di Massimo Protti | presidente Assoutility
Molti, in queste settimane, si sono interrogati sulla necessità per il nostro Paese di avere un nuovo indirizzo di politica energetica e se, in questi anni dalla liberalizzazione dei mercati energetici ad oggi, ci sia stata una strategia politica o meno e se questa fosse corretta o completamente errata. Visti i risultati possiamo affermare con certezza che è indispensabile e urgente definire delle linee di sviluppo del settore energetico italiano. È da tempo auspicata un’analisi delle criticità che vive il contesto energetico e delle inevitabili ripercussioni sul sistema industriale ed economico del nostro Paese. Effetti da tempo non sostenibili che si sono aggravati in questo momento di estrema difficoltà economica.
La storia delle ultime settimane, che vede protagoniste grosse realtà industriali come Alcoa o Ilva, è indice del fatto che ormai non è più possibile pensare ad una crescita industriale senza coniugarla con i temi della sostenibilità ambientale e della competitività dei prezzi delle commodity energetiche. Pertanto è apprezzabile lo sforzo di trovare soluzioni, anche se ancora di indirizzo, per trasformare l’energia in un fondamentale volano per la crescita economica del Paese e per la sua trasformazione green nel rispetto degli impegni comunitari presi.
I livelli di prezzo raggiunti dalle forniture energetiche, soprattutto per le PMI, sono ormai completamente fuori ogni logica di mercato. Più volte si è denunciata l’insostenibilità degli oneri di sistema in primis, che ormai contribuiscono a far si che in Italia quasi il 50 per cento della bolletta sia rappresentata dalle componenti regolate e fiscali e in secondo luogo dello spread dei prezzi dell’energia rispetto ai principali competitors europei, sia per il gas, circa il 20 per cento rispetto alla media dei mercati europei spot, sia per l’energia elettrica, 29 per cento rispetto al mercato all’ingrosso tedesco.
L’eccessiva dipendenza dal gas naturale; l’ingresso delle fonti rinnovabili nel mercato e gli strumenti di sostegno al loro sviluppo; la ritardata realizzazione di un mercato europeo interconnesso, sia gas sia elettrico, sono tra le principali cause dei problemi attuali che attendono da tempo una soluzione e sono frutto di una mancanza di strategia che ha visto pullulare in questi anni normative prive di una visione sul lungo periodo, poco condivise, ma volute dalle principali lobby, di cui oggi paghiamo il prezzo.
L’Italia non può permettersi di mancare l’opportunità di sviluppo industriale che viene offerta dalla migrazione dalle tecnologie tradizionali a quelle ad alta efficienza e basso impatto ambientale. Molte delle nostre imprese, soprattutto PMI, che sono alla base del nostro sistema produttivo, possono trovare nuovo impulso da questo settore ma hanno bisogno di avere norme certe, strumenti di incentivazione o supporto, sostenibili economicamente e stabili nel lungo periodo. La SEN individua, anche se in maniera poco decisa e dettagliata, gli strumenti da mettere in atto, ma c’è sicuramente bisogno urgente che questi vengano definiti e resi strutturali per almeno un decennio.
Ad esempio, sull’efficienza energetica, da tempo se ne parla, sono stati fatti piani nazionali, programmi, ma il settore stenta sempre a decollare. Ci si lamenta di una mancanza di cultura, e questo è sicuramente un dato di fatto, ma anche di strumenti efficaci che trovino interesse pure tra gli istituti di credito che devono supportare il consumatore o la ESCO.
In questo periodo di crisi le aziende hanno difficoltà ad investire sui propri impianti e le banche non sempre riescono a seguire investimenti eccessivamente legati alle peculiarità tecniche del consumatore nonché estremamente complessi, dove il ritorno si basa su ipotesi di risparmio energetico conseguibili e strumenti di incentivazione, i TEE, di medio valore su cui è certamente impossibile basare il piano di ritorno dell’eventuale fi- nanziamento. La carta vincente, a mio parere, del fotovoltaico e delle altre rinnovabili, è stata la sinergia che si è creata tra investitore, istituto di credito, fornitore e manutentore.
Un modello che ha dato i suoi frutti, complice ovviamente la relativa semplicità tecnologica degli impianti e la generosità degli incentivi. Bisognerebbe riuscire a puntare alle stesse sinergie anche per interventi di efficienza energetica, supportando i finanziamenti tramite terzi, migliorando gli strumenti di incentivazione, promuovendo la formazione tecnica anche all’interno degli istituti di credito, cercando di creare in questo settore una filiera virtuosa.
Per le fonti rinnovabili la SEN ben evidenzia gli aspetti che dovranno essere migliorati per andare verso uno sviluppo comunque crescente ma più sostenibile rispetto a quanto accaduto fino ad oggi. Sviluppo delle reti, sviluppo di nuove tecnologie, sistemi di accumulo, regolamentazione sul tema del dispacciamento e degli sbilanci, che già oggi è stato affrontato, per permettere a queste fonti di entrare nel mercato rendendolo più competitivo.
Ma il grave errore, fino ad oggi commesso, a mio parere, è stata la mancanza di pianificazione, il ritardo del burden sharing regionale che ha portato ad uno sviluppo irrazionale non supportato dall’implementazione delle reti ed eccessivamente orientato verso tecnologie e soluzioni costose e non sostenibili, penalizzandone altre più efficienti. Su tutto ha pesato anche il consenso dei cittadini e una normativa farraginosa, piena di cavilli e passaggi burocratici inutili. Ad esempio, per il settore industriale credo ci sia un grosso potenziale per lo sviluppo di impianti di valorizzazione rifiuti e scarti industriali che però non viene sfruttato a causa di iter autorizzativi complessi e oneri burocratici che spaventano anche quando si tratta di valorizzare rifiuti, per esempio alimentari, che non avrebbero eccessivi impatti ambientali.
Sul mercato elettrico e del gas l’attenzione della SEN è posta soprattutto sulle infrastrutture di interconnessione, sui terminali di rigassificazione, sugli stoccaggi. Proposte sicuramente condivise ma che ci riportano inevitabilmente al problema della governance e dell’accettazione da parte della popolazione. L’Italia è un Paese vittima della sindrome Nimby e di un sistema corrotto che porta costi elevati e sfiducia nei cittadini. Questo è un punto su cui si deve necessariamente lavorare attraverso una centralizzazione delle competenze ma anche una maggiore condivisione con i cittadini e gli stakeholder interessati, per evitare la fuga degli investitori italiani e stranieri, lungaggini e soprattutto la non realizzabilità di infrastrutture necessarie al Paese.
Ma ci auguriamo che il piano delle infrastrutture sia accompagnato da un’attenta analisi costi benefici per l’intero Sistema Paese, valutando la reale necessità e fattibilità, e da una conseguente implementazione regolatoria, soprattutto per il gas naturale, che migliori la competitività, l’accesso a tutti gli operatori, la capacità di trading e gli strumenti finanziari di supporto, e realizzi la completa funzionalità del mercato. Bene l’iniziativa relativa alla rivisitazione degli oneri di sistema e soprattutto la riduzione delle componenti fiscali e parafiscali per le PMI che rientrano tra i consumatori a forte intensità energetica. Su questo punto già si sta lavorando, ci auguriamo che non vengano peggiorati i requisiti rispetto a quanto fissato nella direttiva europea per ridurre il numero dei beneficiari delle agevolazioni escludendo proprio i soggetti più piccoli che sono quelli più tartassati.
Alla luce di queste considerazioni credo che comunque il dibattito nato su questi temi sia positivo e vada nella direzione giusta: trovare una strategia di sviluppo del settore condivisa. Certo, abbiamo mosso solo i primi passi e credo che la strada da percorrere sia molto lunga e il rischio di perdersi sia concreto.
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