È stravolgente la nuova disciplina per le grandi derivazioni idroelettriche
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di Giovanni Battista Conte | avvocato in Roma




Con il decreto sviluppo (decreto legge 22 giugno 2012, n. 83) è stata introdotta una nuova disciplina sul rinnovo per le grandi concessioni a scopo idroelettrico. La norma, che in sede di conversione sta già subendo alcune modifiche, attualmente prevede che l’amministrazione competente – e quindi, in linea di massima, le Regioni o le Province autonome – cinque anni prima dello scadere di una concessione indica la gara per il rinnovo per un periodo di 20 anni. La durata è così stata ridotta di un terzo, ma nel cammino della legge di conversione sembra che sia stata reintrodotta la vecchia durata trentennale.

La gara avrà ad oggetto diversi aspetti: quello prioritario è l’offerta economica per l’acquisizione dell’uso della risorsa idrica e degli altri beni oggetto di concessione, e l’aumento dell’energia prodotta o della potenza installata. Gli altri criteri per la scelta fra i vari concorrenti sono l’offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, le misure di compensazione territoriale nonché la consistenza e qualità del piano di interventi programmati per assicurare la conservazione della capacità utile di invaso. Ma c’è un punto sul quale gli attuali concessionari insistevano maggiormente nel periodo in cui si attendeva il nuovo atto normativo, ed era il valore delle loro aziende. In molti casi le centrali idroelettriche erano state acquistate quando il rinnovo era più o meno una certezza; l’imposizione delle gare è stata dunque vista come un’espropriazione ingiusta alla quale l’amministrazione non voleva neanche far conseguire un indennizzo.

Il nuovo decreto legge demanda ad un regolamento i parametri tecnico-economici per la determinazione del corrispettivo e dell’importo spettanti al concessionario uscente. È comunque previsto il trasferimento dal concessionario uscente al nuovo concessionario della titolarità del ramo d’azienda relativo all’esercizio della concessione, comprensivo di tutti i rapporti giuridici afferenti alla concessione. Il corrispettivo per la cessione del ramo d’azienda è diviso in due: da una parte i beni materiali diversi da quelli di cui all’articolo 25, comma 1 (che include le opere di raccolta, di regolazione, le condotte forzate e i canali di scarico); dall’altra, quelle opere dette appunto bagnate. Per le prime il corrispettivo è determinato sulla base del valore di mercato, inteso come valore di ricostruzione a nuovo diminuito nella misura dell’ordinario degrado. Per le seconde, la somma dovuta è determinata in base al costo storico rivalutato, calcolato al netto del contributi pubblici in conto capitale, anch’essi rivalutati, ricevuti dal concessionario per la realizzazione di tali opere, diminuito nella misura dell’ordinario degrado.

Se il concessionario uscente e l’amministrazione non concordano sul corrispettivo spettante al concessionario uscente, questo sarà stabilito da un collegio di tre soggetti specializzati nominati uno per uno dalle parti e uno dal presidente del Tribunale delle Acque territorialmente competente. A fronte di una disciplina basata principalmente sugli aspetti economici è però previsto di riavvicinare i canoni dell’acqua a scopo idroelettrico delle varie Regioni, imponendo un tetto comune su tutto il territorio nazionale. Le gare sono indette di norma 5 anni prima della scadenza, ma per le concessioni già scadute e per quelle in scadenza entro il 31 dicembre 2017 la gara deve avvenire entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale che disciplinerà le relative procedure. In quest’ultima ipotesi la nuova concessione decorre dal termine del quinto anno successivo alla scadenza originaria e comunque non oltre il 31 dicembre 2017. Considerato che chi si aggiudicherà la concessione dovrà pagare un corrispettivo corposo per il ramo d’azienda, una durata inferiore lascia intravvedere una minore appetibilità di queste prime procedure ad evidenza pubblica.

Stravolgendo senza nessun motivo un panorama normativo centenario, la norma ha introdotto la gara da parte delle amministrazioni anche per le nuove concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico. La cosa non è in alcun modo regolata e quindi non si comprende come si effettueranno queste gare e chi individuerà i siti da sottoporre alla procedura. Poiché le nuove concessioni già avvenivano attraverso un procedimento ad evidenza pubblica, non è dato comprendere il perché del mutamento. La legge di conversione è attualmente al vaglio delle commissioni parlamentari ma al momento non ci sono notizie di stravolgimenti in corso.