Il “Grande Gioco” senza l’italia
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di Giuseppe Gatti



Ricordate Rudyard Kipling ed il Great Game di Kim? Il grande gioco, per usare l’espressione coniata nel 1829 dall’ufficiale inglese Arthur Conolly, o se preferite il Turniry Teney (il Torneo delle ombre) come dicono i russi è ancora in corso, anche se l’epicentro dello scenario si è spostato.


Nell’Ottocento il punto chiave era il passo del Kyber e il controllo degli incerti confini e soprattutto delle comunicazioni tra India, Russia e Cina, e per un secolo si confrontarono su queste labili e sfuggenti frontiere l’Impero zarista e l’Inghilterra vittoriana (segnalo al riguardo il bel libro di Peter Hopkirk, Il grande gioco, pubblicato da Adelphi, dove si spiega in quali guai vada a cacciarsi chi si avventura in Afghanistan).
Oggi al centro della contesa è l’area caucasica, con i ricchi giacimenti dell’Azerbaijan e del Turkmenistan, e ai passi si sono sostituiti gasdotti e oleodotti. L’ultima mossa su questo complicato scacchiere è stata la competizione tra i due progetti, del TAP e del Nabucco West, per portare in Europa il gas azero del gigantesco campo di Shah Deniz, risoltasi con la vittoria del TAP. Apparentemente la competizione è tutta nell’area occidentale. Il TAP (trans-Adriatic Pipeline) è stato lanciato da EGL (oggi Axpo) e ha soci norvegesi, inglesi, belgi, tedeschi, francesi più gli azeri di Socar al 20 per cento. Il Nabucco nasce su iniziativa degli austriaci di OMW e dei turchi di Botas e nel tempo ha aggregato tedeschi, bulgari, romeni e ungheresi. Il Consorzio Shah Deniz a sua volta vede in maggioranza BP, Statoil e Total.


Dietro queste compagini azionarie in realtà il vero confronto si è sviluppato tra l’Unione Europea, tutta protesa a sostenere il Nabucco, e la Russia di Putin che ha manovrato a favore del TAP. Per capire la partita in gioco basta considerare da un lato le fonti di approvvigionamento e da un altro il tracciato. [...]



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