di Davide Canevari
Generazione, trasmissione, integrazione... Per definire le principali esigenze del panorama energetico mondiale, questi termini sono spesso e volentieri usati come parole chiave.
Nuova Energia ha chiesto a Matteo Codazzi di fare la sua scelta lessicale sfogliando il vocabolario dell’energia, e il CEO di CESI si è fermato su altre due pagine, alle lettere “F” ed “R”.
“In uno scenario energetico in grande cambiamento come quello attuale teso alla decarbonizzazione, è impossibile scegliere una singola parola chiave. È necessario invece parlare al plurale.
In questo senso mi soffermerei su due concetti fondamentali: rinnovabili e flessibilità”.
Partiamo proprio dalle FER: non se la stanno certo passando male in giro per il mondo.
**Certo, dall’analisi del trend di sviluppo degli ultimi anni, e traguardando verso i prossimi quindici, emergono segnali convincenti che il processo di transizione verso le fonti rinnovabili possa solo accelerare con il tempo. Secondo le stime dell’International Energy Agency, per esempio, l’energia solare, che oggi rappresenta solo l’uno per cento della produzione elettrica nel mondo, sarà la principale fonte energetica entro il 2050.
Eppure c’è chi si lamenta parecchio del momento attuale...
**La crisi e il taglio degli incentivi possono pesare sui ritmi di crescita nel breve periodo, ma non stanno fermando - ad esempio - il forte progresso tecnologico che sta aumentando le performance tecniche ed economiche: la nuova energia installata in Europa, per esempio, è sostanzialmente rinnovabile. Inoltre, secondo i dati forniti a luglio 2015 dalla Commissione Europea, la quota di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili raddoppierà entro il 2030, passando dall’attuale 25 al 50 per cento.
È molto probabile che anche nel resto del mondo la transizione energetica dalle fonti fossili alle rinnovabili seguirà più o meno la stessa strada. Magari con ritmi anche più accelerati, vista la potente spinta del governo cinese e dei Paesi emergenti in questa direzione.
La Cina, ancora lei!
** Da anni ormai la Cina è il primo mercato mondiale per le fonti pulite, soprattutto per il solare, con 10 GW installati l’anno scorso e ben 18 GW stimati quest’anno. Ma questo fenomeno non è circoscritto dentro i confini cinesi. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, per la prima volta nel 2015, su un totale di investimenti pari a 286 miliardi di dollari, oltre la metà sono stati realizzati dalle nazioni emergenti, con in testa l’India (a fianco della Cina).
La crescita dell’economia e delle infrastrutture nei Paesi in via di sviluppo sta portano l’attenzione degli investitori di settore verso quei mercati; è infatti ipotizzabile che la capacità installata dei Paesi emergenti supererà i 4,6 TW entro il 2030. In alcuni casi si registrano tassi di crescita degli investimenti davvero notevoli. Tra questi, nel 2015 citerei il Messico (4,2 miliardi di dollari: più 114 per cento sul 2014), il Cile (3,5 miliardi di dollari: più 157 per cento) e il Sud Africa (4,5 miliardi: più 329 per cento).
Anche le nazioni dell’area MENA offrono interessanti opportunità per la realizzazione di nuovi impianti, sia per la presenza di risorse eoliche e solari, sia per la forte crescita della domanda elettrica.
Oramai quasi tutti i Paesi nel mondo hanno capito - facendo tesoro anche degli errori iniziali di sottovalutazione da parte di alcune nazioni europee - che bisogna prepararsi per tempo allo sviluppo delle rinnovabili e non bisogna farsi trovare con reti inadeguate e tecnologicamente vetuste.
Proprio come CESI, recentemente, abbiamo supportato numerosi Paesi nella stima della massima capacità di accoglimento delle rinnovabili nella rete esistente e anche nella defi nizione delle priorità di investimento per l’adeguamento delle reti stesse. Mi piace ricordare il caso della Tunisia, della Giordania, degli Emirati Arabi Uniti, solo per citarne alcuni tra i tanti.
In effetti la crescita delle nuove fonti non può essere decontestualizzata dalla realtà nella quale si vanno ad inserire.
**Lo sviluppo delle FER pone un’evidente esigenza, ovvero: sopperire alla loro volatilità. Una prima soluzione in tal senso è far sì che una quantità crescente di energia sia oggetto di scambi transnazionali. Questi scambi si realizzeranno sempre più su reti ad altissima e alta tensione, basate sulla tecnologia HDVC che rende più effi cienti le connessioni di grande capacità e distanza, eliminando i colli di bottiglia. Un’altra soluzione, che si affi anca alla precedente, è la defi nizione di un parco di generazione technology-neutral che garantisca continuità attraverso fonti rinnovabili e tradizionali
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In a fast-changing global energy landscape such as the current one, picking one single key word is definitely not an easy task, but CESI’s CEO Matteo Codazzi finds no less than two - renewables and flexibility.
“If we analyse the development trends of the last few years and we look further ahead into the next fifteen, we’ll find convincing signs that the process of transition towards renewables can only get faster over time. The circumstances of crisis and the incentive cuts that stemmed therefrom can hinder the pace of growth in the short term, but they cannot stop the huge advancements in technology that are boosting economic and technical performance.
New energy installations in Europe, for example, are basically renewable; the transition from fossil fuels to renewables in the rest of the world is highly likely to follow along more or less the same lines… and maybe it will do so even faster, given that governments in China end emerging countries are pushing hard in this direction.
As a matter of fact, the size of investments required by ongoing changes is definitely not ordinary. So it’s up to national governments to take action to foster regional interconnections and incentivize capacity increase.
And it’s again up to the governments to implement the changes in legislation that are needed to enhance market flexibility - an essential requirement that arises from the very development of renewables and the need to face their volatility”. There is a third key word that somehow encompasses and condenses the previous two: smart grids.
“This is by no means a mere slogan - Codazzi points out - quite the opposite. If I look at how lively this sector is in the USA, where we recently opened our Washington office, it’s easy for me to imagine we are really about to see the dawn of the smart grid 2.0 era. In emerging countries, instead, the push towards smart grids stems above all from the need to grant access to electricity to the whole population”.
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E quanto alla flessibilità?
**Le nuove tecnologie abilitanti quali smart grid, contatori digitali, domotica, sistemi di autoproduzione e stoccaggio, già offrono ai consumatori - e avverrà sempre di più in futuro - la possibilità di partecipare attivamente al mercato, ottimizzando il consumo e riducendo il peso della bolletta.
Per accompagnare questa evoluzione virtuosa, ci confrontiamo appunto con la seconda esigenza: rendere il mercato più
flessibile.
Ancora più in concreto?
** Significa adeguare i prezzi ai consumi, garantendo uno scambio flessibile, quasi in tempo reale e, infine, eliminando i prezzi regolamentati e gli aiuti inefficienti.
I produttori di energie rinnovabili, infatti, competono sempre più su un piano paritario con i produttori di energia convenzionale. Le due esigenze esposte in precedenza, e le soluzioni a queste legate, necessitano di investimenti di portata non banale.
Dovranno essere soprattutto gli Stati a intervenire per favorire le interconnessioni regionali e incentivare l’aumento di capacità. Come saranno sempre i Governi a dover mettere in atto quei cambiamenti legislativi a favore di una sempre maggiore flessibilità.
Questo scenario in così rapida e profonda evoluzione contrasta e convive con il problema ancora in buona parte irrisolto della povertà energetica. Nel mondo sono più di un miliardo le persone prive di un accesso all’energia elettrica.
**Per arrivare a un vero e diffuso sviluppo economico e sociale anche nelle aree del mondo più disagiate, bisogna partire dall’energia e dal suo corretto utilizzo. Il grave problema di accesso a fonti energetiche moderne e pulite per un’altissima percentuale di popolazione non ha solo effetti negativi sulla vita dei singoli individui, ma anche sulla nascita di un solido e competitivo tessuto industriale.
Notiamo peraltro che spesso materie prime e risorse energetiche alternative, pronte per essere sfruttate, sono concentrate proprio in alcune zone dove è maggiore il sottosviluppo.
Non solo fossili, ma anche rinnovabili, come energia geotermica, solare, da biomassa, idroelettrica ed eolica.
Ad esempio, in questo momento come CESI siamo impegnati a supportare le utility di Kenya, Etiopia e Sudan nello sfruttamento regionale delle ingenti risorse idroelettriche etiopi.
Come dare una svolta a questa situazione, e con quali obiettivi temporali credibili?
**È necessario identifi care una strategia energetica sia nazionale sia, molto spesso, regionale volta a coniugare il fabbisogno energetico delle aree in via di sviluppo con la sovracapacità energetica attuale o potenziale di altre aree. Inoltre, poiché le reti esistenti prossime ai grandi centri urbani sono nella maggioranza dei casi obsolete, lasciate senza manutenzione e inaffi dabili, bisogna porre tra le priorità anche gli interventi su queste ultime.
Occorre quindi rafforzare l’interconnessione all’interno di macroregioni del continente attraverso l’utilizzo di tecnologie che attualmente garantiscono la massima affidabilità su lunghe distanze e riducono al minimo le perdite, come la già citata HVDC.
Tra i benefici previsti si segnalano una riduzione nel costo al kWh, un aumento di accesso a servizi energetici moderni e una migliorata e più razionale ridefinizione del mix energetico dell’area, favorendo il sostegno reciproco tra Paesi ricchi di combustibili fossili e altri dove, invece, sono più abbondanti le energie rinnovabili.
Rinnovabili a parte, sembra esserci una “grande assente”: la Vecchia Europa.
**Al contrario, riteniamo ci possano essere ampi margini di mercato anche nel nostro Continente, grazie proprio all’adozione di nuove soluzioni. E qui entra nuovamente in gioco l’HVDC, una tecnologia che, pur avendo una lunga storia, solo negli ultimi anni ha raggiunto livelli di prestazioni, di affidabilità e di economicità in grado di rispondere alle sfide più impegnative del settore elettrico in Europa.
L’HVDC potrebbe rappresentare un nuovo paradigma nella gestione delle reti elettriche europee, diventando elemento chiave nella ottimizzazione dei flussi provenienti da fonti diverse, come il solare dal Sud, il nucleare dal Centro e l’eolico dal Nord del Vecchio Continente.
La trasmissione di grandi quantitativi, dalle sorgenti naturali di energia ai centri di consumo, solitamente posti a notevole distanza tra loro, può avvenire grazie a questa tecnologia, con perdite molto ridotte e una maggiore possibilità di controllo attraverso l’elettronica di potenza che caratterizza queste soluzioni.
Parlando di tecnologia, proprio all’inizio lei faceva cenno anche ai sistemi di accumulo.
**È importante sottolineare il ruolo che i sistemi di accumulo elettrochimico dell’energia (electricity storage) potranno svolgere nel prossimo futuro. D’altra parte l’Italia su questa tecnologia, e sulle sue applicazioni, detiene una posizione di leadership continentale.
I sistemi di accumulo possono essere impiegati lungo tutta la filiera, con diverse modalità e finalità: spostare flussi di energia nel tempo, attenuando picchi di prelievi o immissioni sulle reti elettriche, oppure ridurre gli sbilanciamenti delle fonti rinnovabili. Per effetto del miglioramento tecnologico ritengo che prospetticamente si delinei uno spazio di mercato sempre più interessante, anche per le soluzioni di storage basate sulle batterie residenziali, accoppiate alla generazione rinnovabile distribuita, installate presso il cliente finale.
Infine la sinergia derivante dal sempre maggior utilizzo di soluzioni software e ICT applicate al mondo dell’energia, quali l’Internet of Things (IoT) e il data analytics, consentiranno uno sviluppo esponenziale di soluzioni di efficienza energetica e demand response particolarmente sofisticate e poco costose. Un’occasione, quella della smart energy efficiency che il sistema Italia davvero non dovrebbe lasciarsi scappare per le sue virtuose ricadute tecnologiche, industriali e di riduzione costi.
E il cerchio torna a chiudersi sulle smart grid. Come convincere anche gli scettici che si tratta di una rivoluzione e non di un semplice slogan?
**Le smart grid non sono affatto uno slogan, anzi. Sono diversi i motivi alla base della necessità del loro sviluppo; di molti si è già parlato in precedenza. Nei Paesi industrializzati la spinta deriva soprattutto dal bisogno di procedere verso la decarbonizzazione, attraverso una maggiore efficienza energetica, ma anche dalla necessità di modernizzare le reti elettriche che spesso sono obsolete e non più adeguate ai nuovi bisogni. Le dirò di più: a tale proposito, se guardo all’effervescenza di questo settore negli USA, dove siamo entrati recentemente attraverso l’apertura dei nostri uffici di Washington, mi viene facile prevedere che la smart grid 2.0 sia veramente alle porte.
Nei Paesi emergenti, viceversa, l’impulso verso le smart grid nasce soprattutto dall’esigenza di garantire a tutta la popolazione l’accesso all’energia elettrica.
Tutto sta, dunque, a rendere il più possibile tangibile il concetto di smart grid...
**Io penso che l’evoluzione delle smart grid si basi su alcuni precisi key driver: aumento dell’utilizzo di fonti da energia rinnovabile, gestendo al meglio la loro imprevedibilità; risposta a una sempre più diffusa generazione distribuita di piccola taglia, unita alla tradizionale generazione centralizzata di larga scala; prezzi dell’energia sempre più competitivi; sicurezza e qualità della fornitura; invecchiamento delle infrastrutture.
Si tratta di situazioni e relative soluzioni realmente tangibili e concrete.
Quanto è spesso il libro delle possibili ricette?
**Per definire un efficace piano d’azione per l’implementazione di una smart grid è importante scegliere un approccio che sappia tenere in considerazione – contemporaneamente – tutti gli aspetti tecnici, economici, normativi, sociali e ambientali riguardanti lo sviluppo di ciascun sistema elettrico. Per questo non esiste una ricetta unica valida per tutti o comunque di immediata applicazione in contesti “simili”.
Ogni progetto di smart grid - e in particolare di smart transmission grid – va calibrato su misura in base alle specifiche necessità del Paese o del mercato in cui questo andrà a realizzarsi.
Su questi temi CESI ha di recente lavorato in Arabia Saudita, in Uzbekistan e, mi auguro, lavorerà a breve anche in Iran.
Quando si parla di investimenti si tende spesso a ragionare come se centrali e reti avessero vita eterna. Revamping, gestione delle dismissioni, sostituzione degli impianti giunti a fine vita, interventi sull’esistente... Quanto è importante oggi questo mercato parallelo per gli investitori?
**Molto, proprio perché rappresenta un’esigenza fondamentale nel percorso evolutivo del sistema elettrico. Negli ultimi anni stiamo assistendo a un forte calo della domanda e allo sviluppo del settore verso un sempre maggiore utilizzo delle fonti rinnovabili.
A questi fenomeni si unisce la diffusione di nuovi modelli di generazione distribuita e anche una responsabilizzazione capillare dei comportamenti di produzione e consumo.
Dato questo scenario, in molte zone del mondo il sistema elettrico si trova oggi in una situazione di sovracapacità,accresciuta spesso dalla presenza di vincoli di interconnessione interna che vanificano l’utilizzo efficiente del parco installato. Non ha senso, e sarebbe antistorico, pensare di frenare l’evoluzione in atto. La soluzione, invece, è cercare di trasformare il potenziale problema in un’opportunità per l’ammodernamento, ove possibile, del parco esistente, con profonda attenzione alla sostenibilità ambientale, e di progettazione e implementazione di utilizzi differenti per gli asset che dovranno essere dismessi.
Ma lo stesso vale anche per alcuni impianti rinnovabili, specie alla luce degli enormi miglioramenti delle performance tra le tecnologie attuali e quelle usate nelle prime installazioni. Anche l’introduzione del capacity market è a sostegno di questo processo. Può rappresentare, infatti, una prima risposta all’esigenza degli operatori di avere segnali di mediolungo termine per poter programmare delle adeguate scelte di investimento, anche quelle focalizzate alla dismissione o riconversione degli asset.
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