissione. Come conseguenza dei sussidi, la bolletta tedesca è diventata tra le più care d’Europa nonostante il crollo del prezzo dell’energia per il deprezzamento del carbone sulle piazze internazionali.
Questa situazione sta riducendo i margini degli operatori. Non a caso, alcune grosse società hanno separato il business legato ai mercati regolati, con remunerazione certa, da quello che fa riferimento alla generazione tradizionale e al trading, oggi considerati particolarmente a rischio. D’altro canto le imprese consumatrici, già asfissiate dagli oneri di fornitura, si confrontano con la forte volatilità del prezzo dell’energia che le fonti intermittenti non fanno che acuire.
In questo contesto sono determinanti le informazioni e gli strumenti di risk management sulla gestione del portafoglio di approvvigionamento. La nostra consociata tedesca è proprio impegnata in questo campo e le esperienze maturate in termini di coperture e prodotti derivati sono messe a fattor comune nell’ambito del nostro Gruppo.
E la Spagna?
**La crisi economica ha bloccato uno sviluppo altrettanto sconsiderato delle fonti rinnovabili che, trainate da generosi incentivi, avevano creato il cosiddetto deficit tariffario poi cartolarizzato sui mercati finanziari. La recente ripresa del rinnovabile, ora vicino alla grid parity, ha evidenziato ancora di più la difficoltà di governare la rete e di remunerare i grandi impianti tradizionali ancora indispensabili per la stabilità del sistema. Uno dei primi problemi affrontati è stato perciò la gestione dello sbilanciamento delle rinnovabili. La possibilità di aggregare per il dispacciamento più impianti localizzati in aree differenti ha permesso di mitigare l’instabilità della curva di produzione.
Axpo Iberia è oggi il principale gestore di impianti rinnovabili con un portafoglio diversificato di 7.600 MW installati. Abbiamo portato anche in Italia queste competenze e gli strumenti per ottimizzare sul mercato questa produzione.
E la fuoriuscita UK?
**La rete elettrica inglese è limitatamente interconnessa con quella continentale. La Brexit avrà quindi un impatto diretto sul mercato dell’energia quasi esclusivamente per la potenziale contrazione economica del Paese conseguente alla riduzione degli scambi economici e finanziari con l’Unione Europea.
Il calo del PIL si rifletterebbe sulla domanda di energia e quindi sui prezzi. Ricordo poi che la City è una delle principali piazze internazionali per il commodity trading. Esiste ancora molta incertezza sugli sviluppi di questo divorzio; in ogni caso il suo impatto politico sarà rilevante.
Facciamo ora tappa nei Paesi dell’Est.
**Partiti con slancio, hanno purtroppo dopo pochi anni evidenziato carenze strutturali e inadeguate regolamentazioni per sviluppare efficienti mercati in regime di concorrenza. Ci sono però differenze sostanziali e alcune realtà, cito la Polonia, sono molto vicine agli standard di mercato auspicati. Come Axpo siamo attivi in tutti i Paesi dell’Est Europa, particolarmente Romania, Bulgaria e soprattutto Polonia. Pronti a cogliere le opportunità che si presenteranno.
Se le dico CO2 e mercato dell’emission trading, le rovino la giornata?
**Non mi rallegro di certo, ma più per l’incertezza che circonda le politiche ambientali europee e per gli elevanti costi correlati, che per il sistema ETS in sé che, basandosi su una logica di mercato, ci troverebbe favorevoli. Molti hanno manifestato severe critiche su questo meccanismo che è risultato oneroso per molte filiere produttive e in definitiva ha fornito risultati limitati.
Francia e Germania, dopo il Regno Unito, intendono unitariamente adottare una carbon tax sugli impianti di generazione elettrica o, in ottica più condivisa, almeno un floor sul prezzo delle emissioni: si sancirebbe così l’inadeguatezza dell’attuale strumento. In ogni caso questa fase interlocutoria sulla futura direzione delle politiche ambientali ha incrementato la già significativa volatilità sui prezzi dell’energia.
Cosa non ha funzionato?
**Si è voluto affrontare la questione della riduzione della CO2 con una molteplicità di strumenti incoerenti tra loro e quindi in evidente competizione sulle risorse disponibili. Da un lato, infatti, si sono incentivate le nuove fonti rinnovabili con meccanismi locali e non di mercato, ovvero basati sul principio della remunerazione della produzione. Dall’altro, si è applicato un meccanismo di mercato, qual è l’ETS, che ha però perso efficacia con l’attribuzione di valori minimi ai titoli di emissione per MWh.
Con la caduta del prezzo del carbone siamo così arrivati al paradosso di vedere operare in Germania le vecchie centrali che bruciano questo combustibile fossile negli ambiti lasciati disponibili dalle rinnovabili, mentre i cicli combinati a ridotte emissioni venivano fermati perché antieconomici.
Così, se gli Stati Uniti hanno abbandonato il carbone a favore del più sostenibile gas naturale, l’Europa ne ha incrementato l’importazione nonostante il più alto contenuto di CO2. Il risultato dell’ETS così applicato non ha insomma ripagato gli sforzi.
Soluzioni possibili?
**Punterei a rilanciare l’ETS o un analogo meccanismo di mercato che, attribuendo un adeguato valore economico ai titoli CO2 in funzione della loro scarsità, discrimini realmente le produzioni in base alle loro emissioni. Non sarebbero così più necessari i sussidi alle rinnovabili che verrebbero già avvantaggiate dall’assenza di emissioni e premiate, nella curva del merit order, in base alla loro reale efficienza.
Ritengo inoltre che sia necessario sviluppare una risposta globale al problema per poter avere effettivi risultati. Alla COP21 si è finalmente definito un accordo vincolante sul clima accettato da tutte le nazioni. L’Europa da sola non inciderebbe abbastanza e il risultato finale non verrebbe mai raggiunto.
In conclusione, che bilancio fate come Axpo del 2016 in Italia e in Europa?
**L’Italia è un Paese che ci sta dando grosse soddisfazioni. Sia a livello di energy management e di trading, sia a livello di vendita finale abbiamo raggiunto gli obiettivi di volume e di profittabilità attesi. Complessivamente in Europa le aree di business hanno ottenuto buone performance, mentre stiamo soffrendo, come molti d’altra parte, per la già citata caduta dei prezzi sulla generazione soprattutto in Svizzera. Anche quest’anno poi ci siamo confermati come eccellenza nel servizio e nella gestione delle controparti, ricevendo un importante riconoscimento nelle graduatorie dell’Energy Risk Commodity Ranking. Siamo infatti risultati primi per l’energia elettrica e terzi per il gas a livello mondiale: una bella soddisfazione per una media realtà in competizione con i colossi del settore.
La nostra forza è indubbiamente nella gestione del rischio sui portafogli energetici e con questa forza puntiamo ad allargare l’orizzonte d’azione. Quest’anno abbiamo avviato la consociata statunitense e aperto una sede a New York.
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