Golinelli: “Questa è la parola d’ordine: efficienza e flessibilità”
Torna al sommario del dossier

di Davide Canevari


Un susseguirsi (preoccupante) di segni meno. Il bilancio energetico del primo quadrimestre in Italia è scritto con la penna rossa, con la sola eccezione - curiosamente - dei due antipodi: fonti rinnovabili e carbone.

La richiesta di elettricità sulla rete arretra di tre punti percentuali (meno 6,2 per cento solo ad aprile), i consumi di petrolio segnano un regresso del 10,6 per cento; il pieno di benzina riscontra un “ammanco” del 12 per cento rispetto al 2011 e non se la cava granché meglio il diesel (meno 10 per cento). Volano soltanto i consumi di combustibili fossili e delle nuove rinnovabili. Ma dove sta andando l’Italia dell’energia? Domanda che giriamo a Marco Golinelli, vice president Power Plants Wärtsilä.

“Non è ancora chiaro il punto di arrivo finale; ma è certo che – volenti o nolenti – il mix sta cambiando e non sarà più quello a cui ci eravamo abituati negli anni scorsi. Detto questo, non penso che la fotografia del primo quadrimestre sia in assoluto rappresentativa di quella che sarà la situazione del futuro a breve e medio periodo”.



Proviamo a scattare una fotografia alternativa…
**È impensabile che il gas naturale non torni ad avere, in proiezione, un ruolo dominate e crescente; e che non ci sia un ridimensionamento del carbone che probabilmente sta vivendo un’euforia (solo) momentanea. A medio e lungo termine è del tutto improbabile che i combustibili fossili solidi possano tornare protagonisti, in Europa e - in particolare - in Italia. Anche in Germania il disimpegno dalla fonte nucleare potrà incidere temporaneamente sui consumi di carbone ma, in proiezione, sarà il gas naturale a ritagliarsi gli spazi maggiori.


Dove è il bivio?
**Il bivio è l’uscita dalla crisi, non solo per quanto riguarda i volumi ma anche in termini di mix. Se permane una situazione di criticità, è probabile che le fonti più economiche – penso ad esempio al carbone – possano ritrovare fiato. Quando è in gioco la sopravvivenza non si va per il sottile e si punta al costo più basso possibile dell’energia. Se, giunti al bivio, potremo imboccare la strada della ripresa economica – dunque anche dei consumi e della domanda – aspettiamoci pure un’Europa a tutto gas. Ma c’è bisogno della domanda.


E le rinnovabili?
**Crescono e cresceranno. E con loro, la consapevolezza che possono portare instabilità al sistema se non adeguatamente gestite.


Torniamo alla riduzione quantitativa della domanda. È solo questione di crisi e di costi della materia prima o c’è anche altro, magari qualcosa di positivo come l’efficienza?
**Oggi è sempre più diffusa la consapevolezza che il Sistema Paese debba andare verso l’efficienza. Ma l’impressione è che in questa fase la riduzione della domanda sia più una questione di necessità che di virtù. Soprattutto per le sue dimensioni numeriche: altrimenti sarebbe entrato in gioco un salto tecnologico che in effetti non c’è stato.
Ma c’è un segnale positivo di fondo. Comunque evolverà la crisi, la strada verso l’efficienza sarà percorsa. Per non parlare della flessibilità. Anche durante l’ultimo incontro annuale dell’Aiget, che si è svolto a Roma, i vocaboli efficienza e flessibilità sono stati in assoluto i più utilizzati.


A proposito di termini in ascesa, ce n’è uno che invece sembra quasi sparito dai dibattiti energetici: CCS…
**Al momento non c’è ancora un’evidenza che la tecnologia possa diventare disponibile concretamente nel breve e medio termine. Inoltre poca attenzione è stata data in passato alle risorse necessarie per la costruzione delle reti. Non si può certo pensare di edificare tutti gli impianti a CCS direttamente sopra i siti di stoccaggio; e in questo momento chi si può permettere investimenti di tale portata? Aggiungerei che, nelle ultime settimane, si sono aggravate le preoccupazioni già presenti per i possibili impatti sull’ambiente e sul territorio di questa tecnologia.


Intanto l’America - secondo alcuni autorevoli scenari - si prepara all’indipendenza energetica con un ambizioso piano di sviluppo della produzione interna di oil&gas. Fantascienza?
**Al contrario, credo che sia uno scenario plausibile, anche se da verificare sul campo. Qualcosa di decisamente concreto sta già succedendo nel settore gas. Come Wärtsilä, ad esempio, stiamo rilevando un aumento degli ordini di motori navali specificamente dedicati alle navi per il trasporto di GNL; il settore sta tornando ai livelli pre-crisi e le flotte si stanno concretamente attrezzando all’ipotesi che gli Stati Uniti da importatori si trasformino in esportatori. Nel settore dello shale gas è già in atto un new deal che implica anche la ripartenza di tutta la filiera industriale.


Torniamo alle questioni del nostro Paese. Lo scorso febbraio aveva lanciato un appello: servirebbe un Coordinaitalia, un provvedimento quadro in grado di integrare le diverse attività e aree del settore energetico. Cambiato qualcosa da allora?
**Il sistema è sempre frammentato. Gli “stati generali” dell’energia non sono ancora nati e non sono neppure un’ipotesi in bozza.


Come sta procedendo il processo di liberalizzazione? Sbaglio o non se ne sente più parlare? Tutto fatto o tutto dimenticato?
**Ho la tentazione di propendere per la seconda ipotesi, ma la spiegazione è più complessa. Alcune cose sono state fatte, è innegabile, però in questa perdurante fase critica dell’economia è certo più difficile pensare a un’ampia delega al mercato. Quindi, oggi è inevitabile che ci sia un raffreddamento di interessi nei confronti delle liberalizzazioni e che altre siano le priorità.


Ma proprio loro, le liberalizzazioni, non dovevano essere uno degli antidoti più promettenti alla crisi?
**In effetti sono evidenti alcune contraddizioni. C’è anche da dire che la stessa crisi non offre punti di riferimento. Prima era partita dalle banche, poi l’allarme si è spostato sui fondi sovrani, poi sono tornate in scena le banche. Si è costretti a navigare a vista e in questo contesto le decisioni finiscono per essere inevitabilmente puntuali e non di ampio respiro.


Quali sono, dunque, i temi che a suo avviso meriterebbero attenzione concreta nei tempi più brevi possibili?
**Per quanto riguarda la nostra realtà aziendale, gli occhi sono puntati sulla questione bioliquidi. Il cambiamento che si prospetta oggi (a metà giugno n.d.r.) sconta la miopia precedente. Di soldi non ce ne sono più, e allora si taglia anche dove era stato dato meno del necessario…


E più in generale?
**Abbiamo bisogno di far funzionare l’attuale sistema energetico in maniera più efficiente. Concretamente, dobbiamo permettere ai sistemi flessibili (indipendentemente da quali essi siano) di combinarsi con le rinnovabili, così da aumentare l’efficienza del sistema.


Ecco tornare i due termini chiave.
**È vero. L’ottica è quella di concentrarsi sul binomio flessibilità ed efficienza. Nei periodi di crisi per risparmiare il più possibile e ridurre i costi; in fase di espansione per poter fare più e meglio. E questo ci riporta ad una visione olistica del sistema.


Termine rischioso da usare. Abbiamo detto più volte che, purtroppo, l’Italia non è fatta per i sistemi complessi.
**Non lo è stata fino ad oggi, ma a un certo punto bisogna pur iniziare a ragionare in termini di insieme. La politica dei piccoli passi può anche essere positiva. Ma se ogni passo va in direzione opposta al precedente, alla fine si resta fermi e si fa solo il ballo della mattonella. Che serva un sistema energetico diverso dall’attuale è evidente, palese. Allora cominciamo a pensarlo e ad attuarlo.