Besseghini: “La ricerca serve se serve al Sistema Paese”
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INTERVISTA Al PRESIDENTE E AMMINISTRATORE DELEGATO DI RSE


di Davide Canevari



Stefano Besseghini “La ricerca può e deve avere una funzione integrante; deve per prima cosa porsi la domanda se e in cosa può servire (almeno) a una parte del Sistema Paese. Poi si può dibattere sul come fare, ma prima occorre definire cosa e per chi. Il concetto dell’utilità deve essere un punto di riferimento. La ricerca non può essere fine a se stessa, e avere un valore solo in quanto si fa. La sfida è quella di domandarsi sempre a chi serve (o a chi potrebbe servire)”.


Intervenendo sul numero 4|2014 di Nuova Energia Stefano Besseghini, presidente e amministratore delegato di RSE, è stato chiaro e diretto nell’esplicitare il proprio punto di vista sul ruolo che ha (o almeno dovrebbe avere) la ricerca italiana. Riprendiamo il filo del discorso per capire - senza troppa malizia... - se sia più adatto l’uso dell’indicativo o del condizionale. Si tratta solo di un auspicio o di una situazione che già trova riscontro nel presente? Certo migliorabile e da migliorare, senza tuttavia dover partire da zero?
Una prima possibile risposta giunge da una indagine conoscitiva interna che RSE ha condotto nei mesi scorsi proprio per capire che fine abbiano fatto i prodotti delle sue ricerche: a cosa (o meglio, a chi) siano effettivamente serviti. Va subito precisato che, per molti versi, i risultati sono stati stimati per difetto.

[...] A Stefano Besseghini chiediamo un breve commento su questi dati.


Così, a caldo, è soddisfatto dei risultati?
**Direi di sì. Sono soddisfatto dei risultati ma anche e soprattutto del lavoro svolto e del riscontro che in azienda c’è stato. In Italia siamo molto attenti alle valutazioni ex-ante, raramente controlliamo formalmente ex-post. Direi che la verifica dell’effettivo impiego di un risultato presso il potenziale target rappresenti veramente un unicum.



Quali sono, a suo avviso, le ragioni del non utilizzo di alcuni prodotti?
**Possono essere molteplici e, di per sé, non sono un indicatore della minore qualità del prodotto stesso o di un demerito. In alcuni casi la causa può essere una diffusione non ancora efficace dei risultati; in altri la ricerca ha fatto “centro” ma poi i costi di implementazione si rivelano troppo elevati.
Un’altra causa ha a che fare con l’evoluzione della realtà energetica del nostro Paese o dei trend internazionali, che hanno inevitabilmente reso “inutilizzabili” alcuni risultati. È successo, ad esempio, per il nucleare (che alcuni anni fa sembrava pronto alla ripartenza anche nell’agenda politica) o per la CCS. [...]

©nuovaenergia

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