“La ricerca pubblica non sia pubblica amministrazione”
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di Stefano Besseghini | presidente e amministratore delegato RSE

Stefano Beseghini
Febbraio 2011. Durante un evento alla Camera di Commercio di Lecco di fronte all’allora Ministro dell’Università e Ricerca Francesco Profumo mi permisi di lanciare questo semplice slogan: Facciamo in modo che la ricerca pubblica non sia pubblica amministrazione! Sono passati quattro anni e alla luce della costante “disattenzione” per i problemi della ricerca in Italia e in attesa di una troppo annunciata riorganizzazione del settore mi pare che il tema sia ancora di attualità e meriti qualche approfondimento.



Certamente non è utile svolgere un’ulteriore analisi dei diversi indicatori che caratterizzano il settore della ricerca nazionale, ma per definire lo scenario di riferimento è opportuno richiamare alcuni punti su cui c’è un diffuso consenso, pur limitandoci al mondo, relativamente vasto, delle strutture che svolgono stabilmente ricerca a valere su fondi di natura pubblica:
l’investimento medio in ricerca in Italia è inferiore rispetto ai principali Paesi industrializzati. Si conviene anche che il finanziamento pubblico sia confrontabile con i Paesi di riferimento mentre è inferiore l’investimento privato; 33il sistema della ricerca nazionale esprime, sia in generale sia a livello settoriale, una buona collocazione nelle graduatorie bibliometriche, per volume e qualità;
al contrario la presenza in ambito brevettuale è decisamente scarsa;
il sistema della ricerca nazionale viene descritto come: confuso, male organizzato, ricco di duplicazioni e non orientato a un risultato e a una chiara visione strategica;
il sistema è caratterizzato da eccellenze a macchia di leopardo e da una diffusa capacità di esportare risorse umane di qualità. Per contro, ha poca o nessuna capacità di attrazione di risorse umane qualificate.



Tutti questi elementi sono indicatori molto chiari di un sistema della ricerca che si basa essenzialmente sulle spiccate qualità dei singoli e, in un’ottica prettamente italiana, fatica a trovare una dimensione organizzata e strutturata. È evidente allora che un tema che ricorre solo episodicamente e resta perlopiù nell’oblio sia quello della riorganizzazione degli enti di ricerca o meglio, complessivamente, del sistema della ricerca in Italia. Si tratta, in effetti, di un dibattito incidentale, conseguente a qualche elemento di cronaca, più che un percorso strutturato che tragga giovamento dai passaggi precedenti. Se necessario, quindi, un’ulteriore dimostrazione del fatto che il settore, pur percepito come rilevante, non è al centro del dibattito strategico e nel nostro Paese e nell’agenda della politica.
Posto che la ricerca, come evidenziato da tutti gli indicatori internazionali di competitività e attrattività per un Paese è un investimento strategico, la considerazione immediatamente correlata è cateche non esiste nessuna attività strategica che trovi compimento in sé. [...]

©nuovaenergia

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