Verso l'era del gas, anche con lo shale
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di Riccardo Varvelli | Politecnico di Torino


             
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The global reserves of natural gas declared producible amounted to 200,740 billion cubic meters (end of 2012). Compared back of five years they went up by 9 per cent. The natural gas production in the world during 2012 was equal to 3,380 billion cubic meter (13 per cent more versus 2008). The same figures for the United States, compared to five years earlier, are as follows: increased reserves +40 per cent; increased production +23 per cent. The credit for this remarkable performance in the U.S. goes mainly to the unconventional gas.
Up to the end of Seventies the term unconventional gas defined the presence of natural gas in fields “
not economically viable”. Later it began to be consider “conventional gas” the one found in vein that produced spontaneously due to the “push water” (water drive) below and “unconventional gas” the one presents in fields where the “push water” was absent.
According to a geological and not economical distribution, the “unconventional gas” is now divided into four different families characterized by different reservoir rocks.
The first type is the natural gas found in coal fields (
Coal Bed Methane), the second is present in clastic rocks of sandstone or sands with low permeability called tight gas. The third type is the one of methane hydrates (well known but not yet considered in the production) and the last one is the shale gas, that is the gas trapped in shale characterized by low porosity (3-9 per cent), low permeability without water drive.
Large areas of shale gas have been identified worldwide, but especially in the United States, Canada, Brazil, Argentina, China, Australia, South Africa and Algeria. Shale basins are present in Asian Russia, while in Europe, extensively occupied by clay soils, the most promising areas are the ones around the Baltic States’ basin and the large Lublin basin affecting Poland, Ukraine and Moldova. To these large areas shall be added the clay formations founded in Denmark and Norway, those of England in Lancashire and the Spanish Basque Country. Potential large basins have been identified in France, Germany, Netherlands, Romania and Bulgaria. Italy is also affected by the presence of formations, in mineralized shale gas throughout the Po Valley.
The assessment of
global resources in shale gas is still approximate. The first estimates ranging 100 to 300 trillion cubic meters of shale gas. Considering now (based on the American experience) an average prudential recovery factor equal to 15-18 per cent, the recoverable reserves could be between 15,000 and 50,000 billion cubic meters.
At the end of the 80s a small independent oilman
George Mitchell, who operated in the field gas Barnett Shale in Texas, joined two experiences already well known in the oil industry: hydraulic fracturing (fracking or hydraulic fracturing) with horizontal drilling which in those years was increasing and expanding its usability. The hydraulic fracturing occurs thanks to the injection layer in the high pressure of a liquid or a gel that creates micro fractures in the rock increasing the porosity. To prevent the fractures created will reverse when the pressure recurs to the original values the injected fluid layer contains grains of sand or ceramic that guarantee, entering in the interstices of the rock, that they remain beanti thereby supporting the flow of the trapped gas. The horizontal drilling has been developed more recently. A horizontal well is actually still a vertical hole to the depth of the field at which mechanical solutions, the chisel that pierces the ground continues to operate horizontally in the layer.
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Le riserve mondiali dichiarate producibili di gas naturale secondo i dati ufficialmente accettati (ma non sempre formalmente accertati) e pubblicati dalla rivista World Oil and Gas dell’Eni, alla data del 31 dicembre 2012 erano pari a 200.740 miliardi di metri cubi. Rispetto a cinque anni prima esse sono cresciute del 9 per cento.


La produzione di gas naturale nel mondo nel 2012 è stata pari a 3.380 miliardi di metri cubi, con un incremento del 13 per cento rispetto a cinque anni prima. Per quanto riguarda la situazione specifica degli Stati Uniti - sempre considerando un orizzonte temporale a cinque anni - le riserve risultano in crescita del 40 per cento e la produzione del 23 per cento. Il merito di questa eccezionale performance degli USA va prevalentemente imputato al gas non convenzionale.



Il gas non convenzionale
Fino alla fine degli anni Settanta la dizione “gas non convenzionale” definiva la presenza di gas naturale in giacimenti “non economicamente convenienti”.
In seguito si iniziò a considerare come “gas convenzionale” quello presente in giacimenti che producevano spontaneamente grazie alla “spinta d’acqua” (water drive) sottostante, e “gas non convenzionale” quello presente in giacimenti dove non operava la “spinta d’acqua”.
Ora, secondo una ripartizione geologica e non più economica, il gas non convenzionale si suddivide in quattro tipi diversi caratterizzati da rocce serbatoio differenziate. Il primo tipo è il gas naturale presente in giacimenti di carbone (Coal Bed Methane), il secondo è quello presente in rocce clastiche di arenaria o di sabbie a bassa permeabilità denominato tight gas. Il terzo tipo è quello degli idrati di metano e il quarto, quello di cui più si parla in questi ultimi tempi (e di cui si occuperà anche questo articolo) è lo shale gas, cioè il gas imprigionato negli scisti argillosi caratterizzati da bassa porosità (3–9 per cento), bassa permeabilità e privi di water drive.


Il gas presente può essere di origine termogenica o biogenica. Il primo deriva dalla trasformazione del kerogene intrappolato nella roccia; il secondo è generato da batteri metanogeni delle sostanze organiche sedimentate.
Normalmente il contenuto di gas nelle rocce è di 1–3 metri cubi per tonnellata di roccia. Vaste aree di shale gas sono state individuate in tutto il mondo [...].


La produzione di shale gas
statunitense ed europea

Attualmente i più grandi produttori del mondo di shale gas sono gli Stati Uniti. Già nel 1821 nella parte occidentale dello Stato di New York esisteva un pozzo di shale gas che raggiunse la profondità di 8 metri, grazie al quale fu possibile illuminare alcune case della cittadina di Fredonia per mezzo di un collegamento con una tubatura di tronchi legnosi scavati all’interno.
Da allora la valorizzazione delle formazioni di scisto di argilla si diffuse man mano in tutti gli Stati Uniti. Nel 1980 i pozzi di shale gas erano circa 7.000 per diventare nel 2012 (secondo EIA) oltre 50.000, per una produzione totale di circa 230 miliardi di metri cubi l’anno pari al 34 per cento della produzione nazionale (nel 2000 tale percentuale era intorno all’1 per cento).
Secondo l’U.S. Energy Information Administration tale percentuale supererà il 60 per cento della produzione nazionale dopo il 2040, permettendo così agli USA di diventare esportatori e primi produttori al mondo di shale gas seguiti da Cina, Canada, Russia e Australia.
L’Europa è meno ricca degli Stati Uniti ma non sfigura nel panorama energetico mondiale dello shale gas con i suoi oltre 15.000 miliardi di riserve considerati potenzialmente estraibili. I Paesi più ricchi di riserve sono la Polonia e la Francia con circa 5.000 miliardi di metri cubi, seguiti dalla Norvegia, dall’Ucraina, dalla Bulgaria e dalla Germania. [...]

©nuovaenergia

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