di Andrea Molocchi e Donatello Aspromonte| Ecba Project Srl
La nuova Direttiva europea sull’efficienza energetica (2012/27/ UE del 25 ottobre 2012) contiene un articolo importante, il 14, dedicato alla promozione dell’efficienza energetica per il riscaldamento e il raffreddamento, che rischia di essere “oscurato” dalle altre numerose disposizioni della Direttiva, nota per la sua ampiezza tematica e complessità interpretativa. Eppure questo articolo contiene alcune delle disposizioni più innovative, e questo sotto diversi profili: delle opportunità di innovazione tecnologica, del potenziale di risparmio energetico e, non ultimo, dell’approccio di policy adottato, che subordina l’obbligo di adottare tecnologie di cogenerazione e/o di teleriscaldamento allo svolgimento di analisi costi-benefici (lo scopo è di dimostrare, oltre alla redditività dell’investimento, i benefici netti per la collettività delle opzioni di recupero di calore rispetto alla sua “dissipazione” nell’ambiente).
L’importanza dell’articolo 14 risiede principalmente nella volontà di affrontare il complesso tema degli sprechi di energia termica nell’industria elettrica e in quella manifatturiera ad alto consumo di energia, promuovendo le tecnologie di cogenerazione, il teleriscaldamento e il teleraffrescamento.
L’entità degli sprechi di energia termica nel settore della generazione è enorme. Si richiamano di seguito i risultati presentati in un precedente articolo di questa rivista (Andrea Molocchi, Meglio sfruttare la miniera del calore, 6|2011). Se si considera il complesso di tutti gli impianti termoelettrici in Italia (potenza totale di 78.400 MWe), il rendimento energetico medio di primo principio (energia elettrica + energia termica riutilizzata) è del 49,9 per cento nel 2010. Isolando il sottoinsieme degli impianti di generazione privi di unità di recupero del calore (potenza installata complessiva di 54.000 MWe, ovvero il 69 per cento della potenza termoelettrica totale), il rendimento elettrico scende al 40,6 per cento (vedi Figura 1).
Per quanto riguarda la cogenerazione, quella ad alto rendimento (CAR) aveva nel 2010 una potenza elettrica installata complessiva di 10.400 MW, pari al 13 per cento circa della potenza di tutti gli impianti termoelettrici, con un rendimento medio di primo principio del 66 per cento, superiore di 7 punti percentuali al rendimento medio dell’insieme più ampio degli impianti di cogenerazione (59 per cento, con una potenza elettrica installata di 24.400 MW) e addirittura di 26 punti percentuali maggiore rispetto al sottoinsieme degli impianti di generazione privi di unità di recupero del calore. Questo significa non solo che gli standard sempre più stringenti sulla CAR voluti dall’UE stanno consentendo di ridurre significativamente gli sprechi termici nella produzione di energia elettrica, ma anche che ci sono ulteriori spazi di diffusione della CAR, sia in fase di ammodernamento di potenza termoelettrica esistente sia nella realizzazione di piccoli impianti cogenerativi, opportunamente dimensionati sui profili di fabbisogno termico di utenze orientate ad una maggiore efficienza energetica.
Per quanto riguarda la valutazione del potenziale della cogenerazione, il Piano d’Azione Nazionale per l’Efficienza Energetica (PAEE) del 2011 stima che nel settore industriale entro il 2016 sia realizzabile un’ulteriore produzione tramite cogenerazione ad alto rendimento di 1 Mtep/anno di energia elettrica (11,6 TWh) e di 1,5 Mtep/anno di energia termica utilizzata nel settore (rispetto ad una situazione del 2005 di 4,6 Mtep di calore utile cogenerato), con un incremento del risparmio energetico da circa 2,5 TWh di energia primaria nel 2010 a 6,3 TWh attesi nel 2016.
Per quanto riguarda il recupero di cascami termici nell’industria, il potenziale è stimato dal PAEE 2011 all’interno di una voce comprensiva di vari interventi nell’industria (refrigerazione, inverter su compressori, sostituzione caldaie, recupero cascami termici), per complessivi 9,6 TWh entro il 2016. Più precisa è la stima condotta dal progetto H-REII (Heat Recovery in Energy Intensive Industries, 2010-2012) che ha quantificato un potenziale in Italia di recupero calore per generazione elettrica mediante tecnologia ORC (Organic Rankine Cycle) in alcuni settori ad alto consumo energetico (vetro, cemento, acciaio, stazioni di compressione del gas) compreso fra 1,3 e 2,0 TWh/anno.
Considerando anche altri settori energy intensive con disponibilità di cascami di calore, l’Energy Efficiency Report 2012 del Politecnico di Milano ha stimato un potenziale teorico di circa 4 TWh/anno, per una potenza elettrica di oltre 500 MW e un volume d’affari di circa 1,5 miliardi di euro. Il potenziale applicativo delle tecnologie di recupero e riutilizzo dei cascami termici interessate dalle disposizioni dell’articolo 14 della Direttiva 2012/27/UE è quindi ingente, soprattutto nelle economie dove l’industria ad alto consumo energetico gioca un ruolo rilevante.
Per inquadrare l’articolo 14 nell’ambito delle altre disposizioni della nuova Direttiva bisogna ricordare che quest’ultima ha aggiornato e accorpato insieme due precedenti direttive “quadro”: quella sull’efficienza energetica negli usi finali e i servizi energetici (2006/32/CE) e quella sulla cogenerazione (2004/8/CE), che sono state contestualmente abrogate. In linea con la formulazione originaria dell’impegno strategico del 20-20-20 del marzo 2007, la nuova Direttiva amplia l’ambito d’intervento dell’UE sull’efficienza energetica, originariamente formulato sugli usi finali, estendendolo anche alla trasformazione, trasmissione e distribuzione dell’energia.
Anche per questa ragione, l’articolo 14 è stato posto all’inizio del capo III, intitolato “Efficienza nella fornitura di energia”, separatamente dagli articoli del capo II, “Efficienza nell’uso dell’energia”.
La valutazione di convenienza economico-sociale
del Piano per la cogenerazione e il teleriscaldamento
Una prima disposizione dell’articolo 14 è l’obbligo per gli Stati Membri di effettuare entro la fine del 2015 una valutazione globale del potenziale sul territorio nazionale di applicazione della cogenerazione ad alto rendimento e del “teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti”. Per quest’ultimo si intende “un sistema di teleriscaldamento o teleraffreddamento che usa per almeno il 50 per cento energia rinnovabile, il 50 per cento calore di scarto, il 75 per cento calore cogenerato o il 50 per cento una combinazione di tale energia e calore”.
Il paragrafo 3 stabilisce che la valutazione del potenziale nazionale dovrà essere effettuata mediante un’analisi costi-benefici, da condurre conformemente ai principi metodologici riportati nella parte 1 dell’Allegato IX (intitolata “Principi generali dell’analisi costi-benefici”). In sostanza, i costi e i benefici da considerare nell’analisi dovranno includere, oltre ai costi d’investimento e di funzionamento dell’impianto, anche il “valore della produzione per il consumatore (calore ed energia elettrica)” e “i costi ambientali e sanitari, nella misura del possibile”.
Riteniamo che gli indirizzi riportati nella parte 1 dell’Allegato IX corrispondano alle finalità e ai metodi di analisi costi-benefici dei progetti d’investimento, così come richiesti nella manualistica internazionale ed europea di riferimento. Ad esempio, si riscontra una corrispondenza con buona parte dei passaggi procedurali previsti dalla Guida della Commissione europea per l’analisi costi-benefici dei progetti d’investimento co-finanziati con fondi comunitari.
La principale differenza riguarda la semplificazione, attuata dalla parte 1 dell’Allegato IX ai fini di una valutazione del potenziale nazionale, della fase di analisi finanziaria, uno dei principali step della procedura di analisi costi-benefici a livello di progetto: la parte 1 non richiede l’esecuzione di un’analisi finanziaria completa (con relativa dimostrazione della sostenibilità finanziaria del progetto e calcolo degli indicatori di redditività) ma si accontenta di prendere in considerazione le principali voci di costo dei progetti, per utilizzarle direttamente (insieme alle esternalità ambientali e al valore della produzione per il consumatore) nella fase di valutazione economica (valore per la collettività di una determinata zona geografica).
Un’altra differenza rispetto al suddetto manuale comunitario, che a nostro parere è anche una lacuna della parte 1 dell’Allegato IX (che gli Stati Membri potranno colmare in sede di recepimento), riguarda l’assenza di indicazioni metodologiche sulla trattazione del costo del lavoro previsto per gli impianti e della fiscalità implicita nella struttura dei prezzi del progetto (ricavi derivanti dalla vendita del calore e dell’elettricità, e costi d’investimento e di esercizio). Così come i profitti (la remunerazione del capitale), anche i salari dei lavoratori e il gettito fiscale sono componenti di beneficio sociale generati da un progetto, ma in assenza di indicazioni specifiche nell’allegato IX tali componenti rischiano di essere considerate come costi sociali!
Per favorire la semplificazione senza penalizzare le finalità dell’analisi costi-benefici, Ecba Project è a disposizione delle associazioni interessate e delle amministrazioni competenti, per sviluppare proposte di metodologie appropriate di valutazione delle esternalità ambientali e dei benefici economicosociali dei progetti (ad esempio, criteri semplificati per la considerazione dei benefici occupazionali e fiscali).
Infine, è interessante notare che il paragrafo 3 riconosce che l’analisi costi-benefici del potenziale nazionale può essere svolta in sede di Valutazione Ambientale Strategica di determinati piani e programmi (Direttiva 2001/42/CE): si tratta di un esplicito riconoscimento normativo, se ancora ce ne fosse bisogno, della piena dignità della valorizzazione economica dei benefici ambientali, nonché dell’utilità di portare a sintesi (utilizzando il metro economico) le informazioni fornite dagli indicatori “fisico-chimici” della VAS. L’analisi costi-benefici estesa alle componenti ambientali (Environmental Cost Benefit Analysis) permette quindi di chiudere il cerchio della valutazione dei piani e programmi, integrando gli aspetti economici con quelli ambientali e sociali.
L’obbligo di analisi costi-benefici per i progetti
La disposizione più importante dell’articolo 14 della direttiva è a nostro parere il combinato disposto dei paragrafi 5, 7 e 9: ai fini dell’ottenimento delle autorizzazioni alla realizzazione di nuovi impianti e all’ammodernamento sostanziale di impianti esistenti rientranti in determinate tipologie, a partire dal 5 giugno 2014 (scadenza di recepimento della direttiva) sarà necessario realizzare preventivamente un’analisi costi-benefici finalizzata a verificare la convenienza economica dell’opzione progettuale di recupero del calore rispetto all’opzione di una sua dissipazione nell’ambiente. Le tipologie di progetti d’impianto che gli Stati Membri dovranno assoggettare all’obbligo di analisi costi-benefici sono le seguenti:
► progetto di nuovo impianto o di un ammodernamento sostanziale di un impianto termico di produzione di energia elettrica con potenza termica totale in input >20 MW. L’analisi costi-benefici ha la finalità di valutare i costi e i benefici della predisposizione del funzionamento dell’impianto come impianto di cogenerazione ad alto rendimento;
► progetto di nuovo impianto industriale, o di suo ammodernamento sostanziale, con potenza termica totale in input >20 MW che, dopo l’utilizzo dell’energia termica per gli usi industriali previsti, generi calore di scarto a un livello di temperatura utile. In questo caso, la finalità dell’analisi costibenefici propedeutica all’autorizzazione è di valutare i costi e benefici dell’uso del calore di scarto per soddisfare una domanda economicamente giustificabile, ricorrendo anche a tecnologie di cogenerazione e/o ad investimenti in reti di teleriscaldamento e teleraffreddamento;
► progetto di nuova rete di teleriscaldamento e di tele raffreddamento, o progetto di un nuovo impianto di produzione di energia o di ammodernamento sostanziale di un impianto di produzione di energia con potenza termica totale superiore a 20 MW nell'ambito di una rete di teleriscaldamento e di teleraffreddamento esistente. In questi tre casi, la finalità dell’analisi è di valutare i costi e i benefici dell’uso di calore di scarto degli impianti industriali situati nelle vicinanze.
Come si può notare, i settori industriali interessati dall’obbligo di analisi costi-benefici dell’articolo 14 paragrafo 5 attraversano l’intero tessuto industriale nazionale. In sede di recepimento della Direttiva gli Stati Membri potranno stabilire esenzioni dagli obblighi sopra elencati. Innanzitutto, qualora l’analisi costi-benefici “strategica” (condotta a livello nazionale) non individui un potenziale economicamente giustificabile di cogenerazione ad alto rendimento e di “teleriscaldamento efficiente”, lo Stato interessato può esentare i proponenti degli impianti, rientranti nelle tipologie del paragrafo 5, dall’obbligo di effettuare analisi costi-beneficia livello di progetto, e questo per ovvie ragioni di evitare costi amministrativi inutili.
Inoltre, gli Stati Membri possono esentare dagli obblighi di analisi costi-benefici delle alternative energeticamente più efficienti alcune categorie di impianti (centrali elettriche di punta e di riserva progettate per meno di 1.500 ore/anno, centrali nucleari, impianti dotati di un sistema per la cattura e lo stoccaggio del carbonio che siano ubicati in prossimità del sito geologico per lo stoccaggio), così come possono stabilire soglie di esenzione espresse con indicatori diversi dalla potenza termica dell’impianto (calore di scarto utile disponibile, domanda di calore, distanze tra gli impianti industriali e le reti di teleriscaldamento).
Le disposizioni dell’articolo 14 vanno ad influenzare non solo le alternative da considerare in sede di progettazione tecnologica dei grandi impianti energetici e industriali, ma anche i criteri autorizzativi degli impianti stessi, coinvolgendo le amministrazioni pubbliche già incaricate per le autorizzazioni e attribuendo nuove responsabilità pubbliche in materia di analisi costi-benefici, con la possibilità di coinvolgere anche gli operatori privati. Infatti, in sede di recepimento della direttiva, gli Stati Membri dovranno intervenire sui criteri da tenere in considerazione ai fini del rilascio delle autorizzazioni per la costruzione degli impianti (per le centrali elettriche, i criteri di autorizzazione dell'articolo 7 della direttiva 2009/72/CE, che regolamenta la Procedura riguardante le autorizzazioni per nuova capacità degli impianti di generazione). Questo, in maniera tale da garantire che: le amministrazioni competenti tengano conto dei risultati della valutazione globale del potenziale di cogenerazione e teleriscaldamento; le analisi costi-beneficiano eseguite con le modalità previste dalla direttiva; l’esito delle analisi costi-benefici sia preso in considerazione ai fini del rilascio dell’autorizzazione (evidentemente, anche nei casi in cui le analisi costi-benefici dell’opzione di recupero del calore comporti un esito negativo, a sostegno di progetti che escludano tale opzione).
Inoltre, gli obblighi del paragrafo 5 si applicano anche alle autorizzazioni relative agli impianti contemplati dalla direttiva 2010/75/UE del 24 novembre 2010 relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento (cosiddetta AIA-Autorizzazione Integrata Ambientale).
Va sottolineata l’innovazione introdotta dall’articolo 14 nell’approccio autorizzativo: mentre il testo originario proposto dalla Commissione introduceva direttamente un obbligo di recupero del calore, tramite la cogenerazione o il teleriscaldamento, il confronto politico durante l’iter della Direttiva ha portato a smussare le posizioni più oltranziste, subordinando l’autorizzazione dei progetti impiantistici alla verifica di fattibilità economico-sociale delle opzioni ad alta efficienza energetica, utilizzando lo strumento valutativo dell’analisi costi-benefici, alla cui descrizione viene dedicato l’Allegato IX della direttiva.
Quale è la natura dell’analisi costi-benefici richiesta a livello di progetto? Mentre la parte 1 dell’Allegato IX fornisce indirizzi metodologici in maniera abbastanza sistematica ed esaustiva, lasciando pochi spazi interpretativi su come si debba intendere l’analisi costi-benefici da eseguire ai fini della valutazione globale del potenziale di cogenerazione e teleriscaldamento, la parte 2 dello stesso allegato, riguardante i principi per le analisi costi-benefici a livello di progetto, è molto meno dettagliata.
Pur riconoscendo agli Stati membri la possibilità di stabilire metodologie nazionali di analisi costi-benefici, la direttiva ha anche lasciato aperta la possibilità per gli Stati di uniformarsi alla metodologia generale fornita nella parte 1 dell’Allegato IX.
Questa è probabilmente la ragione principale per cui il titolo della parte 1 recita “Principi generali dell’analisi costibenefici” e in uno dei passaggi iniziali si specifica che l’analisi costi-benefici può riguardare anche un singolo impianto o un gruppo di progetti per una più ampia valutazione a livello locale, regionale o nazionale.
Ad una lettura attenta dell’Allegato IX, anche alla luce delle metodiche raccomandate e delle normative vigenti che prescrivono l’analisi costi-benefici in settori contigui, è possibile riscontrare elementi inequivocabili del fatto che le analisi costi-benefici richieste dall’articolo 14 vadano effettuate secondo una prospettiva economica, di benessere collettivo, distinta dall’analisi di redditività finanziaria di un progetto di investimento, consueta agli operatori privati.
Infatti, analizzando la terminologia adoperata dall’Allegato IX, è possibile verificare che i termini economico e finanziario sono utilizzati in maniera distinta e specifica, perfettamente coerente sia con la terminologia impiegata dalla Guida comunitaria all’Analisi costibenefici dei progetti d’investimento, sia con quella impiegata nella normativa nazionale dal recente DPCM 3 agosto 2012 (linee guida per la valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche), che ha reso obbligatorio – per tutti i ministeri nazionali, ivi incluso il MISE – il ricorso all’analisi costibenefici nella valutazione ex ante delle singole opere pubbliche finanziate con risorse ministeriali: mentre l’analisi finanziaria è finalizzata alla valutazione della redditività del progetto per il proponente, l’analisi economica è finalizzata alla valutazione della redditività sociale del progetto; le due analisi sono proceduralmente integrate, dato che l’analisi economica interviene successivamente a quella finanziaria e presuppone la ricostruzione dei costi e rientri finanziari del progetto e la loro conversione in valori economici (vedi Tabella 1).
Questa specificità terminologica, evidente in più passaggi della parte 1 dell’Allegato IX (principi generali dell’analisi costi-benefici ), è confermata anche per la parte 2 dell’Allegato (principi dell’analisi costi-beneficia livello di singolo progetto): Le analisi costi-benefici ai fini dell’articolo 14, paragrafo 5, comportano un’analisi economica che contempla un’analisi finanziaria che rispecchia le effettive transazioni di flussi di cassa connesse con gli investimenti in singoli impianti e con il loro funzionamento.
Per quanto riguarda le metodologie di analisi costi-benefici da definire in fase di recepimento della Direttiva, gli Stati Membri dovranno tener conto dei riferimenti metodologici e normativi per l’analisi costi-benefici dei progetti d’investimento vigenti negli ordinamenti nazionali, particolarmente sviluppati nel settore delle opere pubbliche e della finanza di progetto.
In sostanza, l’articolo 14 intende assimilare i progetti relativi a nuovi grandi impianti “a rischio di spreco energetico” a progetti che richiedono una nuova forma di collaborazione fra pubblico e privato, per i quali è necessario integrare i criteri convenzionali di valutazione di un progetto (redditività finanziaria) con criteri innovativi di responsabilità sociale delle imprese proponenti, estesi perlomeno alle componenti di beneficio ambientale del progetto stesso (principi di analisi costi-benefici della parte 1 Allegato IX).
Il periodo della parte 2 dell’Allegato IX in cui si afferma che le analisi costi-benefici ai fini dell’articolo 14, paragrafo 5, comportano un’analisi economica che contempla un’analisi finanziaria che rispecchia le effettive transazioni dei flussi di cassa (…) dovrebbe essere interpretato nel senso che, oltre alle valutazioni economiche, finalizzate a valutare il beneficio per la collettività dell’intervento specifico, dovranno essere eseguite anche attente analisi finanziarie, al fine di garantire la durata nel tempo del progetto stesso.
Inoltre, il successivo periodo della parte 2 in cui si afferma che i progetti con risultati positivi in termini di costi/benefici sono quelli in cui la somma dei benefici attualizzati nell’analisi economica e finanziaria supera la somma dei costi attualizzati (surplus costi-benefici) va interpretato in coerenza con le metodiche generali dell’analisi costi-benefici: valutare in fase autorizzatoria uno specifico progetto solo con l’analisi finanziaria (quindi nella prospettiva privatistica) non farebbe apprezzare al decisore pubblico il benessere creato o distrutto dal progetto di investimento, mentre utilizzare solo l’ottica economica, quella dell’analisi costibenefici, potrebbe portare alla sottovalutazione di aspetti legati alla sostenibilità finanziaria del progetto, con possibili effetti negativi in fase di operatività dell’investimento stesso.
La considerazione sequenziale sia dei risultati dell’analisi economica sia di quella finanziaria, invece, consente di disporre di entrambe le prospettive (quella pubblica e quella privata) e di prendere decisioni finanziariamente convenienti e socialmente e ambientalmente sostenibili.
Si intuisce meglio, a questo punto, la portata applicativa dell’articolo 14, che al fine della promozione dell’efficienza energetica per il riscaldamento e il raffreddamento va ad influenzare non solo le alternative tecniche da considerare in sede di progettazione, ma anche le modalità di valutazione economica dei proponenti e i criteri autorizzativi di tutti gli impianti industriali ed energetici oltre la soglia dei 20 MW di potenza termica in input.
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Riferimenti normativi
e metodologici su analisi finanziaria
e analisi economica
La distinzione fra analisi finanziaria e analisi economica (costi-benefici) è rinvenibile in diversi documenti metodologici di valutazione dell’unione europea. La guida all’analisi costi-benefici dei progetti di investimento ritiene come elementi essenziali di un processo di valutazione completo ed esaustivo sia l’analisi finanziaria (financial analysis) sia l’analisi costi-benefici (economic analysis), considerandole entrambe obbligatorie ai fini della selezione dei progetti di investimento finanziati a valere su risorse della stessa unione europea.
Le due analisi – finanziaria ed economica – risultano consequenzialmente legate ma distinte per le finalità specifiche, in quanto l’analisi finanziaria valuta la redditività del progetto, individuando le risorse finanziarie più adeguate a coprire i fabbisogni finanziari di progetto, mentre il compito dell’analisi economica è di fornire indicazioni sulla convenienza economico-sociale e sulla sostenibilità ambientale degli interventi, attraverso la misurazione del contributo del progetto all’incremento del benessere pubblico.
Inoltre, anche i principali documenti programmatici relativi alla nuova programmazione comunitaria per il periodo
2014-2020 focalizzano il processo di valutazione dei progetti sulle analisi economiche e finanziarie (vedi, ad esempio, Horizon 2020).
La necessità di integrazione tra analisi finanziaria e analisi costibenefici è contenuta anche nella disciplina nazionale delle opere pubbliche. In particolare il comma 2 dell’articolo 14 del dpr 207/2010 (regolamento di esecuzione e attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163) prevede che gli elaborati tecnico-economici degli studi di fattibilità posti a base di gara per l’affidamento di una concessione (finanza di progetto) includano, tra l’altro, sia un’analisi della fattibilità finanziaria (costi e ricavi), sia un’analisi della fattibilità economicosociale (analisi costi-benefici).
Più recentemente, il dpcM 3 agosto 2012 in attuazione dell’articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 228, ha riformato le modalità di programmazione della spesa pubblica dei ministeri, rendendo obbligatoria la valutazione ex-ante dei progetti mediante analisi costi-benefici in chiave economico-sociale, opportunamente integrata con l’analisi finanziaria.
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Chi può fare l’analisi costi-benefici?
Per quanto riguarda i soggetti abilitati all’esecuzione delle analisi costi-benefici, la direttiva fornisce alcuni indirizzi generali, che necessitano anch’essi in alcuni passaggi di una chiave interpretativa più definita.
► “Gli Stati Membri possono richiedere che l’analisi costi-benefici di cui alle lettere c) e d)” (progetti di impianti industriali energivori e di reti di teleriscaldamento) “sia effettuata in cooperazione con le società responsabili per il funzionamento delle reti di teleriscaldamento e di tele raffreddamento” (ultimo periodo par. 5, articolo 14).
► “Gli Stati Membri designano le competenti autorità responsabili dell’attuazione delle analisi costi-benefici previste all’articolo 14. Gli Stati Membri possono chiedere alle competenti autorità locali, regionali e nazionali o agli operatori di singoli impianti di svolgere le analisi economiche e finanziarie. Essi elaborano le metodologie e le ipotesi in dettaglio, conformemente al presente allegato, e definiscono e rendono pubbliche le procedure per l'analisi economica (A. IX, parte 1)”.
► “Gli Stati Membri potranno stabilire i principi guida per la metodologia, le ipotesi e l'orizzonte temporale dell'analisi economica (A IX, parte 2)”.
Da questi indirizzi emerge chiaramente l’attribuzione alle amministrazioni pubbliche della competenza riguardante le metodologie di analisi (fermi restando i principi metodologici generali per l’analisi costi-benefici direttamente stabiliti dall’Allegato IX), mentre la direttiva lascia aperta la strada al coinvolgimento degli operatori degli impianti nello svolgimento delle analisi.
Più precisamente, mentre tutti gli operatori degli impianti possono essere coinvolti nell’analisi costi-benefici finalizzata alla valutazione globale del potenziale di cogenerazione e teleriscaldamento, per quanto riguarda le analisi costi-benefici relative ai singoli progetti il paragrafo 5 dell’articolo 14 prevede la possibilità di coinvolgere gli “operatori del teleriscaldamento”, mentre non menziona gli altri operatori potenzialmente interessati (proponenti/operatori di centrali termo-elettriche e operatori degli impianti industriali).
Ci auguriamo che in sede di recepimento della Direttiva questo passaggio, evidentemente discriminatorio, non comporti l’esclusione di questi soggetti dalle analisi costi-benefici, soprattutto a livello di progetto, visto che i dati tecnici di progetto, quelli relativi al mercato (analisi della domanda e offerta) e i dati finanziari (costi e rientri) necessari per l’analisi costi-benefici non possono che essere di titolarità del proponente del progetto, e l’analisi costi-benefici richiede un alto grado di integrazione e coerenza con tutti i dati di progetto citati.
È dunque irrealistico ipotizzare che le analisi costi-benefici siano eseguite da un ente specializzato dell’amministrazione, indipendente rispetto al proponente del progetto, mentre è più plausibile pensare ad un sistema in cui l’amministrazione sviluppi metodi omogenei di analisi (linee guida, valori parametrici, eccetera), il proponente li applichi eseguendo l’analisi costi-benefici sui dati di progetto (anche con l’ausilio di soggetti consulenziali specializzati) e l’amministrazione verifichi la correttezza delle analisi effettuate dai proponenti.
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