Singole utenze? Con le pompe di calore l’autoconsumo ci guadagna
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a cura di DoctorEnergyPlus



Nell’ultima rubrica (numero 5|2013 Nuova Energia) abbiamo argomentato come, nonostante la scomparsa degli incentivi, il fotovoltaico possa essere ancora conveniente grazie all’autoconsumo di energia. Maggiore è la quota di energia che si è in grado di consumare, migliore sarà la resa dell’impianto. Abbiamo anche sottolineato come le aziende siano avvantaggiate poiché la maggior parte della domanda di energia si concentra nelle ore in cui l’impianto è in produzione. Una situazione più difficile da replicare a livello di singola famiglia (stando ai casi da noi analizzati, normalmente l’autoconsumo in media scende al 30 per cento dell’energia prodotta). La regola vale anche per gli impianti con tariffa incentivante, che venivano normalmente dimensionati non in funzione dei consumi attesi, ma delo spazio disponibile.


Come fare, dunque, per migliorare il livello di autoconsumo delle singole utenze? Per le aziende è difficile dare una risposta a priori e spesso è complesso intervenire su questa voce; per gli utenti privati invece esistono ampi spazi di manovra. Pari, appunto, a quel teorico 70 per cento di energia che viene “scambiata” con la rete.
Modificare alcune abitudini (come, ad esempio, azionare gli elettrodomestici nelle ore di produzione dell’impianto fotovoltaico) può aiutare. Ha il vantaggio di essere un intervento a costo zero, ma la sua incidenza difficilmente può superare il 5-10 per cento. Per poter operare in modo più significativo occorre “ingegnarsi” nell’utilizzare energia elettrica al posto di altre fonti. In questo modo si possono aumentare sia la quota di autoconsumo sia il risparmio, tenendo conto che la componente combustibile per riscaldamento invernale e acqua calda sanitaria è una voce molto importante nel bilancio energetico delle famiglie. Stiamo pensando, nel concreto, alle pompe di calore.


Ampiamente utilizzate per il raffrescamento nei mesi estivi, sono invece trascurate (in quanto ritenute non convenienti) per il riscaldamento nei mesi freddi. E questo è un errore: non è detto, infatti, che scaldare con l’elettricità costi di più. Per scendere ancora più nel concreto, partiamo dalla definizione di pompa di calore: si tratta di una macchina in grado di trasferire energia termica da una sorgente a temperatura più bassa a una a temperatura più elevata e viceversa. Ciò, utilizzando potenzialmente diverse sorgenti di energia (tra cui quella elettrica, che più ci interessa in questa sede). Dunque installando una pompa di calore possiamo aumentare l’autoconsumo di energia elettrica prodotta dal nostro impianto e ridurre di conseguenza i costi del combustibile da riscaldamento.


La pompa di calore si presta molto bene per il riscaldamento invernale nei casi in cui siano presenti sistemi radianti a bassa temperatura (come ad esempio il riscaldamento a pavimento e i fancoil) mentre per i tradizionali (e più diffusi) termosifoni la questione è un po’ più complessa. Dai casi analizzati abbiamo osservato che, almeno nel caso della Lombardia, la pompa di calore può integrare il tradizionale sistema di riscaldamento con termosifoni senza tuttavia sostituirlo del tutto (in presenza di sistemi a bassa temperatura la sostituzione potrebbe comunque essere integrale). Nelle stagioni intermedie la pompa di calore è “autosufficiente”, mentre nei mesi più rigidi occorre integrare con la caldaia tradizionale.
Come succede anche con altre tecnologie, le variabili di calcolo del risparmio sono molteplici: la superficie da scaldare, la classe energetica dell’edificio, la temperatura desiderata all’interno, la temperatura esterna, il locale di posizionamento della pompa di calore... Abbiamo recentemente analizzato il caso di un’abitazione di 350 metri quadrati su tre livelli, servita da un impianto FV da 5,5 kWp, dove l’attuale autoconsumo è pari al 18 per cento. Installando una pompa di calore aria/acqua per il riscaldamento e l’acqua calda sanitaria, l’autoconsumo potrebbe arrivare alle soglie del 100 per cento, riducendo del 40 per cento la spesa per il riscaldamento e del 100 per cento la spesa per l’acqua calda sanitaria.


Se, invece, ci limitiamo ad analizzare il caso più semplice - quello di una pompa di calore per la sola produzione di acqua calda sanitaria - i conti sono più “standardizzabili” e come tali possono essere generalizzati. Mediamente una persona consuma 100 metri cubi di metano l’anno per l’acqua calda sanitaria (tradotto in euro significa 90/100 euro). Ciò significa che una famiglia di 5 persone spende circa 450 euro/anno per produrre acqua calda. Installando una pompa di calore elettrica aria/acqua con serbatoio di accumulo da 300 litri, la stessa famiglia avrebbe bisogno di circa 1.000 kWh l’anno per riscaldare l’acqua, che tradotti in euro equivalgono a circa 250/280 euro. Tuttavia, sfruttando direttamente la corrente elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico la spesa per il funzionamento della pompa di calore sarebbe ridotta a zero.
Normalmente un’abitazione ha infatti installato un impianto da 3 kWp che produce circa 3.200 kWh/anno. Come detto in precedenza, l’autoconsumo si limita di solito a circa 1.000 kWh/anno. La pompa di calore per acqua calda potrebbe quindi raddoppiare l’autoconsumo e la resa dell’impianto.