Moresco: “Italia competitiva con un bagaglio unico di competenze”
Torna al sommario del dossier


di Davide Canevari


IL RESPONSABILE DELLA BUSINESS UNIT POWER GENERATION DI ABB IN ITALIA




Energia: siamo all’anno zero? Per certi versi sembrerebbe proprio di sì. Dopo la perdurante crisi planetaria - ma certo non solo per sua colpa (o merito?) - il settore energetico appare oggi profondamente cambiato e tuttora in rapida evoluzione. Non è più lo stesso di prima e, con ogni probabilità, non tornerà mai più quello di prima. Questo in termini di consumi (intesi come valori quantitativi ma anche come modelli), di tecnologie, di fonti, di regole, di attori, di equilibri geopolitici. Guardando alla sfera geografica, il cambiamento appare evidente tanto in ambito globale, quanto locale: dall’intero continente alla singola porzione di città o di comunità.


Partendo da queste considerazioni Nuova Energia ha voluto raccogliere il punto di vista di uno dei principali player mondiali del settore tecnologico, incontrando Danilo Moresco, responsabile della Business Unit Power Generation di ABB in Italia.


“È vero - conferma Moresco - anche solo limitando lo sguardo al nostro Paese, il sistema energetico è stato caratterizzato da un profondo e diffuso cambiamento. Prima, come noto, c’è stata la liberalizzazione e in parallelo il percorso - terminato cinque o sei anni fa - di transizione dalla generazione tradizionale ai cicli combinati a gas di ultima generazione. Poi, la rapidissima crescita delle rinnovabili che ha portato alla ribalta nuove esigenze, a partire dall’integrazione in rete delle fonti non programmabili”.


Obiettivamente, c’è stata però un po’ di schizofrenia e troppo spesso si è navigato a vista.
**Difficile negarlo… Tuttavia proprio lo scorso anno - grazie alla SEN - si è cercato di voltare pagina. La Strategia Energetica Nazionale ha rappresentato un concreto momento di riflessione per evitare in futuro quell’approccio a macchia di leopardo e quella mancanza di un progetto organico e condiviso di sviluppo energetico, che hanno contraddistinto gli anni scorsi.
D’altra parte vorrei anche dare una chiave di interpretazione positiva al quadro che abbiamo appena descritto. Nelle sue recenti scelte in tema di energia - se pure non sempre organiche e lineari - l’Italia si è spesso mossa (più per necessità che per strategia) in anticipo rispetto ad altri Paesi o si è trovato a dover risolvere problemi che poi hanno interessato anche altre realtà del Vecchio Continente. Questo ci dà oggi un buon vantaggio competitivo e rappresenta un valore aggiunto spendibile all’estero. Abbiamo maturato un bagaglio “unico” di competenze che possiamo valorizzare.


Vale anche per i cicli combinati, che oggi sembrano costituire solo un problema in termini di overcapacity?
**Le centrali a ciclo combinato, nel mutato contesto operativo, non vanno certo messe da parte. Vanno solo ripensate rispetto al ruolo per cui erano state originariamente concepite, nella direzione di un supporto e di un servizio alla flessibilità del sistema elettrico nazionale (e, in proiezione, anche internazionale).


Quali aree del Pianeta nei prossimi anni investiranno di più nel potenziamento del proprio settore energetico?
**All’estero ci sono due realtà che sembrano emergere su tutte: Cina e India. In queste due nazioni c’è davvero molto da fare, anche in termini di riduzione dell’impatto ambientale.


Tasto delicato, quest’ultimo. È un terreno sul quale l’Europa sembra aver fatto molta scuola... ma pochi proseliti.
**Il 20-20-20 rappresenta una bellissima esperienza, ma non può essere considerato un punto di arrivo, proprio perché con gli attuali profili di consumo e di produzione energetica nel mondo, l’impatto globale degli impegni dell’Europa resta ridotto. In altre parole, è evidente che l’Europa da sola, con il Pacchetto 20-20-20, non può cambiare le sorti del mondo intero. Ma può certamente dare (e già lo sta facendo) un contributo più esteso – rispetto alla riduzione fisica delle emissioni – in termini di tecnologie, know-how, pensiero…


Peccato manchi una vera politica energetica europea! Al di là degli obiettivi 20-20-20, ogni Stato membro sembra muoversi per conto proprio.
**E questo certo non aiuta; ma è pur vero che l’obiettivo non è facile da raggiungere. Partiamo da situazioni completamente diverse, anche tra Stati contigui: basti pensare alla differenza del mix di generazione che esiste in Italia e in Francia. Mettere insieme idee, esperienze, situazioni, storie, condizioni di mercato profondamente diverse tra loro rappresenta davvero un’impresa. Detto questo, il punto di arrivo finale deve essere quello di una maggiore integrazione.


Un possibile primo step, nel concreto?
**Migliorare il dialogo e la cooperazione tra le diverse Autorità. Già oggi qualcosa si sta facendo, ma nella pratica non sembrano ancora vedersi risultati di rilievo.


E il ruolo dell’Italia?
**Come già accennato, potrebbe avere una parte davvero determinante. Abbiamo un mix energetico complesso e in questi anni abbiamo dovuto sviluppare tecnologie, know-how e applicazioni per gestirlo al meglio e per integrare l’apporto delle diverse fonti tradizionali e rinnovabili non programmabili; abbiamo anche dovuto ridefinire alcune “regole del gioco” nel settore della trasmissione e della distribuzione. Tutto ciò lo abbiamo fatto all’interno del nostro Paese e in anticipo rispetto ad altre nazioni. I prodotti e le soluzioni che abbiamo già sperimentato e adottato in casa possono ora diventare utili in una visione internazionale.


Per certi versi pare che l’attenzione per i cambiamenti climatici si sia un po’ attenuata. Anche le Conferenze sul clima, anno dopo anno, sembrano deludere le attese. Come affrontare il problema?
**Credo che questa sia una visione un po’ troppo pessimistica. Non penso che le Conferenze sul clima abbiano deluso in assoluto. Se solo consideriamo come è cambiato negli ultimi dieci-quindici anni il pensare comune, anche al di fuori dell’Europa, in tema di ambiente, sostenibilità, cambiamenti climatici, effettivamente si evidenziano importanti passi in avanti. Adesso c’è una consapevolezza decisamente più radicata e più diffusa, e questo significa che la comunicazione ha giocato un ruolo importante.
È vero, in questi anni sono state prese poche decisioni politiche di peso (in particolare di politica energetica). Dobbiamo impegnarci tutti per una svolta in questa direzione; è un passaggio fondamentale. Ma intanto il seme è stato comunque gettato.
Un altro importante segnale di “successo” giunge poi direttamente dal mondo delle imprese.


Ci aiuti a coglierlo.
**Penso alle tante realtà imprenditoriali che hanno preso spunto dalla crisi per trovare nuove nicchie di mercato proprio nell’ambito del contrasto ai cambiamenti climatici e della green economy. I riflettori sull’ambiente sono rimasti sempre ben accesi e oggi lo sono più che mai. La crisi ha dunque favorito e non rallentato un nuovo approccio al futuro, orientato allo sviluppo sostenibile.
Ecco un altro segnale: rispetto al contesto energetico anche solo di qualche anno fa - con poche grandi centrali di produzione - oggi gli attori si sono moltiplicati. Sono sempre più numerose le realtà industriali, i complessi ospedalieri, le università, i centri direzionali... che hanno scelto di rendersi indipendenti dal punto di vista del fabbisogno energetico, producendo in proprio e spesso optando per le fonti rinnovabili. Stanno nascendo e sono già nate, così, nuove opportunità di business anche per i fornitori di tecnologie, di sistemi di controllo, di ITC.


Questa è un’esperienza che potrebbe aiutare anche lo sviluppo delle smart city?
**Certo. Fino ad oggi, nel promuovere il concetto smart, abbiamo pensato a un approccio top down, partendo dall’alto, magari direttamente da grandi progetti europei. Questo processo può essere accelerato e rafforzato partendo, in parallelo, anche dal basso, da porzioni di città, da esperienze localizzate in contesti più circoscritti, che poi possono essere replicate con una logica “copia-incolla”, possono fare da punto di riferimento per applicazioni su piani e dimensioni maggiori. Naturalmente non sto pensando solo all’energia, ma anche al settore building, alla mobilità, all’acqua...


Fino all’anno scorso si parlava quasi solo di rinnovabili, adesso la parola d’ordine sembra essere diventata “efficienza energetica”. Cosa fare perché non si tratti solo di una moda passeggera? Siamo davvero giunti a un punto di svolta?
**Credo di sì. Adesso c’è una volontà davvero condivisa e diffusa, come risulta chiaramente anche dalla SEN. Per altro, proprio per il fatto di avere già spinto molto sull’acceleratore delle rinnovabili negli anni scorsi, adesso diventa ancora più naturale una evoluzione nella direzione dell’efficientamento e dalla migliore gestione possibile delle risorse esistenti a nostra disposizione.
Vedo un altro grande (e positivo) cambiamento in atto. Fino a pochi anni fa il tipico approccio al cliente era il seguente: “Ti fornisco un ben determinato prodotto che ti consente di ridurre i consumi di kWh”. Adesso, sempre di più, si tende a ragionare in una logica di sistema e di integrazione di più misure diverse, con soluzioni globali e non puntuali.


Se dovesse rispondere a bruciapelo, quale settore potrebbe avere i maggiori margini di sviluppo in termini di efficientamento?
**La situazione cambia molto da Paese a Paese. Pensando all’Italia, negli anni scorsi sono stati effettuati ingenti investimenti sull’efficientamento della generazione. Il nostro parco di generazione da fonti tradizionali, ma anche il sistema di trasmissione e distribuzione, sono nel complesso virtuosi e questo ci è riconosciuto anche dall’estero. Molto ancora, però, si potrebbe fare, per quanto riguarda la generazione in termini di integrazione con le altre fonti e di servizi accessori. Sulle reti, da una parte occorre essere pronti a livello locale con l’integrazione di nuovi apparati rilevanti quali i sistemi di accumulo (anche a livello di distribuzione); dall’altra, in una visione più allargata, promuovere l’interconnessione tra diversi Paesi.


In questo quadro in profonda evoluzione, come si sta attrezzando una realtà come ABB?
**In Italia i nostri prodotti e sistemi sono installati nella maggior parte degli impianti. Questo ci ha fatto maturare esperienza e know-how sui processi e ora ci mettono in condizione di interpretare al meglio i cambiamenti in atto. Sempre in Italia, a Genova, ospitiamo uno dei nostri principali centri di ricerca. Questo sito - lavorando assieme agli altri centri di ricerca ABB localizzati negli Stati Uniti, in Germania, in India - è stato centrale, ad esempio, nello sviluppo di Symphony Plus.
Symphony Plus è la generazione più recente e innovativa dei sistemi di controllo ABB. La piattaforma vanta oltre 6.500 unità installate in tutto il mondo, soprattutto con applicazioni nei settori energy e water.


Chi sviluppa i sistemi e le tecnologie, dunque, è a diretto contatto con il cambiamento...
Certo, e questo rappresenta oggi un elemento molto importante, soprattutto nella logica - già citata in precedenza - di poter poi trasferire all’estero l’esperienza accumulata in Italia, sia operando direttamente, sia attraverso una vasta rete di EPC contractor che lavorano in tutto il mondo.
D’altra parte, essendo dei global player, non ci limitiamo solo alla sfera dell’energia ma guardiamo anche alla mobilità, all’industry, al settore water, alle infrastrutture. Quindi siamo davvero in grado di assicurare un approccio globale e a tutto campo sull’efficientamento.
In ultimo, ma non di minore importanza, siamo convinti che i prodotti e i sistemi innovativi siano una condizione necessaria ma non sufficiente per imporsi sui mercati. Sono poi sempre le persone che possono fare la differenza. E proprio la qualità delle risorse umane rappresenta uno dei nostri punti di forza.