Niente di nuovo intorno al barile
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di Giuseppe Gatti




L’improvviso crollo delle quotazioni del greggio sul finire del 2014 ha sconvolto lo scenario energetico internazionale, che ancora non riesce a trovare un assestamento in ordine alle possibili evoluzioni future. A quale livello si assesterà l’oil e quali le ripercussioni sugli altri mercati energetici, a partire da quello del gas e di conseguenza (almeno per quanto riguarda l’Italia) su quello elettrico?



Per cercare di dare una risposta sensata bisogna anzitutto capire la strategia a cui risponde la politica dei prezzi seguita dall’OPEC. Al riguardo si sono sentite le ipotesi più diverse e invero, talora fantasiose. In un primo momento sono prevalse le interpretazioni politiche: si è sostenuto che l’Arabia Saudita, rifiutandosi ad una politica di tagli e lasciando cadere i prezzi, intendeva dare una mano a Washington, indebolendo la Russia (e insieme il tradizionale rivale iraniano). Poi, quando i prezzi hanno continuato a scendere, si è affacciata la tesi opposta: non solo i sauditi non volevano aiutare l’America, ma anzi intendevano proprio colpire la ritrovata capacità produttiva degli Stati Uniti, che grazie allo shale oil erano tornati ad essere il terzo produttore mondiale e da importatori netti di derivati petroliferi stavano diventando esportatori.
Infine, è stata affacciata una sorta di motivazione ideologica, per cui l’OPEC, buttando a mare oltre 50 anni di pratiche collusive di cartello, si sarebbe repentinamente convertita al libero mercato, affidando all’incontro tra domanda e offerta la formazione dei prezzi. Tutte queste ricostruzioni ignorano due verità elementari. [...]

©nuovaenergia

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