Pneumatici F1, di corsa al riciclaggio
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di Sergio Bigliati



Sono denominati e conosciuti come PFU. Sono, estendendo l’acronimo, gli Pneumatici Fuori Uso. Sono oggetto, purtroppo, di un fruttuoso commercio illegale stimabile in un 25/30 per cento che sparisce e sicuramente è bruciato in discariche illegali. Questo può capitare alle gommature degli automezzi normali ma non agli pneumatici Pirelli montati sui bolidi della Formula1. Anche i non tifosi sanno che un “pit stop volante” è una parte importante e spettacolare di un intero Gran Premio. Vincere in un circuito per una Ferrari, una Red Bull, una McLaren o una Mercedes dipende molte volte dalla scelta (super soft, soft, medium, intermediate, hard e rain con i relativi colori abbinati) e dalla velocità dei cambi ai box, altra gara nella gara tra i vari team. Gli impegni per la Pirelli (fornitrice unica del circo della F1) sono quindi gravosi, tanto è vero che ogni scuderia ha a disposizione un ingegnere della società ed è chiaro che tutta la programmazione (produzione, spedizione, ritiro a fine gara) richiede organizzazione e attenzione mirata con controlli, severi ed efficienti, in ogni fase della catena.


La trafila di questi particolari pneumatici è ormai entrata in una fase molto controllata e conosciuta: produzione in un sobborgo di Istanbul, spedizione in UK e loro etichettatura, spedizione per arrivo nel circuito il lunedì precedente il Gran Premio, copertoni inseriti nei cerchioni e quindi, alla fine del circuito, rispediti in Inghilterra per essere sottoposti a particolari lavorazioni. Certamente, dal punto di vista della sicurezza, non c’è alcuna possibilità che elementi malintenzionati possano utilizzare in maniera scorretta sia gli pneumatici Pirelli usati nel Gran Premio sia quelli non utilizzati dalle varie scuderie. Qual è, allora, il loro destino? [...]



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