Vigorito: "Sull'eolico il vento contrario dei decreti attuativi"

di Davide Canevari

Presidente, che “aria” tira sull’eolico?
Variabile tendente al bello…

Eppure, a giudicare da quello che si legge sui giornali, non sembra che questa fonte sia messa da tutti in buona luce.
La cattiva luce dipende solo dalla strumentale opposizione di chi diffonde notizie non vere o parziali sugli effetti della generazione eolica. Il mio può sembrare un giudizio di parte, ma fate attenzione: le critiche cambiano continuamente obiettivo. Si è parlato di eccessivo rumore degli aerogeneratori, di danni per la fauna, di inquinamento elettromagnetico… Poi si è detto che in fin dei conti l’apporto dell’eolico è irrisorio, in termini di copertura del fabbisogno energetico nazionale; ma nel contempo si afferma che gli imprenditori del settore stanno guadagnando troppo. Allora vuol dire che i kWh venduti non sono poi così pochi. D’altra parte è fuorviante prendere come termine di paragone il quantitativo totale di energia consumata in Italia. Per un discorso corretto, l’eolico andrebbe raffrontato con l’energia elettrica effettivamente prodotta nel nostro Paese; meglio con quella prodotta da fonte nazionale. Allora si vedrebbe che l’apporto del vento è tutt’altro che marginale. Messo da parte questo fronte di polemica, alla fine non è restato altro che discutere sul sesso degli angeli, ovvero sul fatto - opinabile - che gli impianti siano esteticamente belli o brutti.

Un certo impatto sul territorio ce l’hanno di sicuro.
Segnalo un episodio curioso che risponde in parte a questa domanda. Qualche settimana fa è sorta una delle tante polemiche contro i ripetitori della telefonia mobile. Un gruppo di contestatori si è dato appuntamento alla base dell’antenna e lì ha affisso uno striscione per coinvolgere la popolazione locale. Volete sapere quale era il messaggio? “Siete invitati alla manifestazione di protesta (eccetera, eccetera), inviate un messaggio sms per avvisare i vostri amici…”. Capito? Si contesta un servizio del quale non si sa fare a meno… neppure per contestarlo. Lo stesso vale per l’energia, a cui nessuno vuole rinunciare. Quanto al rapporto tra l’eolico e il territorio, non mi risulta nessun coinvolgimento degli ambiti locali da parte di chi produce energia elettrica da fonti dure, mentre ogni nostro intervento – anche attraverso la formula delle royalty – è basato sul coinvolgimento diretto e sulle compartecipazioni del territorio interessato.

Perché una stazione invernale sì e un parco eolico no? La gente sembra ritenere meno invasiva una sciovia di una wind farm?
Credo che sia solo una questione psicologica. Lo sci appartiene alla sfera del piacere e del godimento, proprio come il telefonino e l’automobile. Allora, nell’immaginario collettivo, fa parte del panorama delle montagne; anzi non si concepisce quasi la montagna senza l’impianto di risalita... Lo stesso, a ben vedere, vale per i tralicci della rete di distribuzione, che ormai sembrano integrati nel panorama e nessuno ci fa caso.

E per l’eolico, a quando un “trattamento” del genere?
Se i cambiamenti climatici dovessero toccarci da vicino in maniera drammatica, cosa che ovviamente non mi auguro, allora forse anche noi italiani cominceremo a guardare alle rinnovabili con più attenzione e meno diffidenza. Altrimenti occorrerà parecchio tempo. Non è certo una questione di pochi anni. Va comunque detto che rispetto agli esordi sono già stati fatti passi da gigante. Qualche anno fa la gente non aveva neppure l’idea di cosa fosse un aerogeneratore. Negli Anni ‘90 anche il settore della produzione elettrica italiana ne sapeva poco o niente…

Davvero secondo lei non esistono polemiche fondate sull’eolico?
Per il buon eolico credo non ci siano ragioni plausibili. Mentre accetto al 100 per cento le polemiche relative al cattivo. Mi riferisco a casi - fortunatamente rari e isolati - nei quali, per esempio, due comuni limitrofi hanno avviato progetti eolici senza “parlarsi” e hanno quindi generato una situazione disorganica e poco omogenea. In presenza di piani energetici regionali e provinciali chiari, di un disegno condiviso e di un confronto tra tutti i soggetti interessati, il pericolo ora e per il futuro è però scongiurato.

Quali ostacoli si frappongono allo sviluppo di questa fonte e quali sono le barriere per i potenziali entranti nel settore?
Di sicuro permangono ostacoli autorizzativi. Inoltre vanno evidenziate le problematiche relative alla connessione alla rete: una barriera rilevante per “produttori navigati” e quasi insormontabile per gli outsider, i piccoli produttori o i privati. Rileviamo anche una crescente difficoltà ad interpretare le norme, in attesa dei decreti attuativi. Oggi un produttore si trova nelle stesse condizioni di un autista costretto a percorrere un’autostrada senza segnaletica.

C’è chi sostiene che l’eolico è una fonte “sovvenzionata”, insomma, un business per chi la produce. E per chi la consuma?
È sovvenzionata perché rinnovabile, al pari di tutte le altre fonti rinnovabili; l’eolico, comunque, sta andando verso il giusto punto di equilibrio. Chi la consuma? Respira aria più pulita e non paga il petrolio. Non mi sembra poco.

Avvocato, provo a fare l’avvocato del diavolo... Nella corsa all’eolico sono spuntati anche gli improvvisatori? Qualche danno l’hanno fatto?
Al 100 per cento. E non mi riferisco solo agli imprenditori, ma anche a politici e ambientalisti che parlano senza approfondire i vari aspetti del problema.

Tracci un bilancio delle attività di Ivpc e delle prospettive per l’immediato futuro. Quali sono gli obiettivi di espansione futura?
Con le dovute cautele in merito alle politiche nazionali e soprattutto regionali, ci si auspica per il comparto eolico italiano di riuscire a raggiungere nei prossimi anni la quota di potenza installata correlata alle potenzialità della risorsa vento presente nel Paese e nel rispetto del paesaggio interessato. Per la Ivpc si intende sviluppare la Calabria, aumentare la presenza in Puglia e Sicilia e procedere ad un potenziamento dei siti già operativi, senza trascurare gli scenari esteri. Le società del Gruppo Ivpc al 2004 detenevano circa il 45 per cento della potenza installata nel mercato eolico italiano e oltre il 65 per cento della produzione elettrica da tale fonte.

Da imprenditore-presidente dell’Anev, quanto risulta soddisfacente il quadro normativo attuale?
Sono completamente soddisfatto per quanto riguarda la teoria; meno per l’applicazione perché, come dicevo in precedenza, i decreti attuativi sono ancora in grembo a Giove, fatto salvo quello su fotovoltaico.

C’è un Paese europeo che “invidia”, dal quale vorrebbe che l’Italia prendesse spunto per sviluppare il proprio eolico?
Rispondo con tre alternative: Germania, Spagna e Danimarca.

Tracci un bilancio sull’andamento dei Certificati Verdi.
Il nuovo sistema comincia a essere accettato come affidabile dopo i primi anni di incertezza. Ora è assolutamente necessario che i Ministeri competenti emanino il provvedimento attuativo del D. Lgs. 387/03, in modo da eliminare le ultime aree di incertezza ancora rimaste, relativamente alla stabilizzazione del sistema di incentivazione.

In questi anni Anev ha anche portato avanti delle battaglie a vantaggio dei cittadini comuni? Quali e con quali risultati?
La salvaguardia dell’ambiente, in qualsiasi forma essa venga attuata, è sempre un’azione di cui beneficiano tutti. Le battaglie che l’Anev sta portando avanti hanno sempre come obiettivo quello di una diffusione della sensibilità ambientale sui temi relativi alla produzione di energia pulita. Solo una presa di coscienza consapevole dell’importanza connessa alla riduzione di gas climalteranti in atmosfera, potrà finalmente portare ad una più corretta valutazione delle priorità senza condizionamenti di sorta.

Quale sensibilità ha trovato nel mondo politico nei confronti delle energie rinnovabili e dell’ambiente?
La migliore ipotizzabile; ma poi è nel processo attuativo burocratico che cominciano i veri problemi.

A questo punto, tenendo conto della realtà italiana, lei crede che l’eolico possieda davvero grandi margini di miglioramento?
Attualmente abbiamo circa 1.400 MW installati. Non tutti, però, sono in produzione. Ci sono impianti tuttora non collegati alla rete, altri di vecchia tecnologia non funzionanti, oppure ancora sperimentali. Se facciamo i conti con la potenza realmente disponibile, superiamo di poco i 1.000 MW. Se le Regioni a forte vocazione eolica - soprattutto al Sud - svilupperanno tutti i siti con un buon potenziale, si potrebbe veramente raggiungere la soglia di 15.000 MW.

Mi faccia provocare ancora. Settemila tralicci in più non è una bella prospettiva. Ma qualcuno ha mai contato quanti elettrodotti ci sono in Italia? E quanti tralicci?
In questi casi si ragiona in termini di parecchie decine di migliaia di unità.

Nel nostro Paese, per “fare energia” occorrono più soldi o più idee? O qualcosa d’altro ancora?
Idee sostenute con grande energia.

Le rinnovabili, almeno a parole, vanno per la maggiore. Si tratta di sorgenti discontinue. Nel lungo periodo saranno comunque la soluzione?
Daranno un grosso contributo al problema energetico/ambientale. Ma noi siamo i primi a non promettere un mondo di sole rinnovabili; anzi siamo convinti del fatto che sia deleterio proporle come “la” soluzione. Se guardiamo solo ai numeri e alla teoria, effettivamente l’eolico potrebbe (potenzialmente) sostituire tutto il gas, il petrolio e il carbone consumato in Italia. Ma sappiamo benissimo che non è possibile, perché a quel punto mezza Penisola sarebbe occupata dalle torri eoliche e allora sì che ci sarebbero gravi questioni di impatto ambientale. Quando parlo di rinnovabili penso all’orto di casa: non ci consente di fare a meno dei magazzini generali, però ci fornisce un prodotto di qualità e ci evita di andare al mercato per una parte dei nostri consumi. Questo è il punto. È ovvio e auspicabile che sempre più gente possa avere l’orticello e che gli orti diventino più grandi… D’altra parte anche in seno ai produttori di energia rinnovabile nessuno guarda solo al proprio comparto; al contrario siamo convinti che la soluzione sia in un mix equilibrato delle varie sorgenti a disposizione. Ad esempio, le biomasse risolvono il problema della discontinuità. Un’altra soluzione è quella di produrre idrogeno, sempre da rinnovabili, così da poter immagazzinare energia altrimenti discontinua come quella eolica. È il mix che dà sicurezza.

Una seconda questione di carattere tecnologico. Il know how oggi è in mani straniere. L’Italia pare fuori dai giochi. È ormai troppo tardi?
Anche in questo settore esistono realtà italiane. Nel minieolico da oltre 20 anni, e anche nel grande eolico. È il caso della Iwt di Taranto, dove tutto o quasi è un prodotto italiano

Tranne il know how…
Una cosa è il know how, un’altra è la produzione. Oggi quelle fabbriche producono su specifiche danesi, ma presto potrebbe nascere qualcosa di importante; potrebbero ricrearsi i presupposti di una industria nazionale. Se domani un grande gruppo industriale nazionale dovesse decidere di costruire turbine eoliche, non partirebbe più da zero. Troverebbe, proprio in Italia, maestranze, competenze, esperienze di assoluto livello.

Parliamo di liberalizzazione. Uno dei requisiti stava nell’allargamento del mercato. Eppure siamo in una fase di crescente concentrazione.
È il monopolio che resiste perché non vuol morire.

Oggi in Italia sembrano tutti pazzi per il gas naturale. Quali rischi e quali opportunità?
Guardi, dal mio punto di vista l’equazione è semplice: gas uguale Golfo Persico, da una parte; petrolio uguale Golfo Persico dall’altra. Qual è la differenza in termini di dipendenza?

Veniamo alle Associazioni nel settore energetico. Non c’è eccessiva sovrapposizione? Non sarebbe meglio avere un solo interlocutore forte?
Sono completamente d’accordo e lavoro per riuscire ad accorpare queste sigle in un solo grande movimento associazionistico. Il tentativo vero in atto, sotto l’egida di Legambiente e Wwf ma sollecitato da noi, è quello di promuovere un coordinamento di tutte le associazioni.

Sa che è proprio la stessa cosa che ci ha dichiarato il presidente di Assoelettrica?
Assoelettrica è per certi versi un caso a parte, per la forte presenza dei produttori tradizionali. All’interno di questa associazione, chi opera con le rinnovabili rappresenta una minoranza attenta, in attesa di sviluppi.

Un’ultima domanda: in tema di eolico l’Italia può fare scuola nei confronti delle altre nazioni del Mediterraneo?
Non ho dubbi al riguardo. Gli sforzi di integrazione ambientale che abbiamo compiuto e la nostra grande sensibilità possono essere la chiave del successo per sviluppare progetti in queste aree del mondo.