Cambiamenti climatici con pochi cambiamenti
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di Elio Smedile



Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur ________________________ Tito Livio


Nelle scorse settimane - a Varsavia - per la diciannovesima volta dal 1995 si è celebrato il “trito rito” della Conferenza delle Parti (COP) che si trascina ormai stancamente verso il traguardo del 2015 (Parigi, COP 21) dove dovrebbe essere definita la transizione verso un accordo universale sui cambiamenti climatici che coinvolga tutti i Paesi a partire dal 2020.
Tutto ciò in rapporto ad un calendario concordato alla COP 18 di Doha (Qatar) per il rinnovo del protocollo di Kyoto scaduto nel 2012. Le premesse non erano delle più confortanti. Da un lato, Varsavia 2013 era divenuta una scelta quasi obbligata (non vi erano candidature alternative) e dall’altro la Polonia (ostile alle politiche UE sul clima) non sembrava il Paese più adatto ad ospitare una Conferenza che potesse essere realmente di svolta.


Nei fatti va anzitutto detto che la COP 19 ha rappresentato il punto più alto di un “gigantismo” difficilmente accettabile per Summit dove si assumono decisioni di politica ambientale a livello globale. Dati forniti dalle Nazioni Unite riferiscono di oltre 10.000 partecipanti all’evento, nel complesso. Ma alcuni organi di stampa (tra cui il Corriere della Sera) hanno stimato che nei corridoi e nelle sale della Conferenza siano passate nelle due settimane almeno 20.000 persone. Si noti che, a fronte di 189 Paesi ufficialmente presenti, solo 134 sono stati i rappresentanti ministeriali (vi sono Nazioni che non hanno inviato alcuna figura istituzionale). D’altro canto la scelta stessa della sede della Conferenza - lo Stadio nazionale - è conferma della spettacolarizzazione che si è voluta dare all’evento che era stato peraltro, nei mesi precedenti, fortemente osteggiato da associazioni e gruppi ambientalisti.[...]


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