Il “caso biocarburanti”: gli USA hanno fiducia nel mercato
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di Carlo Andrea Bollino



Nel dibattito scientifico internazionale affiorano dubbi su alcune costose politiche energetico-ambientali. Le argomentazioni sono di efficienza e non di equità, ovvero sono tecniche e non politiche. Questo è il metodo giusto da suggerire anche al Governo italiano che ha detto di “volere cambiare passo” dopo la fiducia. Per molti temi cruciali occorre la base di analisi economica invece che il vociare delle parti. Intanto che sogniamo di fare così anche per i problemi italiani, desidero intrattenere il lettore con questo problema “made in USA”.









La politica USA implementata con l’Energy Independence and Security Act del 2007 di imporre una quota obbligatoria di etanolo sembrava essere una buona idea per dare l’avvio a un mercato interno dell’etanolo. Con tre effetti positivi: prezzi più bassi per gli automobilisti con il vincolo del 10 per cento di etanolo per ottenere il livello prescritto di 87 ottani nella benzina; sostituzione di greggio importato, aumentando la sicurezza USA in termini di rischio da interruzioni delle forniture di petrolio; riduzione delle emissioni di gas serra con i nuovi biocarburanti.


Un recente articolo di J. Griffin sull’Energy Journal stima che i risultati sono stati modesti. Il beneficio per gli automobilisti è stimato in un miglioramento del prezzo di 0,2 centesimi per gallone, ovvero 2,20 dollari per anno per una famiglia tipica che consuma 1.100 galloni l’anno. Lo sviluppo dell’etanolo avrebbe fatto risparmiare circa 402.000 barili il giorno di petrolio importato, con una riduzione totale delle importazioni degli Stati Uniti del 4,9 per cento, ritenuta insufficiente dal punto di vista della sicurezza nazionale. E così il contributo alla riduzione delle emissioni mondiali di anidride carbonica.


Al contrario, le conseguenze indirette sui prezzi degli alimentari sono state significative. Dal 2007 i prezzi alimentari sono aumentati del 39 per cento secondo il Fondo monetario internazionale (in particolare per i cereali). Attribuendo prudenzialmente solo un quarto di questo aumento alla politica per l’etanolo degli Stati Uniti, l’entità di questo effetto sui poveri nei Paesi in via di sviluppo è comunque significativo. Se ne conclude che gli effetti indiretti negativi sui prezzi alimentari a livello mondiale superano di gran lunga i benefici previsti. Quale raccomandazione di politica economica emerge da questa analisi? Semplice: lasciamo fare al mercato [...].



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