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Una voce fuori dal coro; o meglio la voce fuori
dal coro
. Nel mondo dell’ambientalismo, da tempo
gli Amici della Terra rappresentano una delle poche
realtà che ha il coraggio di uscire dal consensus
generale e di fare proposte non allineate.
Che possono piacere o meno, ma di sicuro non sono
scritte e pubblicate in carta copiativa. È successo
anche lo scorso 27 maggio in occasione dell’annuale conferenza sull’efficienza energetica. Il messaggio
che lo stesso Sole 24 Ore
ha definito una proposta shock potrebbe essere così sintetizzato:
E se fossero le FER a finanziare l’efficienza energetica? O, in altri termini: chi più
ha avuto (in passato) ora più dovrebbe contribuire alla causa. La storia dell’energia in Italia viene dunque riscritta da zero. L’efficienza energetica continua a interpretare il personaggio di Cenerentola... ma
è come se il ruolo delle sorellastre spettasse ore alle rinnovabili elettriche o, per lo meno, a quelle
che hanno fatto incetta di incentivi lasciando, appunto, in brache di tela la povera efficienza.
Una visione un po’ troppo romanzata? Sembrerebbe di no, a leggere le proposte avanzate dagli
Amici della Terra, senza troppi giri di parole. “Occorre una completa revisione delle politiche di sostegno
al raggiungimento degli obiettivi energetico-ambientali”. E che dire degli strumenti suggeriti?
Cessazione immediata degli incentivi per i grandi impianti eolici e per quelli di sola
produzione di elettricità a fini commerciali; tassazione delle extra rendite di cui stanno beneficiando
molti impianti di produzione di rinnovabili elettriche realizzati nell’ultimo decennio; destinazione di tale gettito
al rafforzamento degli strumenti d’incentivazione per la promozione dell’efficienza energetica.
Non si tratterebbe di bruscolini, visto che gli stessi Amici stimano che “il possibile gettito di una simile
misura potrebbe essere nell’ordine minimo di un miliardo l’anno”. Ne finanzi di progetti per l’efficientamento!







Gli italiani si trovano da tempo in una situazione particolare e difficile.
Tante situazioni sono di per sé difficili e talvolta l’impegno dei connazionali
per complicarle ulteriormente è, da sempre, uno sport nazionale.
Un esempio, a caso… Non abbiamo molta energia, ne importiamo molta,
la paghiamo molto
. Stop. Poiché in Italia i sostenitori delle svariate fonti
rievocano spesso negli stili comportamentali gli schieramenti sportivi e partitici
(di entrambi non difetta l’abbondanza), lo scontro assume contorni forti
e spesso paradossali. In tal senso, basta descrivere una situazione che vede
molti pareri confliggere tra di loro, con il risultato che sul campo di battaglia
tutti, più o meno, ci lasciano le penne. La casistica fornisce ricche indicazioni.
Non si vuole il nucleare e si acquistano chilowatt atomici prodotti da centrali
assai vicine ai patri confini. Aziende italiane “fanno” nucleare all’estero e nessuno
dei contestatori indigeni del nucleare contesta il fatto. Della serie, va bene che
le cartucce siano prodotte in Italia ma che gli uccelli siano impallinati all’estero.
Non suscita nemmeno grande scandalo che tutto l’enorme quantitativo di gas
che consumiamo provenga da Paesi e regimi non propriamente democratici,
dove le nostre riforme istituzionali suonerebbero strane come un concerto
dei Rolling Stones nella Cappella Sistina. Si registra anche che qualcuno preferisca
il solare all’eolico, l’eolico alle biomasse, le biomasse al solare e all’eolico.
Anche nella famiglia delle rinnovabili, quindi, volano i piatti. I cocci delle centrali
a gas
si raccolgono numerosi. Il carbone è quasi impronunciabile, i biocombustibili
suscitano apprensioni. In sintesi, l’un contro l’altro armati, senza lasciar
fuori dalla mischia termovalorizzatori e infrastrutture varie (vedi rigassificatori).
Adesso, sembra che Paesi (Croazia) e isole (Malta) siano molto intenzionati
a perforare le proprie acque territoriali a un tiro di schioppo dalle nostre coste
per estrarre gas e petrolio. Va da sé, ovviamente, che il Bel Paese
respinge l’eventualità che ciò accada nelle proprie. Stando così la situazione,
è lecito chiedersi se non sia inutile riformare il titolo V° della Costituzione.
Tanto, di questo passo, meglio lasciare le cose come stanno.
Senatus, pressappoco, docet. Lì, per riformarlo, sì che ci si mette tanta energia.
Intanto, continua la guerra dell’energia. A parole la vinciamo, in soldoni la paghiamo cara.

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