L’Europa del New Deal e l’Italia del New Peel

Torna al sommario di Roberto Napoli






L’ultima decade ha visto la trasformazione del settore dell’energia elettrica, ma le promesse fatte balenare ai consumatori non si sono realizzate.


Preso atto di ciò, con un meritorio atto politico la Commissione Europea ha lanciato l’operazione New Deal for Energy Consumers (luglio 2015). Il nome è estremamente appropriato e mediaticamente assai efficace. Richiama l’intuizione rooseveltiana (1932) di chiamare all’azione i suoi cittadini, dimenticati dalla filosofia politica dei precedenti governi, per sancire un nuovo patto per una più equa distribuzione della ricchezza. La Commissione è partita dalla constatazione che ci sono troppi fattori negativi che bloccano i possibili vantaggi per i consumatori, a cominciare dall’insufficienza delle informazioni su costi e consumi e dalla scarsa trasparenza delle offerte di mercato.

Si frappongono troppi ostacoli all’autogenerazione e all’autoconsumo. Si fa troppo poco (o quasi nulla) per remunerare l’eventuale partecipazione attiva dei consumatori al controllo della domanda. Si alzano barriere contro la concorrenza. Di fatto si ostacolano subdolamente innovazioni tecnologiche, non stimolando adeguatamente la generazione distribuita, l’efficienza energetica e le applicazioni utilizzatrici avanzate. L’intelligenza dei contatori è sfruttata in massima parte a beneficio degli stakeholder, ma non dei cittadini consumatori.
Occorre dunque un nuovo patto, un New Deal per il quale la Commissione Europea identifica (assai correttamente) tre pilastri fondamentali: dare maggior potere ai consumatori; realizzare veramente le smart home e gli smart network nell’interesse dei cittadini; proteggere i dati privati.
Tutto ciò è finalmente e perfettamente in linea con l’ormai quasi generale convinzione che non si esce dalla stagnazione dei progetti di evoluzione delle infrastrutture energetiche se non si mettono al centro gli interessi reali dei cittadini.[...]

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